Leonardo Maria Del Vecchio si è comprato il 30% del Giornale. Un colpo di scena. La quota è stata ceduta dagli Angelucci per il 5% e dalla famiglia Berlusconi al 25%. Si parla di sostenibilità economica, innovazione digitale e rafforzamento dell’ecosistema editoriale, ma la verità è che i conti del venditore e del gruppo editoriale rendono evidente che la cessione risponde a una necessità di riduzione dell’esposizione in un settore strutturalmente in perdita. Gli Angelucci avevano acquisito il Giornale nel 2023 per circa 35 milioni di euro, rilevandolo dalla famiglia Berlusconi e lasciando a Paolo una quota di minoranza. Una strategia di espansione editoriale che aveva già portato il gruppo a controllare Libero e il Tempo. L’obiettivo non era la redditività del quotidiano, ma il rafforzamento del posizionamento politico e relazionale del gruppo, in particolare nel Nord Italia. Milano rappresentava per un romano come Angelucci il passaggio obbligato per tentare un consolidamento dei rapporti economici nella sanità lombarda, il comparto sanitario più ricco d'Italia per volume di spesa pubblica.
Questo piano, però, non ha dato i risultati sperati. In Lombardia il sistema sanitario è caratterizzato da grandi gruppi privati radicati sul territorio da tempo che Angelucci non è riuscito a spodestare più di tanto. Il quotidiano è rimasto un asset editoriale privo di ritorni diretti in cassa e di influenza, ma piuttosto ha continuato a registrare perdite. Nel bilancio 2024 la testata ha chiuso con un risultato netto negativo di circa 3,7 milioni di euro, nonostante l’iscrizione di contributi pubblici per l’editoria. Il Tempo ha registrato una perdita superiore al milione di euro. Libero ha chiuso il bilancio con un utile marginale, reso possibile esclusivamente dai contributi pubblici, che superano di gran lunga i ricavi da vendite. Il comparto editoriale nel suo insieme è in perdita perché banalmente i giornali non vendono più come una volta.
Parallelamente, anche il resto del gruppo mostra segnali di rallentamento. Il settore sanitario, che rappresenta il core business degli Angelucci, continua a generare ricavi, ma con margini in calo. Gli utili aggregati delle principali società del gruppo risultano diminuiti di circa il 35% nell’arco di due anni. Il gruppo Tosinvest presenta un aumento dei debiti. La maggior parte dei ricavi sanitari deriva dal servizio sanitario nazionale, con una forte concentrazione territoriale nel Lazio. Non è una vera e propria crisi, ma si tratta di una fase di contrazione che impone scelte di razionalizzazione. In questo contesto si colloca l’ingresso di Leonardo Maria Del Vecchio. L’operazione, peraltro, avviene dopo il fallimento del tentativo di acquisizione di una quota rilevante del gruppo Gedi, vero e proprio smacco per il giovane ed eclettico patron di Luxottica. Il Giornale rappresenta un asset meno costoso, politicamente collocato e disponibile sul mercato. Paolo Berlusconi è rimasto nell’azionariato con una quota residuale e con un ruolo non operativo e gli Angelucci riducono la loro esposizione senza uscire completamente dal capitale. Per Del Vecchio l’operazione gli consente di entrare nel settore editoriale senza assumere il controllo e senza farsi troppo carico delle perdite, mentre per gli Angelucci si tratta di una parziale monetizzazione di un investimento che non ha prodotto i risultati sperati e una riduzione del peso di un comparto che assorbe risorse senza generare ritorni economici. I giornali, per il gruppo Angelucci, non sono mai stati un’attività industriale autonoma, ma strumenti di posizionamento e di relazione. Quando non producono effetti sul piano economico o politico, diventano un costo da ridurre. La cessione di una quota del Giornale va letta in questo quadro. Il risultato politico dell’operazione è che lo storico quotidiano di via dell’Aprica, storicamente legato alla famiglia Berlusconi, consolida il proprio allineamento all’attuale maggioranza di governo anche nel contesto milanese e questo passo evidenzia ulteriormente la distanza che separa la famiglia Berlusconi da Fratelli d’Italia, nonché il progressivo spostamento degli equilibri all’interno dell’area che fu il centrodestra berlusconiano.