Malena ride. Malena piange. Malena provoca e nello stesso tempo fa riflettere. All’anagrafe Filomena Mastromarino, classe ‘83, è la pornostar più famosa d’Italia ed è ormai considerata l’ambasciatrice dell’eros italiano nel mondo. La incontriamo allo Starhotel Ritz di Milano qualche ora prima di uno spettacolo live. È appena uscita con il libro “Pura” (Mondadori), un titolo che è tutto un programma. E un sottotitolo che potrebbe essere usato da manifesto politico: “Il sesso come liberazione”. Partiamo da qui, ma c’è molto altro che emergerà nel pomeriggio passato insieme al sogno erotico di ogni uomo (e non solo). Perché prima di diventare una icona dell’hard, Malena è stata una ragazza studiosa - le mancano pochi esami alla laurea -, un agente di commercio in carriera e una donna che ha vissuto la sessualità con molte meno trasgressioni di quel che pensate. Il primo bacio? “A 14 anni, ma non volevo correre, cercavo il romanticismo seguendo il cuore e con la persona che volevo io”. La prima volta? “Poco più tardi, sempre con un ragazzo con cui stavo da tempo”. E ancora un lungo fidanzamento di 7 anni e una storia di 12 come amante (“lui mi ha fatto capire cos’è l’amore, ma non mi sentivo seconda alla compagna”).
Qui emerge un tratto caratteristico della 39enne pugliese: “In ogni cosa che faccio devo essere la numero uno”. A questo si aggiunge un altro aspetto del suo carattere: l’assenza di compromessi. Infatti, ci spiega: “Vado a capitoli. Quando ne chiudo uno è finito in tutto e per tutto. È come se cambiassi identità”. L’ingresso nel porno lo deve a Rocco Siffredi a 33 anni, dopo il “caso” che scoppiò quando si scoprì che, oltre ai set per adulti, frequentava anche la direzione nazionale del Partito democratico. Da quel momento la sua ascesa è stata inarrestabile. La ripercorriamo insieme a lei, che oggi si considera “una bolla di sapone, che quando urta contro qualcosa, invece di esplodere prende slancio per volare ancora più in alto”. Che si commuove per la malattia della madre. Che si arrabbia con le donne che criticano le donne. Che prova tenerezza verso i ragazzi a cui batte il cuore quando le si avvicinano. Che non sopporta di essere corteggiata e i regali (“non mi piacciono mai”). Che più di Cristiano Ronaldo preferisce essere paragonata a Lino Banfi. E che ci confessa l’unica cosa che le manca davvero per essere felice, nonostante la bellezza, i soldi e la libertà: “Un figlio!”.
Qual è il tuo primo ricordo di bambina?
Sicuramente il più traumatico, anche se per qualcuno può sembrare banale, ma per me è stato uno choc. Ero al supermercato e mi sono persa senza più trovare mia madre. Ho provato un vortice di emozioni che mi è rimasto impresso. Se chiudo gli occhi sento ancora quella paura e rivedo tutto che mi gira intorno. Il resto dei ricordi sono legati all’asilo, sono pochissimi. Ero sempre un po’ malaticcia, tra varicella, rosolia e altri malanni. E naturalmente i ricordi affettivi legati a mio padre e mia madre.
Hai avuto una infanzia felice?
È stata molto bella. Con una mamma premurosa, ma non pressante. Di solito ci si lamenta di avere una mamma apprensiva, io no. Mio padre invece è una persona taciturna, però ho sentito tantissimo il suo affetto. Se mia madre era severa e lo dimostrava, mio padre non ha mai alzato la voce. Bastava che mi guardasse in un certo modo e io scoppiavo in lacrime. I miei genitori non mi hanno mai trasferito ansie. Mi spiace solo che a causa del lavoro di mio papà non ho mai potuto fare una vera vacanza con loro.
Che lavoro faceva?
Prima lavorava in un caseificio, poi ha trasportato latticini, per cui non poteva assentarsi per grandi periodi. Le vacanze lunghe, come andava di moda una volta, non le abbiamo mai fatte. Solo alcuni weekend. Come un bel fine settimana a Roma, ma avrò già avuto circa 15 anni.
