Chi trovi scandalosa e inaccettabile una possibile vittoria di Meloni e Salvini alle incombenti consultazioni politiche si affidi subito per ogni comunicazione e replica a una parola d’ordine salvifica, uno slogan chiaro e inequivocabile: “SUCA”. Il campo ampio, il “fronte”, il “rassemblement”, o forse ciò che negli intenti di Enrico Letta prende il nome di Democratici e Progressisti “e avrà l'agenda sociale al centro, penso che siamo molto più progressisti noi dei 5 Stelle”, insomma, l’accrocco, o che dir si voglia, anti-sovranista, anti-populista, antifascista, la “sinistra”, vera o succedanea, con quel suo bisogno di scansare appunto lo spettro di Giorgia Meloni e Matteo Salvini a Palazzo Chigi, alle prese con una campagna elettorale repentina estiva, cose mai viste finora, implicitamente accompagnata dai grandi successi non meno balneari di Edoardo Vianello - “Con le pinne fucili ed occhiali” in sottofondo - mettendo da parte per carità d’ironia la tentazione di un veltronistico “Jova Beach Party”, ragionando di programmi immediatamente tradotti in parole d’ordine, dovrebbe affidare il proprio manifesto dialettico a una parola dirimente: “SUCA”. E non certo stronzate anodine come “occhi di gatto”.
Nella coscienza che si tratti di un’arma d’assoluto valore politico e, ancora di più, dirimente. Nulla di più chiaro e forte nel suo sentimento liberatorio. Quel “SUCA” che trova il suo plusvalore morale nell'invincibile rafforzativo “SUCA FORTE”. Altro dal bon ton da tacco basso, zuppa di farro e panzanella, apoteosi d’amichettismo, della testimonial finora implicita del suddetto “fronte”, ossia Concita De Gregorio. Parole chiare, insomma, davanti a un bivio in tutta evidenza problematico: salvare, sia pure nella sua churchilliana imperfezione, l’attuale parvenza di democrazia minima, a dispetto di tutti coloro - novax, terrapiattisti, filo-putiniani e terre progressivamente limitrofe emerse, che immaginano una società segnata dalle angustie del Dio Patria Famiglia e Cognati. Ogni altra parola destinata a convincere i recalcitranti, e fare breccia nella sempre più ampia area dell’astensione, deve quindi ritenersi nulla, irrilevante, insignificante, errata. A coloro che dovessero reputare poco dialettica, semplificatoria, ignobile, volgare, ributtante, vomitevole o comunque presuntuosa tale parola d’ordine si risponda che ogni altro discorso apparrebbe del tutto insignificante, assodato che non ci sono problemi poiché non ci sono soluzioni.
Non si dia retta dunque a chi, citando lo storico discorso edificante del filosofo spagnolo Miguel de Unamuno, pronunciate per rispondere a un ottuso e brutale generale franchista nell’ottobre del 1936, in piena guerra civile: “Voi vincerete perché avete soverchia forza bruta. Ma non convincerete. Perché, per convincere, bisogna persuadere. E per persuadere occorre quello che a voi manca: ragione e diritto nella lotta”, voglia portare la comunicazione verso le secche di un pietoso Galateo formale. Niente potrebbe essere così convincente nella situazione data, per i progressisti, di un “SUCA” e di un “SUCA FORTE”. Tale binomio lessicale, apotropaico e invincibile messo al mondo del linguaggio dall’estro dei siciliani fino a diventare esperanto liberatorio globale – SUCA e SUCA FORTE, appunto – solo in apparenza riferibile a una pratica sessuale da alcuni reputata degradante, comunque assai in uso, è infatti un assoluto filosofico.
Per comprenderne la necessità, basterebbe fare caso all'armamentario già messo in campo dalle destre. Salvini, un istante dopo aver subodorato aria di elezioni, ha subito mostrato nei banner il proprio volto sullo sfondo dei barconi dei migranti, povera gente disperata in cerca di salvezza e pane, prontamente additata come “nemica”, e “invasori”, la miseria stigmatizzata come incubo criminogeno. Nel frattempo Silvio Berlusconi, ricorrendo alla sua abituale cifra illusionistica accattivante, vestendo il costume di Mandrake, ha parlato di pensioni minime da 1000 euro, facendo subito plasticamente balenare il miraggio della bocchetta di un generoso bancomat lì pronto a soddisfare i bisogni del “nuovo miracolo italiano”, suo remake trent’anni dopo. A “sinistra”, nel frattempo, con fare suicida, sempre in ossequio a un’idea perversa di buon gusto e compitezza, la persona non fisica del Partito Democratico, rende possibile, ancora una volta accreditando le opinioni di Concita De Gregorio, che al mondo dei “democratici” viene assimilata quasi ne fosse la portavoce unica, pronunciate in difesa del presidente del Consiglio sfiduciato – “Draghi è come un professore di Harvard che si trova a insegnare all'alberghiero di Massa Lubrense” – parole che certamente avranno suggerito a qualche anima bella di offrile prontamente il rettorato della Scuola Holden di Baricco, ha consentito, dicevo, che si alienasse in un battibaleno il possibile elettorato della stessa Massa Lubrense, se non dell’intera provincia d’Italia, assai oltre il dettaglio secondario dell’area extrametropolitana della Campania.
La si smetta di dire che le forze di progresso dovrebbe mostrarsi “civili”, segnate dall’understatement garbato davanti alla tracotanza della destra che non teme invece di “smucinarsi” il pacco mentre offre i propri articoli. Non meno raggelante, nel suo stile casual post-ideologico da Festivalbar, leggere le parole d’ordine di Matteo Renzi: “Il nostro slogan sarà ‘dacci il cinque’: ‘Gimme five’ era una vecchia canzone” (sic). Il mondo delle idee ricondotto l’Aquafan di Riccione. In coda, la candidatura incombente di Alessandro Di Battista, che sebbene afferente a un contesto politico non proprio parallelo, si nutre di altrettanta risibile aria di infradito moscovite. Se non fosse evidente, il messaggio di Francesca Pascale, lanciato su Instagram da Santa Monica, l’Oceana Apartment Hotel, dove visse i suoi ultimi anni Stan Laurel, di sfondo: “Se dovessero vincere: sogni, speranze e bagagli pronti!”, accompagnato da una una scatoletta di cannabis naturale, la spiaggia come fondale, cui segue un affondo contro Meloni, Salvini e lo stesso Cavaliere, con gli hashtag “via dall'Italia subito”, “mai con i sovranisti”, “a lui le madonne a noi Maria”, chiaro riferimento al capo della Lega che si mostra con immagini religiose alle sue spalle, cui segue “se l'orrido non fosse arrivato, restavo. Invece, eccoli qua nella loro naturale predisposizione”, è già in sé direttamente un evidente, irrinunciabile SUCA e SUCA FORTE.
In questi casi non occorre coraggio, solo affidarsi alla naturalezza democratica: SUCA.