Martedì 10 gennaio il Messaggero mette a segno uno scoop mondiale: la prima intervista a Kevin Spacey dopo il proscioglimento dall’accusa di molestie sessuali all’attore Anthony Rapp, che sulla scia del movimento #MeToo aveva fatto causa nel 2020 alla star hollywoodiana, ventiquattro anni dopo i fatti. La firma dell’articolo è di Gloria Satta, e leggendola salta all’occhio un, chiamiamolo così, particolare: del processo giudiziario di Spacey nemmeno un cenno nelle domande, a parte naturalmente averlo ricordato nell’attacco del pezzo e avergli pudicamente chiesto che cosa gli “hanno insegnato gli ultimi anni”. Immancabilmente presenti le frasi di rito su quanto apprezzi l’Italia (“Adoro il vostro Paese”) e soprattutto la felicità per essere tornato a lavorare, con ringraziamenti ad abundantiam a Franco Nero, che in qualità di regista lo ha chiamato nel film “L’uomo che disegnò Dio” per la parte della rinascita.
Più che uno scoop, diciamo sicuramente un’esclusiva planetaria. Complimenti al Messaggero e alla Satta. Accade però che, sempre in data 10 gennaio, Pier Paolo Mocci, ex cronista del Messaggero e oggi curatore editoriale di Fortune Italia, sul proprio Facebook scriva un lungo post di felicitazioni per la Satta sotto il quale, fra i commenti, ne spunti uno di Valerio Cappelli, giornalista del Corriere della Sera, che rivela un retroscena interessante. Questo: “A me era stata proposta due mesi fa (l’intervista, ndr) e d’intesa col giornale ho detto no, perché l’attore Kevin Spacey non voleva parlare della sua vicenda giudiziaria. Infatti non ne ha parlato”. E conclude così: “Bisogna sapere di no, a volte”. Alla replica di Mocci, che difende la Satta, a suo dire brava nel riuscire a “girare intorno alla cosa”, Cappelli chiarisce meglio il concetto: “Ho rinunciato perché la richiesta dei suoi avvocati era un insulto a questa professione (…) un po’ di schiena dritta farebbe bene a tutti. Passo e chiudo”.
In sostanza, secondo Cappelli l’esclusiva era “telefonata”, imboccata, cioè proposta probabilmente anche ad altri, e sicuramente al Corriere, ma c’è chi non ha voluto sottostare a una clausola-capestro, e chi invece ha accettato. E altrettanto probabilmente, la motivazione dei legali di Spacey non si riferiva soltanto all’ultimo caso chiuso a fine ottobre 2022, dopo altri due archiviati nel 2019 e nel 2020, ma anche alle accuse di violenze sessuali ancora in piedi, da parte di altri tre uomini per cui potrebbe nuovamente tornare a processo quest’anno, ma stavolta in Inghilterra.