Tua madre di cosa si occupava?
Gestiva un negozio di bomboniere e di fiori, ma quando ha avuto me ha lasciato tutto per dedicarsi a sua figlia.
Sei nata a Noci, in provincia di Bari, poi hai vissuto cinque anni a Taranto e infine ti sei trasferita a Gioia del Colle. Della tua terra, la Puglia, cosa ti porti dentro?
C’è una cosa delle donne pugliesi che le caratterizza: l’ironia. Anche in momenti di difficoltà o quando devono rispondere a tono trovano sempre un modo simpatico per farlo. È una dote che ci ha dato la nostra Puglia.
A scuola eri una brava studentessa?
In generale una bambina molto tranquilla, mia madre mi ricorda ancora che fino a 6 anni volevo il seggiolone per stare al livello degli adulti. Composta e non capricciosa. Da noi si dice “la deve vincere sempre lei”, io non ero così. Più che testarda ero decisa. Non mi lasciavo convincere facilmente. Ma non facevo i capricci, prendevo delle decisioni ragionate e poi non tornavo indietro. E dormivo tantissimo.
Come mai?
Chissà… ero cicciottina e me ne stavo beata e tranquilla. Ero una “paciona”, come si dice dalle mie parti. Alle elementari uguale, non ho mai dato problemi, non ero una ribelle. Al momento della “ritirata”, cioè di tornare a casa, rispettavo l’orario che mi avevano dato. Non andavo contro le regole. Sono ancora così. Coerente con me stessa. “Se tutti avessero figli come te ne avrei fatti cento”, diceva mia mamma. Poi sono rimasta figlia unica, ma solo perché ha avuto problemi di salute.
Sei nata nel 1983, tra l’altro siamo coetanei. Una generazione di mezzo la nostra per tanti aspetti, un po’ analogici e un po’ digitali.
Il primo computer l’ho ricevuto in dono per la cresima, di quelli con gli schermi giganteschi. Ho iniziato a usarlo da autodidatta, poi ho preso qualche lezione, come usava allora, perché non si studiava informatica a scuola. Mi sono cimentata in tutto. Sono molto paziente e in ogni cosa devo riuscirci per forza, senza però saltare dei passaggi. Nello stesso tempo, difficilmente chiedo aiuto, perché so come sbrigarmela da sola.
Quali erano i tuoi idoli musicali?
I Take That e le Spice Girls. Le mie amiche mettevamo i poster nella stanza, a me non era permesso perché si rovinava la pittura dei muri. Mia mamma ha sempre avuto un gran senso dell’ordine e della pulizia. E me lo ha lasciato in eredità. Un poster era concesso solo in una nicchia dietro all’armadio. Ma le figurine no, vietatissime!
Nell’adolescenza hai avuto qualche segnale che da grande avresti percorso la strada dell’hard?
Assolutamente no, perché sono stata ponderata nella scelta delle amicizie e delle relazioni.
Quando hai dato il primo bacio?
È stato deciso con il sentimento, verso i 14 anni. Non volevo correre, anche se lo avevano già fatto gli altri. Era tutto nella mia testa, con romanticismo, seguendo il cuore, con la persona che dicevo io. Non mi è mai piaciuto essere corteggiata, dovevo essere io a scegliere. Non mi lancio nelle braccia di qualcuno, contrariamente a quello che la gente può pensare. Ho avuto grande rispetto del mio corpo.
E la prima volta in cui hai fatto sesso?
Nello stesso modo. L’ho desiderato, con una persona con cui stavo da un po’ di tempo e non buttata via in modo facile. Però mamma mia, è stato traumatico…
In che senso?
Perché il dolore fisico non l’avevo calcolato. Per entrambi è stata la prima volta, quindi eravamo impacciati. Infatti poi siamo rimasti insieme un po’ di tempo, avevo detto basta a quel dolore. Fa parte dell’ingenuità. Oggi vedo che manca molto nei giovani.
Poi hai avuto una storia d’amore lunga, di quelle che di solito portano al matrimonio.
