Joe Bastianich nel corso degli anni ha presentato al pubblico varie sfaccettature della sua variegata personalità: del cuoco (o meglio del restaurant man), del personaggio televisivo e del musicista, solo per ricordare le più note. Ma c’è forse un atteggiamento che le racchiude tutte, ed è quello del viaggiatore. Una sorta di novello Bruce Chatwin, il quale, ogni volta che arriva in un luogo e riesce ad adattarsi, non può fare a meno di chiedersi “Che ci faccio qui?” (da una famosa opera dello scrittore inglese) per poi ripartire per una nuova avventura. L’ultima in ordine di tempo è quella del songwriter e del frontman di una band, La Terza Classe, con la quale ha appena pubblicato un nuovo EP composto da 7 brani (tre inediti e quattro cover) che spaziano tra folk, blues e bluegrass. Un disco che si intitola “Silverado” e che racchiude proprio la tendenza allo spostamento utile alla scoperta tipici del popolo americano. In questo suo continuo peregrinare, Bastianich ora si trova in Italia in tour e siamo riusciti ad intercettarlo a margine dei suoi numerosi impegni per parlare di un album tanto fuori moda da risultare cool. Ma anche di molti altri argomenti che lo hanno visto in varie forme protagonista prima che decidesse di fuggire ancora. Così, oltre a spiegarci come mai ultimamente non lo vediamo più lanciare piatti, come ci aveva abituato a Masterchef (“riesco a parlare un po’ meglio l’italiano e mi aiuta a esprimermi”), ci ha confessato che il programma Top Gear “è stata l’opportunità più grande che ho sprecato nella mia vita” e che, se fosse uno chef, il suo amico Valentino Rossi sarebbe uno specialista del “fast food”. Non sono poi mancate incursioni nel settore che lo ha reso celebre, quello della ristorazione, dove è convinto che, più dei bilanci (e ha preso in esame quello in negativo di Carlo Cracco), gli Stellati sono sì degli artisti, ma con una responsabilità che dovrebbero sentire anche verso chi non può permettersi certi prezzi per un pasto. E persino che per lui la musica pop (entrando senza timore nella recente querelle tra Paolo Meneguzzi-J-Ax) non è altro se non “quello che la gente vuole, la musica del momento”.
Mi hanno detto che quando sei di cattivo umore le interviste vengono meglio, è vero?
Non è vero, io sono sempre di buon umore. Basta non farmi incazzare!
Allora partiamo da “Silverado”, il tuo nuovo nuovo EP realizzato con La Terza Classe. Cos’è che ti rende più orgoglioso di questo progetto musicale?
In questo album abbiamo compiuto una evoluzione, rischiando con la scelta di cambiare i produttori rispetto al passato. Noi facciamo una musica basata sulla tradizione americana, ma ora in chiave più moderna. Nell’Ep è presente un mix di pezzi inediti e di cover e sono fiero degli inediti così come delle cover perché sono state scelte con cura. Poi io sono orgoglioso dell’interpretazione.
“Silverado” lo hai così descritto: “È l’orizzonte, un’avventura non ancora vissuta e scoperta. Per me rappresenta il viaggio verso l'ignoto”. Nei tuoi continui cambiamenti sembri un novello Bruce Chatwin che quando arriva in un posto si chiede “che ci faccio qui?” e poi riparte. Ti ci rivedi?
Posso dire di essere un uomo che è stato in grado di crearsi una vita nella quale, con un po’ di fortuna e un po’ di capacità, riesco a fare tante cose diverse. Il titolo “Silverado” è questo, vuol dire guardar verso Overs, l’oceano californiano e l’orizzonte di nuove esperienze ed emozioni.
Un atteggiamento, quello di guardare in avanti e avventurarsi verso l’ignoto, che forse in Italia è un po’ meno presente rispetto all’America. Secondo te come mai?
L’Italia è un paese che ha migliaia di anni di storia, l’America 250. In Italia ci sono persone che vivono nello stesso appartamento per 250 anni… Culturalmente c’è questa diversa mentalità. Noi, per esempio, siamo abituati a spostarci in continuazione, qui invece no.
Il primo brano dell’EP è “Relax”, cover dei Frankie Goes To Hollywood. Prendo spunto per notare che negli ultimi tempi sembri più tranquillo rispetto a quando ti sei presentato a Masterchef e lanciavi i piatti dei concorrenti. È cambiato qualcosa nella tua vita?
Sono passati dodici anni, sono cambiato è vero. Riesco a parlare la lingua un po’ meglio e mi aiuta. Ho preso confidenza con il popolo italiano, così non ho più bisogno di crearmi un personaggio televisivo. E riuscendo a esprimermi ho più possibilità di raccontarmi a livello personale con chiarezza e onestà. Ma in fondo credo sia anche una naturale evoluzione umana.
Nel disco omaggiate il DJ Avicii, artista che ha avuto una fine tragica, con la cover di “Waiting for Love”. Quante persone hai conosciuto come Avicii, cioè che non sono riuscite a sopportare il peso del successo?
Avicii lo abbiamo scelto perché quello è un pezzo fighissimo e anche lui 15 anni fa portava la musica tradizionale americana dentro la musica elettronica. Un pioniere che ammiro molto. Sul successo, purtroppo i creativi lo soffrono perché chi soffre riesce a comunicare tanto. È un tema ricorrente nel mondo artistico. Ne ho conosciuti tanti che ne sono rimasti schiacciati, alcuni cercano di risolvere i problemi con l’alcol, con la droga o con i farmaci. È un problema che rimane presente.
