L’equilibrio generazionale, il debito pubblico, il Pnrr. Ma anche un signorile fair play verso il governo Meloni, criticato nei temi, come ad esempio sul condono fiscale, ma non sulla competenza dei suoi membri. Carlo Cottarelli dialoga con MOW nella duplice veste di economista e politico del centrosinistra, che lo ha eletto da indipendente in area Pd al Senato a settembre 2022. Non nasconde di aver sostenuto Stefano Bonaccini alle primarie, parla di prospettive economiche per il Paese e di politiche per il campo del centrosinistra: l’ex “Mister Forbici” rivendica anche i risultati della sua spending review e invita Meloni a riproporla.
Professor Cottarelli, partiamo da un dato di attualità. Il Documento di Economia e Finanza riserva fondi al taglio del cuneo fiscale e non alla riforma delle pensioni. Dopo l’annuncio di un buco di 10 miliardi di euro dell’Inps, questo è il segno che bisogna iniziare a pensare a un radicale ripensamento del sistema previdenziale?
Queste sono tendenze di lungo periodo, se non lo fai non è che c’è un impatto immediato, però piano piano quello che succede è che la spesa per pensioni rispetto al totale della spesa dello Stato assorbe sempre più risorse a scapito di altre cose. La riforma Fornero avrà avuto tanti difetti, sarà stata fatta rapidamente, c’è stato il problema degli esodati, ma metteva un freno più forte alla crescita delle pensioni. Da allora è stata attenuata molto e anche adesso la Lega vorrebbe attenuarla ulteriormente. Vedremo che cosa verrà fatto nella legge di bilancio del prossimo anno prima di dare un giudizio definitivo. Quota 100 ha comportato un aumento di spesa, dopodiché di fronte all’evidenza dei limiti che esistevano alla spesa si è introdotta quota 102, poi quota 103…
Che conseguenze avrà tutto questo fatto?
Se il trend continuerà i soldi che potrebbero andare nella pubblica istruzione, per esempio, andranno per pagare le pensioni. Quindi per i giovani ci saranno meno soldi, oppure si dovranno imporre più tasse. I soldi non piovono dal cielo, mica si può finanziare tutto in deficit e quindi bisogna rinunciare ad altre cose di fronte all’aumento della spesa per le pensioni. Ma questa tendenza non è una cattiveria dovuta alla Fornero o altro. Riflette il cambiamento demografico e il fatto che il numero di quelli che sono in età da lavoro (intesa tradizionalmente, cioè ora fino a 65 anni) rispetto al numero di persone che hanno superato quell’età si va riducendo. E si ridurrà sempre di più, perché si fanno sempre meno figli.
Il governo ha indicato il problema demografico come una priorità da affrontare. Con che tipi di incentivi a suo avviso si potrebbe intervenire?
Il fatto che per tutto ci debba essere un incentivo da parte del governo nega l’idea che una persona possa comportarsi sulla base di libere scelte. Ponendo la domanda in termini di incentivi, ci sono due cose che potenzialmente hanno funzionato bene per far aumentare il tasso di fertilità (cioè il numero medio di figli per donna) negli altri paesi: uno sono gli asili nido gratis e l’altro sono congedi parentali molto generosi come quelli che ci sono in Svezia, per cui si sta a casa dal lavoro dopo che è nato un figlio anche 15 mesi senza avere nessuna perdita di stipendio indipendentemente da quale è il proprio livello di reddito. Detto questo adesso il tasso di fertilità è a 1.24 e soltanto per stabilizzare la popolazione bisognerebbe riportare questo valore a 2. Non conosco un paese al mondo che sia riuscito a fare una cosa di questo genere. Alcuni paesi come la Germania sono risaliti a 1.5/1.6, la Svezia non è mai scesa a livello a cui siamo arrivati noi, ma che da 1.24 si sia tornati a 2 francamente comporterebbe un aumento senza precedenti.
Come bilanciare il numero di persone in età da lavoro rispetto a quelle in età pensionabile, dunque?
L’unico modo per riuscire a colmare la mancanza di persone in età lavorative è attraverso l’immigrazione, ma ciò deve essere fatto in maniera ordinata altrimenti si rischiano di creare enormi problemi di adattamento e accettazione degli immigrati I soldi pubblici servono in questo momento per questioni molto urgenti, come gli investimenti del Pnrr.