La classica storia seria, quella in famiglia. Quella “perfetta”.
Com’è finita?
Perché a un certo punto, come ricordo nel libro, mi sono resa conto che non era la vita che volevo. Non a livello affettivo, perché lui era un bravissimo ragazzo e mi ha amata follemente, ma dal punto di vista sessuale. Quando ho iniziato a sentire l’istinto di approcciarmi ad altri uomini mi sono detta: “C’è qualcosa che non va”.
Quanti anni avevi?
Ci siamo messi insieme che io avevo 17 anni. Ma a 24 mi sono chiesta: se già devo fare una vita così, con questi dubbi, non può essere quello giusto per sempre. Ho iniziato a sentirmi insoddisfatta e quindi l’ho lasciato.
Ma non è l’unica storia lunga che hai avuto, come racconti nel libro.
No, ho svelato di essere stata amante per 12 anni di un uomo. La storia d’amore più bella in assoluto. Era una persona vicina al mio ambiente. Mi ha fatto capire il senso dell’amore, che comprende anche la rinuncia. Non mi sono mai sentita l’altra, ma “l’Amore”. Anche se l’amante di solito è percepita come esterna, io invece mi sentivo la prima per lui.
Cos’è l’amore per te?
Completezza! Con lui ho imparato questo: una donna non deve essere o amante, o moglie, o madre. Ma più più più! Tutti i desideri, le debolezze, le problematiche, tutto deve essere vissuto con il proprio partner. Spesso invece si tende a scegliere solo una sfaccettatura della personalità. Da figlia unica ho avuto l’esempio dei miei genitori molto uniti e anch’io è quello che cerco. Altro discorso è la sfera trasgressiva.
È con quel compagno che hai iniziato a frequentare i club per scambisti.
Sì, ma quando è finita con quel compagno è finita quella vita. Perché era il nostro modo di vivere la sessualità. Il nostro, non solo il mio. Era una forma di completezza. Non lo facevo perché mi sentivo incompleta, ma era un modo di dare e avere per puro piacere.
Non hai mai nascosto neppure di essere bisessuale.
No, perché dovrei? La mia prima “trasgressione” nel sesso è stata con una donna. Avevo 24-25 anni e l’ho portata subito dal mio partner di allora. Adesso le ragazze di quell’età hanno già esplorato il mondo. Invece io l’ho fatto passo dopo passo. Ci ho messo quasi dieci anni. Ora in un anno i giovani fanno tutto. Per me doveva essere un desiderio di entrambi. Non c’era convinzione, ma partecipazione.
Chi senti di essere oggi?
Se non avessi avuto questo percorso sessuale non sarei la donna che sono, così umana. Ci sono modi e modi di vivere la mia professione.
Fammi un esempio.
Mi vedo molto umana perché nel mio mestiere c’è un'alta forma di altruismo. Non lo faccio per il successo, sarebbe solo follia. Quando mi definiscono “portatrice sana di felicità” è per questo motivo. Sono una delle poche persone nel mondo che non fa mai piangere.
Quindi in fondo ti senti un'icona.
Nel mio settore sono una delle pochissime ad aver raggiunto questa notorietà, e spero di rimanere un po’ nella storia come chi ha sempre portato agli altri gioia e non dolore.
Eppure, la tua vita aveva preso una strada molto diversa. Ti mancano pochissimi esami universitari nella facoltà di Biololgia.
Mannaggia, ma non è un rimpianto perché vado a capitoli. Forse ho sette vite come i gatti, perché quando ne chiudo una è finita in tutto e per tutto. È come se cambiassi identità.
Senza contare che per anni hai lavorato come agente immobiliare.
Dal 2006 a pochi anni fa. Anche quando sono diventata Malena per un po’ ho mantenuto l’attività. Quello è il mio lavoro, sono tra le poche abilitate in Italia, saremo il 20%. C’è chi lavora nell’agenzia e chi è agente immobiliare, non è la stessa cosa. Si fa un percorso di studi, si prende un titolo, per cui ne vado molto orgogliosa.
Perché avevi scelto quel settore?
