“Non s’è mai visto un partito in cui il leader e la Direzione nazionale dicono una co-sa e tutti gli altri fanno l’opposto. A questo punto, delle due l’una: o la Schlein espelle tutti e 21 i suoi eurodeputati, oppure fa domanda di iscrizione ai 5 Stelle”. Si chiude con questa stilettata provocatoria alla segretaria del Partito democratico l’editoriale con cui il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio ha commentato la densa giornata consumatasi ieri a Strasburgo, dove l’Europarlamento ha votato su due risoluzioni di cui si era fatto un gran parlare negli ultimi giorni. La prima riguardava il sostegno a ReArm Europe, il piano da 800 miliardi di euro per rafforzare l’industria della difesa e potenziare le capacità militari dell’Unione in un’ottica di deterrenza nei confronti del “vicino ostile” – così l’ha definito ieri la presidente della Commissione europea Urusla von der Leyen – Vladimir Putin. Il piano è passato con il Sì di 480 eurodeputati su 677 (tra cui Fratelli d’italia, Forza Italia e 10 eurodeputati del Partito democratico. Lega e Movimento 5 Stelle hanno votato No, mentre gli altri 11 esponenti del Pd si sono astenuti, segnalando una netta spaccatura all’interno del partito. Il piano ReArm Europe è stato molto criticato da chi sostiene che non rappresenti un’iniziativa di indirizzo politico dell’Unione, orientata cioè a proiettare i Ventisette verso un orizzonte di maggior integrazione europea, a partire da una difesa comune. In molti sostengono infatti che si tratti di una strategia meramente economica, pensata cedendo alla pressione dell’industria degli armamenti, oltre che un gigantesco errore diplomatico nei confronti dello stesso Putin e di Donald Trump, che ha “mollato” la protezione militare all’Ue: “L’Unione europea dichiara guerra alla pace proprio mentre a Gedda si tenta di chiudere il conflitto in Ucraina”, aggiunge Travaglio riferendosi alle discussioni in corso tra Trump e Volodymyr Zelensky.

Ma è il voto sulla seconda risoluzione ad aver creato i maggiori grattacapi ieri dalle parti di Via del Nazareno, sede del Pd. Già, perché Strasburgo si è spinto il bottone anche sul “sostegno incondizionato all’Ucraina”, una formula romantica per ribadire il sostegno militare a Kiev. Il provvedimento è stato approvato con 442 voti favorevoli, 98 contrari e 125 astensioni. Ad astenersi c’è FdI, mentre FI e Pd han votato Sì con l’eccezione degli astenuti Zingaretti, Strada e Tarquinio che si sono astenuti. Ancora No da Lega e 5Stelle. È qui che il partito di Elly Schlein, inteso come la linea della segretaria all’interno dei dem, si è sgretolato senza soluzione di continuità, tanto da innescare uno “psicodramma” come lo ha definito il Domani per Schelin, ormai “a un voto dalla sfiducia”. “Un pensiero commosso di saluto va a Elly Schlein – affonda Travaglio – che per una volta ne aveva azzeccata una – il No al riarmo – e infatti è stata sconfessata non da mezzo partito, ma da tutto: nessuno dei 21 eurodeputati ha votato No come lei chiedeva (10 Sì e 11 astenuti). […] Spiace dirlo, ma dopo una sconfessione così plateale non si vede come la Schlein – che stavolta ha ragione da vendere – possa restare alla guida del Pd che la ripudia all’unanimità”. La leader dem, già reduce da alcuni scivoloni – il “bravo" a Salvini sulla piazza per la pace, è di solo pochi giorni fa – che non sono passati sotto traccia al Nazareno, è più che “mezza avvisata”.
