Jeremy Clarkson, con il suo stile ironico e tagliente, ha affrontato nel suo ultimo articolo su The Sun il tema della percezione distorta della realtà sui social media, soffermandosi in particolare su Instagram e LinkedIn. Il celebre conduttore britannico ha iniziato con una riflessione su come i social amplifichino la sensazione di inadeguatezza, soprattutto quando si è in hangover: “Se stai leggendo questo di domenica mattina, probabilmente hai il telefono in una mano e un bicchiere di Alka-Seltzer nell’altra. Non ti sei rasato, hai la maglietta al contrario e hai giurato che non berrai mai più”, scrive Clarkson. Ma la vera trappola, secondo lui, è aprire Instagram in queste condizioni: “Ti trascinerai in una nebbia di autocommiserazione e poi vedrai le foto di Rachel Johnson che gioca a Scarabeo davanti a un caminetto acceso con i suoi amici brillanti. E ti renderai conto che la tua vita fa schifo”.
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E non finisce qui. L’algoritmo, dice Clarkson, sa esattamente come farti sentire ancora peggio: “Subito dopo, Instagram ti mostrerà un tipo palestrato che guida sulla spiaggia australiana con la moglie in bikini e due figli angelici, pronti per una giornata perfetta di sole e surf. I tuoi figli, invece, sono barricati nelle loro stanze con gli iPad e tua moglie è in bagno, a maledire la bottiglia di vino di ieri sera”. Clarkson sottolinea come questa sensazione di frustrazione e confronto tossico non sia limitata solo a Instagram. Anche LinkedIn, il social del lavoro e della carriera, non è altro che un’altra trappola per l’autostima: “Lo apri solo quando hai avuto una giornata di merda al lavoro e speri di trovare un impiego in un’azienda in cui il Ceo non sia uno psicopatico. Ma invece, trovi solo ex compagni di università che parlano di quanto la loro startup tech stia decollando e quanti bastoni da golf hanno nella sacca”. E, secondo Clarkson, il risultato è sempre lo stesso: “Se già eri depresso prima di aprire LinkedIn, dopo cinque minuti ti ritroverai a cercare voli di sola andata per la Groenlandia”.
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Per Clarkson, la soluzione sarebbe semplice: istituire una giornata della realtà sui social, in cui nessuno possa postare nulla di vagamente interessante o positivo. “Voglio vedere Dylan Jones dopo che ha pestato una merda di cane. Voglio vedere Gwyneth Paltrow che cambia il sacchetto dell’aspirapolvere”, scrive. “E se sei una di quelle ragazze che si fanno fotografare nella piscina sospesa di Singapore, dimenticalo. Voglio una tua foto in coda al controllo passaporti, devastata dal jet lag”. E lo stesso dovrebbe valere per LinkedIn: “Se hai ottenuto una promozione o sei stato invitato a Davos, taci. Diccelo solo se hai passato la giornata a cambiare il toner della stampante”. L’articolo si chiude con un invito (ironico) a David Beckham, che Clarkson prende come simbolo della perfezione irraggiungibile dei social media: “Guardiamo tutti Beckham con il suo volto perfetto, mentre griglia funghi perfetti nella sua cucina da giardino perfetta. E subito il Decimo Comandamento va a farsi benedire. Perché tutti vorremmo vivere così e ci convinciamo che lui lo faccia sempre”. E quindi, la richiesta finale: “David, abbi un po’ di cuore. Mostraci le tue emorroidi”.