Mio padre a un certo punto è dovuto andare all’estero per questioni lavorative, quindi ho avuto la necessità di mantenermi da sola. Non sono stata viziata, però mantenuta per un certo periodo sì. Ma appena è servito mi sono rimboccata le maniche. Prima ho lavorato in una farmacia, poi ho fatto la commessa in un franchising di trucchi e per una agenzia di assicurazioni. Alla fine sono diventata agente immobiliare.
Quindi se sui social ti dicono “vai a lavorare”, come spesso accade nei commenti ai personaggi famosi, puoi far valere un curriculum di tutto rispetto.
Certo, perché mio padre mi ha sostenuta, però mi ha anche insegnato a contare sulle mie forze. Quando ho iniziato come agente immobiliare pensavo di fare solo un part-time, poi ho capito di possedere una caratteristica molto importante, e cioè che in ogni cosa che faccio devo essere la numero uno. E per diventarlo mi impegno molto. Ma sai quanto lavoravo?
Raccontami.
Accompagnavo le famiglie anche la domenica, facevo orari estenuanti. Anche lì ho provato la soddisfazione nel dare qualcosa agli altri. A me piaceva persino studiare la parte burocratica. Devo essere preparata in quel che faccio, non mi piace l’ignoranza. È necessario avere almeno una base che ti permetta di parlare con chiunque senza sfigurare.
Cosa ti ha lasciato quel mestiere?
L’essere camaleontica e saper gestire le obiezioni. Sono le caratteristiche principali per un buon agente immobiliare.
Saper gestire le obiezioni ti sarà utile sui social…
Di solito non rispondo mai. Soltanto una volta l’ho fatto, perché c’era un argomento che mi toccava molto da vicino. Riguarda le malattie. E mi è spiaciuto che a commentare fosse una donna adulta, magari anche mamma.
Cosa aveva scritto?
Per attaccarmi ipotizzava che potessi avere delle malattie. Soprattutto una, storicamente sensibile nel mondo del sesso, come l’Hiv. Solo che aveva scritto “Hitz” intendendo Aids. Lì sono sbottata, perché una che scrive così non sa niente. Mi dà troppo fastidio questo tipo di ignoranza, visto che nel nel nostro ambiente abbiamo la fortuna di fare gli esami ogni venti giorni.
È un pregiudizio che in parte rimane quello del porno e delle malattie.
Questo sì, purtroppo c’è poca conoscenza. E pensano sia pericoloso solo l’Hiv, invece ci sono molte altre patologie gravi che se le prendi ti porti dietro tutta la vita. Ricordo un articolo di un sito che mi ha dato fastidio, con sotto dei commenti allucinanti. Se fosse per me dovrebbero essere limitati.
Non mi dirai che sei per la censura?
No no, assolutamente. Ma sotto le pagine delle testate giornalistiche o dei personaggi pubblici non è opinione ma insulto. Ci vuole un moderatore. E se ti definisci "sito di informazione” alcuni commenti dovresti eliminarli. Certi insulti possono fare del male ai giovani. Con un click si può insultare troppo facilmente. A me non fanno né caldo né freddo, altri invece si sentono feriti.
Chi lavora nel mondo dell’hard immagino debba fare molta attenzione con i social.
Altro che, non posso mettere i capezzoli in vista, le maglie trasparenti, bisogna guardare ogni aspetto. Invece certi influencer molto seguiti lo fanno e non hanno conseguenze. Perché loro sì e io no? Le guide di Instagram dicono che non si potrebbe vedere il capezzolo neanche velatamente.
Quindi chi ha più follower può prendersi più libertà?
In teoria se hai più follower hai anche più segnalazioni. Mi sembra di rendermi conto che non c’è niente che non sia forzato dalla volontà di qualcuno. Neanche di un algoritmo. Ma di una persona che stà la dietro. Prima pubblicavo di più, ora molto meno. Devo seguire le regole, ma se uno che ha trenta volte più follower più di me fa quello che vuole, allora basta. Preferisco gli spettacoli nei locali dal vivo, con il pubblico che viene per apprezzarmi e amarmi di persona.
