Tornano a correre le voci di corridoio circa il futuro del Giornale post-Sallusti e il nome che gira e rigira è sempre lo stesso, Tommaso Cerno. “Il giornalista che visse due volte” come titolò il Foglio, attuale direttore del Tempo, ex parlamentare Pd e storico direttore dell’Espresso. Da Carlo De Benedetti ad Antonio Angelucci ne è passata di acqua sotto i ponti, e infatti, proprio dal quotidiano fondato dal celebre ingegnere piemontese, è spuntato l’ennesimo rumor. Cerno, infatti, non parrebbe così contento di prendere il posto di Sallusti al Giornale. Abbandonare le terrazze romane e l’ombra tiepida del Cupolone, ma soprattutto le ospitate tv a Domenica In con Mara Venier. In cambio di ché, della fredda nebbia meneghina e dell’eterea Madunina? No Grazie.

D’altronde, aggiungiamo noi, da quando la sede del tempio del giornalismo conservatore è stata ceduta dai Berlusconi agli Angelucci, è stata smontata pezzo per pezzo da via Negri, delizioso angolino di Piazza Affari, per venir riassemblata in fretta e furia nella precedente sede de LaPresse insieme a Libero e La Verità. Dove? Nell’agonizzante grigio di via dell’Aprica, tra Dergano e la Bovisa. Non proprio allettante come scenario e li sì che nei mesi freddi la nebbia è fitta. Come biasimarlo. La sede poi, ormai da un po’ di tempo, per le posizioni filo israeliane del gruppo editoriale è presidiata da un manipolo di militari, che notte e giorno fanno la guardia nella desolata via di periferia, dove l’unica minaccia potrebbe forse arrivare dal gruppo di barboni che da sempre dorme sotto il porticato di un condominio, cento metri più in là. Ma prima o poi, “Cerno dovrà cedere” e lasciare spazio a Daniele Capezzone, che da poco si è guadagnato un posto sul piedistallo per il premio dopo una sfuriata contro Luca Telese. Ad ogni modo, un cartaceo si fa andando in redazione e infatti, dalle colonne del Domani un po’ si sfotte la proposta del giornalista ed ex Pd, di una sua direzione da remoto della testata. Mentre Alessandro Sallusti, finché l’attuale direttore del Tempo non prenderà finalmente una decisione, parrebbe destinato a rimanere lì dov’è, ma forse le cose non stanno proprio così, o almeno così si vocifera.

In molti credono che Sallusti non sia destinato, come si scriveva su Affaritaliani ben prima che sul Domani, alla super-visione editoriale dei tre giornali del gruppo Angelucci, bensì alla direzione del Tg1, altro tavolo su cui si sta giocando una partita importante di ragionamenti per il futuro dell’informazione “meloniana”. Tutto può essere, anche se per il governo sarebbe un autogol vero e proprio. Alle prese con attacchi su tutti i fronti, Sallusti al Tg1 sarebbe l’emblema di “Telemeloni” e nel governo non sono così stupidi da dare questa soddisfazione ai giornalisti e all’opposizione. Mario Chiocci, attuale direttore del tg nazionale, però, poco tempo fa era stato al centro della polemica a proposito di una sua possibile nomina come portavoce della premier, per poi smentire personalmente la notizia. Ma si sa, una notizia smentita è una notizia data due volte e a proposito si era scritto dell’ipotesi Gennaro Sangiuliano al vertice del primo telegiornale Rai. “Ora il quadro si fa un po’ più chiaro”, ipotizzano alcune fonti vicine all’ambiente senza sbilanciarsi troppo.

Angelucci da tempo starebbe tentando una riorganizzazione editoriale dell’intero gruppo e il Giornale è decisamente “l’enigma fondamentale da risolvere per l’eredità culturale che non può essere archiviata per la destra italiana”. Indro Montanelli, Mario Cervi, Vittorio Feltri, tutti nomi che fanno del Giornale una capitale decadente del giornalismo conservatore che però da un po’ di tempo è sotto tono, nessuno lo legge più, troppo prevedibile. Un po’ come Roma per l’Italia e la sua nemesi in Milano. Ma se la capitale è Roma, che ne facciamo di Milano? Riconvertirla a succursale e spostare il baricentro verso la Caput Mundi, romanizzando un prodotto tipicamente milanese? Fino ad ora, tutto è possibile, giacché vi è nulla di certo.