Lei adesso che non è più solo un accademico come razionalizzerebbe la spesa per fare investimenti che servano davvero?
I soldi del Pnrr e l’idea generale di come spenderli di per sé non è sbagliata, occorre fare investimenti pubblici in infrastrutture e incentivi per fare investimenti che aumentano la produttività delle imprese. Questo c’è nel Pnrr. Il problema è che poi quando vai a vedere le singole misure allora qualche dubbio viene.
In che senso parla di dubbi?
Nel senso che nessuno ha mai spiegato perché l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria sia stata considerata una priorità rispetto all’alta velocità Ancona-Bari. Allora li bisogna fidarsi del fatto che le scelte sono state fatte bene. Ugualmente sbagliato sarebbe dire “e quindi sono state fatte male”. Dico soltanto che l’onere della prova si vedrà soltanto ex post per capire se questi investimenti saranno serviti. L’altra cosa da ricordare, di cui ci si dimentica costantemente, anche se l’ho detto qualche giorno fa in parlamento, è che soltanto metà dell’impatto del PNRR sulla crescita è legato agli investimenti, l’altra metà è legata alle riforme: della giustizia, della pubblica amministrazione, della concorrenza. Tali sfide sono ugualmente importanti per aumentare la produttività.
E invece gli investimenti sulla sanità pubblica?
Ci sono. Sono una ventina di miliardi. Ci sono soprattutto nella sanità territoriale, le case di comunità, gli ospedali di comunità, che sembrerebbero essere più importanti. Quello che non c’è è la spesa per il personale che deve poi andare negli ospedali di comunità e nelle case di comunità, lì l’onere è del paese nel trovare le risorse. Ma per sapere dove trovare le risorse serve fare una spending review, e l’ultima l’ho fatta io nel 2013. Sarebbe tempo di rivisitare la cosa, perché non è facile capire dove andare a tagliare, perché anche nella sanità ci possono essere sprechi, le risorse da investire nella sanità possono essere trovate rivedendo l’efficienza della spesa sanitaria, e lo stesso vale per tutti i settori. Non viene impostata in modo regolare un’azione di revisione della spesa
E secondo lei questa revisione della spesa ogni quanto andrebbe fatta? Dato che sono passati 10 anni dall’ultima…Negli altri paesi si fa ogni due o tre anni, e lo si fa non per tagliare la spesa ma per renderla più efficiente.
Ci sono professori della Bocconi, Perotti e Boeri, che hanno dato addirittura il la all’idea che si potrebbe addirittura rinunciare a parte dei fondi del Pnrr. Lei come la vede?
È troppo presto, è prematuro. Uno degli argomenti che vengono utilizzati è “perché dobbiamo indebitarci per fare queste cose?” ed è un argomento valido. Però teniamo conto del fatto che l’aumento del debito complessivo dello Stato è uguale al deficit pubblico. Ogni anno lo Stato si indebita per coprire il deficit, ovvero la mancanza di entrate rispetto alla spesa e quello aumenta il debito. Il deficit pubblico è fissato prima di tutto su basi macroeconomiche. Il Documento di economia e finanza ci dice quali sono gli obiettivi di deficit per il prossimo anno, per cui se spendiamo meno per il PNRR, dobbiamo spendere di più per qualcos’altro, solo che c’è una differenza: se i soldi sono quelli del Pnrr quelli sono finanziati a un tasso di interesse più basso di quello che potremmo avere se invece ci indebitiamo per altre cose”.
Che giudizio da lei dell’Italia a livello europeo rispetto agli altri Paesi?
Dal punto di vista dei conti pubblici il governo è stato chiaramente più prudente del governo gialloverde, perché Fratelli d’Italia, che è la parte dominante, mi sembra che tendenzialmente sia più prudente dal punto di vista dei conti pubblici rispetto a quanto non sia stata la Lega cinque anni fa, forse perché si rende conto che è un paese molto indebitato è meno indipendente. Siccome Fratelli d’Italia vuole che l’Italia mantenga un’indipendenza anche nei mercati finanziari internazionali, si sono mossi più prudentemente. Detto questo è un governo conservatore di destra e questa è una scelta politica.
In che modo ritiene questo possa influire?
Nel senso che è meno preoccupato per esempio di quanto non fossero stati i governi precedenti del fatto che si pagano le tasse regolarmente e che non ci sia evasione fiscale.
Cosa critica all’attuale governo in materia fiscale?