Abbiamo divagato, ma a un certo punto nella tua vita è entrato un signore che si chiama Rocco Siffredi. Quanto è stato importante?
Rocco è Rocco e lo conosciamo tutti, mi ha scoperto. Però devo molto anche a suo cugino. Sinceramente per me Gabriele è stata la persona più rappresentativa nel mondo del porno.
Per quale motivo?
È il regista di tutti i film di Rocco. È l’anima della sua produzione.
E purtroppo è venuto a mancare nel 2020.
Abbiamo visto tutti quanto è rimasto sconvolto Rocco. Il motivo c’è. È stata una delle poche persone, per me 5 anni e per Rocco 32, che non vedono solo business nel porno, ma che ci mettono dentro un’anima, come in tutto ciò che fanno.
Il porno non è il mondo di “plastica” che in molti pensano?
Dipende dalle persone con cui lavori. Si è persa molta umanità, per questo mi ritengo fortunata ad aver lavorato con persone dotate di un’anima e che non ti considerano un oggetto.
Quali sono le differenze tra le produzioni europee e quelle americane?
In America ho lavorato e per loro il porno è una industria. Ma non ti trattano come un oggetto, per gli americani è un lavoro come un altro da affrontare con responsabilità. Sono attenti al ritardo di un minuto sul set, mentre in Europa no. Ti fanno capire che il danno che provochi non è solo a te ma a tutto l’entourage. È una macchina perfetta, per cui è molto più facile lavorare. Ci sono delle regole e tutti le rispettano.
Il tuo futuro lo vedi più europeo o americano?
Uno dei motivi che non mi ha fatto spostare soltanto in America è per non lasciare mia madre sola in Italia. Non vorrei abbandonare il mio Paese e tradire i miei fan.
Non a caso sei “Malena Nazionale”.
Ma certo, io mi sento super nazionale! E la mia sfida è questa, me lo devono riconoscere perché sono una delle poche che vive, lavora, ha la famiglia e ancora risiede nel suo Paese d’origine. Non sono mai scappata, anzi, sono voluta rimanere con tutte le conseguenze, positive e negative.
È vero che dopo l’esplosione del “caso” Malena sei voluta tornare subito al tuo Paese per guardare tutti in faccia?
Certo, perché quello era il mio modo di essere felice e non sentivo di aver fatto niente di male. Se ti dà fastidio vai via tu, scusa. Perché dovrei nascondermi? Tra l’altro quando bene o male del mio lavoro tutti ne usufruiscono.
E qual è stato il primo impatto nelle vesti di Malena con Gioia del Colle?
All’inizio sono stata travolta dalla questione mediatica e non mi sono concentrata sulla reazione della gente. Però ricordo ancora l’auto che avevo, una 500, me l’hanno tutta segnata con i chiodi.
Ti sei data una spiegazione?
Evidentemente la gente deve sfogare in qualche modo le proprie insoddisfazioni. Poi si lamentano del bullismo... Si fanno tante campagne contro questo e contro quello, ma nei fatti non si vede nulla. E sarei io un cattivo esempio? Fa parte dell’ipocrisia. Comunque, in faccia nessuno mi ha mai detto “sei una puttana”. Mai! Scriverlo dietro un profilo fake o rigarti la macchina è facile, però dritto negli occhi nessuno ha mai osato farlo. Io si. Anzi, lo faccio sempre di dire le cose in faccia!
Hai raccontato che a causa del tuo mestiere il sesso nel privato è quasi azzerato.
Eh sì. C’è anche da dire che gli uomini sono abituati a fare i gradassi. Ti dicono: “Ti prendo e non sai cosa ti faccio...”. Il problema è che con me devono farlo davvero e lì casca l’asino. Gli uomini tremano. Nelle serate live me ne accorgo, mi si avvicinano e gli sento il cuore battere, mi fanno tanta tenerezza. A volte me lo chiedo ancora: ma è possibile che riesca a suscitare tante emozioni? Vuol dire che sono entrata nel loro immaginario, che non sono qualcosa di virtuale.
Gli uomini sono più deboli rispetto al passato?
