Emanuela Orlandi, Aldo Moro e Katy Skerl. Il giornalista Fabrizio Peronaci ha pubblicato un articolo sul Corriere della Sera in cui delinea una connessione tra tre dei maggiori casi di cronaca italiana. Questa la risposta di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela: “Sinceramente, capisco che si fanno i salti mortali per riportare a tutti i costi Accetti in pista, ma collegare il caso Moro a Emanuela perché la nonna della Skerl nel 78 stava affacciata alla finestra e ha rilasciato un'intervista? Mi sembra veramente troppo. Per favore, non usare Emanuela per qualunque cosa tu voglia scrivere. Vuoi scrivere della nonna della Skerl, del caso Moro, fallo, ma non usare sempre Emanuela per un articolo quando lei non c'entra né con Moro né con la nonna della Skerl”. Al commento di Pietro Orlandi è seguito un nostro articolo in cui abbiamo riportato le sue parole, a cui Peronaci ha risposto così: “Caro Pietro, l'analisi che ho fatto nell'articolo ieri sul Corriere è estremamente articolata, si basa su una serie di indizi legati al lessico usato dai rapitori di tua sorella e dai brigatisti, ricostruisce la genesi di una locuzione legata alla morte di Moro ("nota personalità") che stranamente compare in due rivendicazioni su Emanuela. Si tratta quindi di un lavoro storico e giornalistico che ti prego di rispettare, perché, sono costretto a ricordartelo, la libera informazione va rispettata. Ricostruisce il contesto storico-politico e introduce anche degli elementi indiziari di un certo peso, che verranno di certo presi in considerazione dalla costituenda Commissione parlamentare d'inchiesta. Tu riduci il tutto a un mio presunto tentativo di tirare in ballo Marco Accetti. Non è ovviamente così. Si tratta di una obiezione completamente infondata, come chiunque abbia letto l'articolo sa. Detto per inciso: non fare confusione tra "un'intervista", come tu la chiami, e una deposizione ufficiale presso gli organi inquirenti, come quella rilasciata dalla nonna di Katy Skerl il 16 marzo 1978. Si tratta di cose ben diverse. Tra l'altro, mi chiedo: perché ti preoccupa tanto che si parli di Marco Accetti?”.
“Tu stesso hai più volte fatto presente che questo inquietante personaggio ha sicuramente avuto un ruolo, seppur marginale, nella vicenda di tua sorella. Sei stato tu a riconoscere il flauto come quello di Emanuela e la sua voce in alcune telefonate. E allora, consentimi, sembra piuttosto strano che un familiare non tenti in tutti modi di incastrare un colpevole, e anzi faccia di tutto perché venga considerato un mitomane, di fatto salvandolo dalle sue responsabilità. Come ben sai, ho scritto tre libri sul caso Orlandi (Mia sorella Emanuela, Il ganglio, il crimine del secolo) e il primo proprio con te: di certo non potrai dirmi che sono poco informato, ciò che affermo è frutto di attenta ponderazione. In ogni caso, più che con me, dovresti prendertela con la Procura di Roma, che è tornata a interrogare sia Accetti sia le persone a lui vicine, nell'ambito di un'indagine collegata (quella sull'omicidio Skerl) che potrebbe portare a fare luce sulla scomparsa di Emanuela. Davvero, certe volte, ho la sensazione che più che avvicinarti alla verità ti interessa allontanartici, ed è la stessa sensazione che hanno avuto molti quando hanno sentito le tue incredibili affermazioni su Papa Wojtyla, che hanno alzato un inaudito polverone”.