Era il 13 agosto del 2007, una mattina d’estate come tante. Caldo, silenzio, case con le tapparelle abbassate. E poi il male, quello vero, che ha bussato alla porta di una ragazza di soli 26 anni si è preso tutto. Chiara Poggi quella mattina non è morta per un raptus, per un furto finito male o per un puro caso. È morta in un modo in cui nessuno dovrebbe morire: in casa sua, da sola, massacrata. E diciotto anni dopo siamo ancora qui a chiederci il perché. Ma soprattutto: siamo sicuri di sapere chi l’ha uccisa? Alberto Stasi, il fidanzato, nel 2015 è stato condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione. Ma, ora più che mai, i dubbi, le contraddizioni e i buchi mai colmati stanno facendo un rumore assordante. Tutto è di nuovo in discussione. E allora viene da chiederselo davvero: e se non fosse stato lui? E se da diciotto anni stessimo guardando dalla parte sbagliata? È un pensiero scomodo. Anche doloroso. Perché fa tremare le fondamenta di tutto quello che ci sembrava certo. Ma Chiara merita la verità, quella vera, anche se fa male. Non una versione comoda, non una sentenza rassicurante. La verità, quella nuda e cruda, per quanto possa far paura.

Quello che successe in quella villetta di via Pascoli non è solo un cold case all’italiana, è il simbolo di un’intera generazione cresciuta a colpi di gialli televisivi, dna sotto le unghie e sangue sui pedali delle bici . Ma oltre le cronache, oltre i plastici, c’era una ragazza con una vita normale. Una che non aveva fatto nulla per meritare un destino simile. Oggi il delitto di Garlasco compie diciotto anni. È diventato maggiorenne. Ma invece di diventare più chiaro, è come se fosse diventato tutto ancora più confuso. E forse la vera domanda non è nemmeno “chi l’ha uccisa?”, ma: siamo pronti ad ascoltare una verità diversa? Per Chiara. Per il suo sguardo, per quella mattina d’estate che non avrebbe mai dovuto essere l’ultima. Sperando che, ovunque sia, abbia trovato un po’ di pace. Ma anche giustizia. Quella vera. Ciao Chiara, noi non ti dimentichiamo.

