“Futti futti, ché Dio perdona tutti”, si dice in Sicilia, terra di antica conoscenza pagana. Ma a volte l’umano risponde scambiando la vita per uno spaghetti western: “Dio perdona, io no”. Succede che in questi giorni stiamo parlando con due registri diversi, diversissimi - tragedia e commedia - di uno stesso tema: le corna. Si intrecciano due temi, uno bassissimo e uno altissimo: il gossip più divertente e la violenza più insopportabile. I motivi per cui ce la spassiamo in questi giorni al bar (o nelle chat di redazione, i luoghi più cinici e sarcarstici del mondo) e quelli che portano alla furia omicida sono - ahimé - gli stessi. “Non sopportavo che non fosse solo mia, per questo l’ho uccisa”, dice quello. E, al contempo, Ilary Blasy e Francesco Totti, Belen Rodriguez e Stefano di Martino (con le sue dodici apostole), Massimo Segre e Cristina Seymandi, ma la lista è lunga e ramificata. Qui si ingarbugliano tradimenti anonimi e tradimenti Vip, tradimenti di un’Italia greca e poi romana (e quindi pagana) con quelli di un’Italia romana cattolica e apostolica, beghina e giudicante. È possibile che sullo stesso tema si rida e anche si uccida?
Tema sarcastico del giorno: ne sono rimaste incastrate corna sotto i ponti da quando Giorgia Soleri si scoprì tradita e con un inutile moto d’orgoglio si erse e declamò (poetessa è): ma no, anche io l’ho cervificcato! Perché ancora, al tempo della Soleri - parliamo di era archeologica oramai, secondo il computo temporale delle corna -, esisteva una sorta di lamentazione dell’infedeltà, era come un’onta dalla quale doversi purificare, ma erano ragazzi. Oggi, più navigati, con le corna capitalizzano. Se non hai le corna non sei nessuno; siamo in pieno #cornapride! Voglio dire: Ilary per caso lo ha detto, nel documentario “Unica” su Netflix (detta oramai “Nettificchisi”), che forse anche lei, a Totti, lo aveva cervificcato? Ma no! Ma figurati! Si aggirava mezza addormentata dalle parti della stazione (tipo tossica ma elegante) in cerca di una dose di caffé. Quanti punti di share ha fatto “Unica”? Quante coltellate ha dato il tizio? Di cosa stiamo parlando? Sempre di corna. (Non senti come un terremoto nel cervello?). Il pensiero è in preda a una schizofrenia che chiamiamo post-verità: si pensa per momenti, per flash, per slogan, per tweet, per didascalie di foto. Selvaggia Lucarelli dice che sta arrivando il #metoo delle corna. Sì, soltanto che qualcuno rilascia interviste altri rilasciano coltellate. Non è che questa nostra (“vostra”, io non me l’accollo questa schizofrenia come non mi accollo la faccenda del patriarcato né mi sento in colpa per avere una m*nchia tanta) schizofrenia sia anche la causa, o la concausa, delle tragedie che si verificano? Bisogna decidersi: delle corna, o si ride, o si prendono come una disgrazia. Tertium non datur.