È un problema di mancanza di personalità. Se basi tutto solo sul membro maschile, figlio mio, sei messo male. Anche perché è il primo organo che smette di funzionare. Trovati una valida alternativa. E mi spiace perché, per il lavoro che faccio, posso dare tanto. Con me ci si può confrontare, ammettere anche le défaillance. Sento di avere un mondo da donare.
Che differenza c’è tra il sesso sul set e quello in privato?
Per me il porno è molto tecnico, quindi lo distinguo dal sesso in privato. Il sesso per lavoro è una cosa, per il piacere dei corpi è un’altra cosa completamente diversa.
A cosa ti riferisci quando parli di tecnica?
Con Rocco Siffredi siamo tra i pochi a farlo professionalmente. Infatti lo diciamo sempre: non imitateci. Siamo performer, su tante cose c’è tecnica, le posizioni sono calcolate e a volte pericolose da emulare, possono fare del male a te o agli altri. Come al circo, se vedi la trapezista e poi a casa provi a imitarla. Non ci si improvvisa. Il problema in Italia è che le istituzioni non vedono il mondo dell’hard come qualcosa di serio e finché non lo faranno non ci sarà professionalità, con tutte le conseguenze che ne derivano.
L’ultima volta che hai fatto sesse per piacere?
Una settimana fa. Ma possono passare due-tre mesi da una all’altra. Non sono una che cerca il sesso a tutti i costi, devo sentirmi completamente appagata. Il sesso è un piacere dei sensi. Non faccio le sveltine, deve essere qualcosa di completo, con calma, dove stiamo bene insieme. Non perché sono pesante, ma perché è un momento assoluto. Quindi le cose da tre minuti arrivederci e grazie preferisco di no.
C’è qualcosa di talmente estremo che non faresti mai, neanche al cinema?
Non saprei, perché fino ad ora tutto quello che mi è stato proposto è nei limiti della decenza. Poi bisogna vedere che cosa si intende per “decenza”. Per adesso il genere che faccio è quello, poi ci sono altri generi che prevedono tecniche che io non farei. Fortunatamente posso scegliere.
Sei stata paragonata a Cristiano Ronaldo.
Io preferirei essere paragonata a un attore comico, perché entrambi portiamo felicità. Sono stata invitata alla premiere del film di Lino Banfi e ne sono stato felicissima. È stata la prima volta che ricevevo un invito dal mondo del cinema “classico”, che verso il mio storce il naso. Ecco, vorrei essere paragonata a Lino Banfi. Quando entra lui nelle nostre tv ci fa sempre sorridere. Ma sai, io sono per il “vissero felici e contenti”.
Prima parlavi degli uomini che hanno sempre meno personalità. Secondo te influiscono anche agenti esterni?
Credo che la loro fragilità sia dovuta alla parità dei sessi. Non sono di quelle che ritengono la donna il sesso forte e l’uomo il sesso debole. Forse l'uomo ha semplicemente scoperto di avere le stesse fragilità della donna. Dicono che per capire una donna sia necessario il vocabolario, ma anche per capire un uomo, te lo assicuro.
Come ti poni in relazione ai movimenti come il Metoo?
Sono convinta che una donna sappia quello che vuole, come difendersi e come rispondere. Tutte queste regole imposte non le sopporto. È giusto fischiare o non fischiare? Mi riferisco al catcalling. Per me dipende dall’intenzione. Ma in fondo è tutto un modo per parlare di differenza tra i sessi. Invece, come canta Miss Keta, lo scandalo è negli occhi di chi guarda. A una donna può far piacere, a un’altra dar fastidio.
Non sembri apprezzare così tanto i movimenti femministi.
Non vorrei forzare quello che dico dentro delle categorie, che è un po’ la tendenza di voi giornalisti. In natura esiste il genere umano, bisogna averne rispetto. Poi che ci sia il Metoo, il femminismo e quant’altro non mi interessa, perché vado all’apice. Ho studiato biologia, non dimenticarlo, quindi per me esiste il rispetto della persona in quando appartenente al genere umano. La natura ci ha fatto due cromosomi, XX e XY, quindi per me prima di tutto c’è il rispetto della persona. E non dico “persono” o “person*”. Sennò quando dicono “puttana” devono usare anche “puttano”. Allora proporrei di fondare un movimento con tutte le parolacce al maschile.