C’è mai stato un momento nel quale hai detto: forse stavolta non ce la faccio?
Generalmente no, quando sento che sta per arrivare il burnout vado a lavorare come ristoratore per un mese. Cambio mestiere per un po’ e poi torno. E cambiando tanto riesco a sfuggire allo stress.
In Italia in questi giorni ha tenuto bando un dibattito su cos’è il genere pop e cos’è invece quello commerciale (tra J-Ax e Paolo Meneguzzi). Secondo te cos’è il pop?
È una bella domanda, può essere tante cose. Con questa formazione musicale, noi ci basiamo su bluegrass-country-folk e il nostro sogno è che questi suoni tradizionali possano diventare popolari. Così il pop in generale è quello che la gente vuole, la musica del momento. Ma seguire le tendenze nell’arte è sempre molto difficile, quasi impossibile. O hai l’intuizione o hai tanto culo per avere successo in ambito pop.
Tu sei stato più bravo o più fortunato?
Io dico sempre: la fortuna è quando la preparazione incontra l’opportunità. In tutto quel che faccio c’è una preparazione non indifferente. Ma l’opportunità non succede se te ne stai a letto, devi andare a cercartela. Poi c’è la fortuna, che è la magia creata dal timing che è importante nella vita.
Passando alla ristorazione, che è il settore che ti ha reso celebre in tutto il mondo, cosa ne pensi dei ristoranti stellati in perdita, che sembrano essere moltissimi? Il critico Massimo Visintin ci ha scritto un libro: “Stelle cadenti”. Ma allora se non guadagnano a cosa servono?
Se vai a rivedere i bilanci di Mozart, magari anche lui era in perdita con la sua musica. Questo per dire che a volte creare arte non ha sempre una funzione economica. Nella ristorazione stellata super creativa è come lavorare da artista. Io, più che sui bilanci, sono critico sull’accesso a tutti.
Cioè è troppo elitaria?
Oggi tutti hanno accesso ai musei o a tutti i tipi di musica, invece pochissimi all’esperienza di un ristorante stellato. È la cosa peggiore di questo mondo, la differenza che si amplia fra chi ha tantissimo e chi ha pochissimo. In pratica l’1 per cento che vediamo su Instagram vive nel mondo dello stralusso e si può permettere tutto. Per me, se sei uno chef che può far pagare una cena 400 euro e un primo 80 euro, hai nello stesso tempo una responsabilità verso chi deve mangiare in modo accessibile e sostenibile. È un’arma a doppio taglio. Anche alla musica di Mozart in passato aveva accesso solo la nobiltà, ma lui ha saputo creare una diffusione della musica che ha cambiato il mondo per tutti.
Il ristorante di Carlo Cracco, tuo ex collega a Masterchef, ha quasi 5 milioni di debiti. Tu saresti preoccupato o anche lui sta lavorando come Mozart?
Non mettiamo Mozart e Cracco nello stesso discorso… Ma anche Carlo ha fatto tante cose di successo. Adesso ha un ristorante molto ambizioso che è in perdita, ma fa tanti soldi con le pubblicità, con gli eventi e vendendo proditti. Non è in fallimento, ha soltanto un ristorante con un bilancio in negativo, che è diverso. All’opposto, io penso che per tutto quello che sta facendo Cracco, come allievo di Gualtiero Marchesi, sia diventato un simbolo dell’alta ristorazione in Italia.
Un altro tuo ex collega a Mastechef come Bruno Barbieri sta andando molto bene con il programma "4 hotel", tanto da meritarsi l’imitazione di Ubaldo Pantani al Gialappas Show. Qual è la sua forza?
Bruno secondo me è vero. Ha una squadra dietro, non c’è dubbio, ma risponde sempre alle situazioni che si trova di fronte con la sua onestà. E quella risposta alla gente piace. È autentico e non finto come sono tanti altri in tv. Quella verità funziona.
Invece l’esperienza di Top Gear non ha avuto un seguito. Perché non ha funzionato?
Per me Top Gear è l’opportunità più grossa che ho sprecato nella mia vita. Non credo sia stata solo colpa mia. Ci sono stati alcuni errori nella produzione, altri tecnici, altri nostri di chi conduceva. Ma in generale abbiamo speso milioni e milioni di euro, distrutto Porsche e Lamborghini e forse abbiamo un po’ esagerato... Se venisse rifatto con parametri più moderni potrebbe funzionare. Mi è spiaciuto molto che non sia andato avanti.
Dicci la verità, in auto vai più forte tu o Guido Meda?
A livello amatoriale io rischiavo di più. Meda invece è più esperto. Comunque è stato un piacere fare televisione con Guido, un grande amico e un uomo che mi piace tantissimo.
Un altro tuo amico nel mondo dei motori è Valentino Rossi. Lui che chef sarebbe?
Sono stato al Ranch durante X Factor, si è sposato una mia amica, hanno una figlia e gli auguro il meglio perché è un grande e ha fatto più lui per i motori nel mondo di chiunque altro. Come chef valentino Rossi credo che si specializzerebbe nel settore del “fast food”.
Per chiudere con unos guardo al futuro, preferiresti aprire un nuovo locale che serve insetti o carne sintetica?
Io ho 55 anni e meno male che nella mia vita non devo affrontare certe questioni. Gli insetti li mangeranno i miei figli e i loro figli. Come la carne sintetica, non mi interessa. Ho provato la carne di legumi, che è abbastanza buona. Ma il resto no e non ci tengo a farlo.