Il dibattito degli ultimi giorni in tema di immigrazione ha toccato delle vette surreali: “Ottant’anni fa il governo tedesco decise di invadere gli stati con l’esercito ma gli andò male, ora finanziano l’invasione dei clandestini per destabilizzare i governi”, aveva detto Andrea Crippa, vicesegretario della Lega e nome di rilievo tra le fila del Carroccio. Lo spunto, a Crippa, è venuto in seguito al blocco della proposta italiana al tavolo europeo, in cui la Germania si è opposta al nostro governo in materia di Ong: il governo tedesco sarebbe complice di queste organizzazioni, colpevoli di intasare i porti italiani e squilibrare ancor di più la gestione dei flussi migratori provenienti dall’Africa. La solita storia: le navi appostate nel Mediterraneo sarebbero motivo di attrazione per i migranti, i quali, fiduciosi nella possibilità di essere intercettati, avrebbero un ulteriore motivo di mettersi in viaggio. Se non fosse che, come più volte si è sottolineato, l’azione delle Ong influenza solo in minima parte il numero di sbarchi. Camillo Langone, in una delle sue riflessioni pubblicate su Il Foglio, ha ricordato che la questione migranti non è l’unica in cui i popoli d’oltralpe si rivelano superiori: “Sulle Alpi austriache, e precisamente nel Vorarlberg, ha incontrato quasi solo germanofoni (no turisti italiani) e quasi nessuno era tatuato e quasi nessuno possedeva cani. Com’è possibile?” Quello del tatuaggio, per Langone, non è un elemento da poco. Si tratta dell’infrazione di un divieto che è stato imposto dalla Bibbia. “Non vi farete incisioni sul corpo per un defunto, né vi farete segni di tatuaggio. Io sono il Signore”, recita il Levitico (19,28). Una mancanza di rispetto, un graffio volontario inaccettabile. Ancor più se a farlo è un popolo che alloggia nel pieno della cristianità. Siamo la terra in cui risiede il Vicario di Cristo, ma tutti sembrano esserselo dimenticato, a parere di Langone. Una nazione papolatrica in cui si fa a gara nell’imbrattarsi. Sporcando se stessi e il mondo. Perché non ci si accontenta del rifiuto della pulizia della pelle. Ci si ostina a voler rovinare le montagne e i rifugi dove sostare durante le passeggiate: “i rifugi sono diventati infrequentabili, sono ormai dei canili ed è tutto un abbaiare perché tutti hanno cani e tutti li portano in gita”. E durante le gite gli animali non possono esimersi dallo spargere cacca, oltre che il rumore.
“Allora mi domando: com’è che un popolo già di santi, di eroi, di artisti, di scienziati, di navigatori, è diventato un popolo di raccattacacca?” Nonostante la secolare storia del nostro paese, della caleidoscopica personalità delle persone che hanno abitato l’Italia, ci siamo ridotti a questo. “Cosa è successo?”, si chiede Langone. Il papato e i suoi precetti davvero non hanno più valore? Neanche la propria carne, agli occhi dell’autore, sembra contare più niente. E niente conta la carne degli altri, di quelli che ogni giorno sbarcano sulle nostre coste. Che vengono rinchiusi nei canili che sono i centri di accoglienza. Abbiamo paura della sporcizia che potrebbero sulle nostre strade, già imbrattate dagli escrementi dei nostri compagni domestici. La radice cristiana del nostro paese sembra essersi seccata. Coloro che, oltre le montagne, passarono secoli a “scristianizzarsi”, che abitano in quella terra “ripaganizzata”, invece, fanno meglio di noi. Non c’è davvero nessuno che, oltre a Langone, ha il coraggio di chiedersi: “Cosa è successo?”