Da tempo vado dicendolo: la “narrazione”, ossia il modo di pensare (pensiamo come narriamo) è nata da noi (nel Sud-Italia più precisamente) con il teatro greco, la prima forma di storytelling, ed era divisa in due parti: tragedia e commedia. (C’era la divina ilarotragedia, riservata ai sapienti, che si metteva in scena segretamente, per le elite del pensiero, troppo politicamente scorretta per essere data in pasto a chiunque). E siccome i pensieri lottano fra loro, e ogni guerra è infine guerra “culturale”, la tragedia ha vinto. (Gli intello’ che vedono interessi economici dietro le guerre lo fanno per salvare la “cultura” che dà loro il pane, senza capire che la “cultura” è, di per sé, una assassina). “Serio” vuol dire “profondo” e non “macheduepalle”. La faccia ingrugnata da sinonimo di ottusità e ignoranza è diventata simbolo di intelligenza (vedi Roberto Saviano). La narrazione cupa, moralista, che vuole suscitare indignazione, anche un po’ ripetitiva in stile maniacale (vedi Roberto Saviano) vende. La Commedia (così intitolò Dante il testo fra i più importanti della nostra letteratura) ha perso: viva la Tragedia! Il politicamente corretto ce ne sta mettendo molto di suo e non se ne rendono conto: la rabbia è come un brufolo, se non la fai esplodere da una parte esplode da un’altra. In questo senso trovo il gossip sulle corna di questi giorni forse una delle più alte forme di pensiero e narrazione. Qui la nostra società deve decidere se le corna fanno ridere o se sono una cosa seria. Ce ne sono tanti che sui social, con quell’aria di affettata superiorità, scrivono: “Ma perché dare tanta importanza a queste nullità?”. E sentiamo, Lei a quale nullità vorrebbe dare importanza? Alla Sua? Che di corna, invece, si parli sempre di più, se se ne vuole venire a capo. E Belen? Che colpo da maestra, questo inno al masochismo in cui tutti i cornificcati possono riconoscersi, quando, al posto della solita lagna “oramai l’amore era finito” (cheduepalle De Martino), si mette a telefonare a tutte le sue cornificcatrici aspettandosi conferme, date, dettagli: “alla dodicesima mi sono fermata”. E Massimo Segre? Quello addirittura dà una festa, regala un viaggio alla fidanzata che proclama infedele e al cornificcatore e poi il dj mette la musica: evvai col trenino! Peppereppeppeppe’! Avete dato del patriarcale maschilista a Segre, uno che al posto di accoltellare ha dato un party per festeggiare le proprie corna. Siete pazzi. Ha senso lamentarsi delle corna? Quand’è che la monogamia iniziò ad essere pretesa? Sono domande immense alle quali bisogna rispondere se davvero si vogliono eliminare patriarcalità e femminicidio, concetti secondo rispetto al concetto primo: che è appunto la monogamia. Da quando siamo stati “costretti” a dichiararci monogami? (La monogamia non nasce più dalle nostre stesse catene ma da quelle altrui). La domanda più bella me la fece una traduttrice di un mio libro in svedese: “Cosa vuol dire cornuto?”. Le spiegai cosa volesse dire. Risposta della traduttrice: “Ma non ha senso che il comportamento di una persona aggettivizzi un individuo che non ha fatto niente”.
Sapete cosa avrebbe dovuto dire Stefano De Martino da Fabio Fazio? Sapete cosa avrebbe portato Stefano De Martino per posizionarsi una spanna sopra Roberto Saviano e le sue inutili tiritere? “Ehy, tu. Tu che la tua donna ti vuole lasciare. Tu che stai lì a tormentarti, che oscilli come un pendolo tra la furia delle parole e il pentimento, tra l’odio e la dipendenza. Guarda me. Stavo con Belen e me ne sono fatto altre dodici. Alle altre ancora la mia ex moglie deve telefonare, ha finito il credito”. Perché non diceva questo? Perché stare lì in bilico tra la mezza risata e la seriosità, come d’uopo da Fazio? O bianco o nero. La virtù non sta nel mezzo. Mai stata nel mezzo. Dove c’è l’amore la monogamia non può esistere, semplicemente perché di ‘altri’ non ne esistono: diventano come aliti di vento, frinire di cicale lontane, come sassi sullo sterrato da calciare in allegria. Il resto - gossip, sangue sui marciapiedi, litigi, sofferenza, depressioni e suicidi è solo banale monogamia presa sul troppo sul serio, pretesa o promessa. Monogamia e amore sono agli opposti. Se li vuoi riconoscere ti basti sapere che la prima si sbandiera, la trovi a ogni angolo di strada come la merd*, tutti ne parlano. Qui, in Sicilia, terra antica di saggezza pagana, diciamo così: “Futti futti che Dio perdona tutti”. Dell’amore, chissà.