Dicono che oggi le serie e i film e i documentari sui serial killer siano quelli più apprezzati dal pubblico. Dahmer, Mindhunter, The sinner - e potrei continuare chissà per quanto, fino a scomodare il biblico True Detective -, tutti che parlano di omicidi commessi da una mente (quasi sempre) malata. Ma quando senti storie come quelle del centro commerciale Milano Fiori di Assago, in cui Andrea Tombolini, un uomo affetto da disturbi psichici ferisce quattro persone e ne uccide una, cosa pensi sia più angosciante? Il serial killer che, nascosto in casa sua, studia piani per uccidere persone (Seven insegnaci) oppure il lupo solitario che, fra raptus, gelosia o chissà cosa, accoltella, spara o investe ciecamente? Forse la prima è più macabra, devo ammettere, ma la seconda è di sicuro più angosciante. E se ci fossimo stati noi, con le airpods a scrollare Spotify mentre si fa la fila per il prosciutto o pesare la verdura, a prendere una coltellata da Tombolini, come successo al calciatore del Monza Pablo Marì? Un qualsiasi giovedì sera, in pieno orario di ritorno a casa. Come una macchina che ti investe, nemmeno te ne accorgi. E allora dici, era evitabile? Cosa ha portato a tutto ciò?
Per spiegarlo, abbiamo chiesto un parere a un esperto, Matteo Merigo, psicologo e psicoterapeuta. Ci ha spiegato: “Questa persona ha avuto una crisi pantoclastica: significa che ti arriva un moto dirompente dove si vuole distruggere tutto e spesso si trasformano in crisi dove prendono in mano un oggetto contundente o accoltellano le persone”. C’è, quindi, un problema psichiatrico alla base, quindi vuol dire che era già seguito. E come giustificare un raptus del genere? “All'inizio basta un nulla, quello che si chiama anche trigger, per fare in modo che questa compensazione si trasformi in uno scompenso. Quello che ha avuto lui pare più uno scompenso psicotico, quindi potrebbe essere bastato davvero uno sguardo di troppo. O anche un rifiuto”.
Ma il problema, a detta di Merigo, è anche un altro. “In Italia abbiamo un grave problema nella gestione di queste persone. Se un paziente diventa maggiorenne in alcune situazioni vengono accompagnati se si trova all'interno di una comunità psichiatrica, per esempio anche dagli operatori. Se invece questa persona viene seguita da casa c'è un'altro tipo di problema, ovvero il fatto che magari in alcuni momenti, in alcune situazioni, diventano farmaco resistenti, quindi significa che la resistenza al farmaco fa in modo che siano ben compensati”. “Lui era in cura da un anno per una crisi depressiva, ha avuto un episodio maniacale, mi verrebbe da dire che forse che c'era più una bipolarità in realtà che doveva essere curata. C’è da comprendere anche se nella sua crisi depressiva erano presenti voci di qualche tipo di qualche forma che ti dà un'idea anche di una psicosi in atto, perché quella che si è presentata è stata è stata comunque una fase maniacale, psicotica. Questo tipo di situazione dovrebbe essere sicuramente controllata molto meglio e magari anche non sottovalutata, perché noi abbiamo spesso l'idea che il depresso sia quello triste che è tutto centrato su di sé, però in realtà dentro ha un moto che è come se fosse un vulcano”. Quindi ok: c’è stato un atto violento, un raptus da parte di una persona che però andava controllata. C’è una causa effetto alla fine in questa storia, e l’effetto è che una persona affetta da un disturbo mentale ha ucciso un uomo. La causa è che probabilmente andava seguita più approfonditamente e non lasciato solo. O magari, non ancora.