La prima cosa che è stata fatta è stato l’ennesimo condono. Il viceministro Leo dice che non è un condono e anche la Meloni dice la stessa cosa, perché sostengono che tutto quanto è dovuto sarà pagato. Ma sarà pagato con una dilazione di pagamento anche di cinque anni in un periodo di inflazione il che vuol dire sconti anche del 30%, ditemi voi se non è un condono questo…
I fautori della misura dicono che preferiscono la certezza del pagamento dilazionato…
A parte il fatto che non sono sicuri, perché più di una volta in passato si sono poi dilazionate le dilazioni delle dilazioni, ma il punto fondamentale è che stai premiando chi non ha pagato le tasse e quindi dai un incentivo a fare la stessa cosa in futuro. Il problema dei condoni è sempre stato quello. Non si sono inventati nulla di particolarmente innovativo. Non ha mai funzionato in trent’anni ed è una pessima idea. In più c’è un’ingiustizia fondamentale, perché l’evasione non è egualmente divisa tra lavoratori dipendenti e indipendenti, e il condono va a favorire soprattutto ai lavoratori autonomi che evadano di più, non perché sono disonesti, ma perché non hanno la ritenuta alla fonte e quindi hanno più possibilità di evadere. Se pensiamo che sia una buona cosa pagare in modo dilazionato allora diamo questa possibilità anche ai lavori dipendenti. Quindi no, io continuo ad essere contrario sono trent’anni che combatto i condoni fiscali.
A tal proposito, in vista della futura dialettica maggioranza-opposizione, in precedenza ha comunque sottolineato la prudenza maggiore di questo governo rispetto ai gialloverdi. La nomina dei vertici delle partecipate dimostra che Meloni è un po’ “cottarelliana” e non ha paura di promuovere i competenti al di là della fedeltà politica?
I ministri del governo non sono di pessima qualità come si pensava, ci sono persone del governo che sono state molto vicino a lei negli ultimi anni e che sono persone valide, Crosetto è uno di questi, come anche Fitto, quindi non è che ci sia una sorpresa da questo punto di vista. Casomai si era esagerato il fatto che non ci fosse una classe dirigente di destra adeguata, ma le persone ci sono. Lo stesso Giorgetti è un esempio. Quindi non la vedo come una novità il fatto di aver messo le persone che ha messo al governo…
Di fronte al governo, l’opposizione si muove frastagliata. L’ha sorpresa la rottura Renzi-Calenda?
Era quello che in qualche modo tutti si aspettavano. Il momento in cui è avvenuto forse è prematuro rispetto a quanto io pensassi, ma che ci fosse una tensione era palpabile ed evidente ormai da mesi e riguarda fondamentalmente la questione della leadership di quello che sarebbe stato il Terzo Polo.
Che fine farà adesso, il fu Terzo Polo?
Il partito unico inteso come somma di Azione e Italia Viva non è possibile. Calenda andrà avanti giustamente nel suo tentativo di creare un partito liberal-democratico più robusto di quello che è stato in passato, inglobando per esempio gruppi liberaldemocratici di diverso tipo che esistono e che comunque dovevano già fare parte del Terzo Polo. La questione fondamentale si giocherà poi alle elezioni europee che consentiranno, essendoci il proporzionale, più facilmente un conteggio delle aree senza che queste debbano fare necessariamente un’alleanza. Ricordiamo che c’è anche Più Europa, e immagino che con Calenda ci sarà comunque un riavvicinamento, laddove invece c’era stata una spaccatura, e penso che si tornerà alla situazione pre agosto 2022, quando Più Europa e Azione stavano in una federazione e Italia Viva non c’era. Dopodiché decideranno ovviamente gli elettori.
E per quanto riguarda il Partito Democratico che futuro vede? Ha sostenuto Stefano Bonaccini alle primarie…
Ho sostenuto Bonacini durante il processo delle primarie. Sono rimasto sempre un po’ in disparte non essendo io iscritto al Partito Democratico, però ho fatto diversi interventi a favore di Bonaccini. La scelta degli elettori delle primarie, che ricordiamo non sono gli iscritti al PD, è stata abbastanza chiara, perché Elly Schlein non ha vinto di mezzo punto percentuale, e questo ha spostato verso Sinistra il Pd e adesso bisognerà vedere come ci si muoverà dalle parole ai fatti.
E lei come pensa di muoversi?
Sto a vedere come si muoverà il Partito democratico.