“Dio ce ne Scanzi da colleghi così! Quell’ego espanso di Andrea Scanzi, ospite a “Stasera c’è Cattelan”, è riuscito con poche farneticazioni a far girare i cabasisi a tutta la redazione del Fatto quotidiano”. Inizia così la Dagonota che Dagospia dedica al giornalista che, in diretta televisiva, ha mostrato tutta la sua insofferenza nei confronti delle “api operaie” del suo quotidiano. Il motivo? Il modo di trattare i suoi pezzi, rovinati da chi pensa a titoli e occhielli, cioè da chi fa, in gergo, il desk. “Quello che viene chiamato in gergo giornalistico ‘culo di pietra’ è colui che non ha spesso una grande vita sociale, perché sta dentro la redazione, non scrive non firma e deve titolare gli altri che magari non stanno in redazione e fanno i fighi e mandano l'articolo, quindi secondo me c'è anche una certa frustrazione”. Scanzi ha poi continuato: “Lo fanno un po’ per punirmi. Sai, è il loro potere, quindi loro leggono quello che tu gli mandi. Nella loro testa la parte più importante è quella che contiene un attacco, un urlo, qualcosa che può far litigare alla persona che ha intervistato…”
Ma come l’hanno presa a casa di Marco Travaglio? Malissimo. Le redazioni di Roma e Milano, infatti, sono in rivolta e ora chiedono al Comitato di redazione di prendere dei provvedimenti contro il collega che ha sparlato di loro in televisione. Ma davvero un giornalista può parlare in questo modo e con nonchalance dei suoi colleghi e del lavoro di chi si occupa di “impacchettare” un testo o un articolo inviato? E in che modo dovrebbero reagire le persone che lavorano per Il Fatto e che ora si vedono dipinti in diretta televisiva come dei frustrati senza una vita sociale, pure vendicativi? Il ruolo del desk è davvero quello di un giornalista di serie B, mentre inviati e cani sciolti della redazione si sentono davvero in diritto di percularli in questo modo?