Cosa ti dà più fastidio dell’atteggiamento delle donne?
Che spesso sono le prime a insultarsi tra loro. Mai visto uomini che si dicono “hai la cellulite”, “la pancia gonfia” o sottolineano tra loro i difetti fisici. Non a caso lo sport più importante al mondo è il calcio, di squadra, ed è maschile. Gli uomini sono abituati a fare gruppo rispetto alle donne. Quindi è inutile sbandierare begli intenti nei movimenti vari, se poi siamo noi le prime a criticare per una gonna o per il girovita.
Quello che è accaduto a Vanessa Incontrada è emblematico. Prima criticata per la body positive e poi perché ha deciso di andare in palestra.
Ecco, vedi? Invece no! Perché se io vado in palestra non lo faccio per sentirmi più bella, ma per sentirmi meglio. Purtroppo bisogna sempre incanalare tutto nelle categorie: palestra o non palestra, pelo o non pelo… Ci deve essere il rispetto della vita altrui, quindi delle scelte delle persone, oltre che della natura in generale. Qualcuno andrebbe mai da un fiore a dirgli “sei brutto?”. Non credo. Nello stesso modo non capisco perché tra donne ci devono essere queste critiche.
Nel mondo del porno esistono questi atteggiamenti?
È capitato anche a me di essere attaccata dalle colleghe e mi sono incazzata. Gli ho detto, ma scusate, fate tanto quelle che volete essere rispettate e poi siete le prime che criticate una perché ha un aspetto estetico che non vi piace? Non va bene così.
Questione di invidia?
Chi fa queste cose è perché ha tempo da perdere nella giornata, quando invece ogni energia dovrebbe essere usata per migliorare se stessi o nel dare qualcosa di positivo agli altri. È molto italiano questo atteggiamento, ma non professionale. Bisognerebbe anche capire una cosa: una porno attrice lo è su un set, come una attrice di teatro lo è sul palco. Ma non la è quando fa video hard con il cellulare e li mette online, o gira film con produzioni che non sanno neanche come si regolano le luci. Questo può essere porno, ma non certo cinema per adulti.
Tu stessa hai detto che non guardi porno, anzi che ti annoiano.
È vero, non li guardo. Non mi piacciono e mi annoio, dopo poco mi addormento.
Se tutti fossero come te non avresti più lavoro.
Sarà che non ho ancora trovato qualcuno che riesca a stupirmi. Poi ho un approccio molto naturale, per cui non guardo altri film hard perché non vorrei vedere errori e non risultare forzata. A me piace proprio farlo, non guardarlo!
Sei arrivata nel mondo dell’hard a 33 anni.
Ci sono arrivata donna, non ragazzina. Con la consapevolezza di quello che facevo.
Quindi con le idee chiare sull’obiettivo.
Esatto! Cioè di dare agli altri qualcosa di piacevole…
A 20 anni sarebbe stato diverso?
Moltissimo… Sento di avere un atteggiamento persino un po’ materno. Nel complesso più umano e responsabile. Per me la responsabilità è sinonimo di umanità. A 20 anni l’avrei fatto per i soldi, per viaggiare o essere famosa. Ora no, mi emoziono anch’io quando sento l’emozione altrui.
Ai tuoi spettacoli anche i giovani sono tantissimi.
Mi fanno tanta tenerezza, ti si parano davanti tutti tremanti. Sono troppo bellini! Mi paragonano a Cristiano Ronaldo. Perché come ti dicevo nel mondo ci sono due cose importanti: il calcio e l’amore.
È più difficile girare un film hard o fare un live in un club?
Molto più difficile il live rispetto a un film.
Perché è più imprevedibile?
Sì, anche se pochissime volte qualcuno è andato un po’ oltre e si è beccato una ingiuria o uno schiaffo da parte mia. Mi arrabbio quando vogliono fare i fighi con gli amici, perché dimenticano che l’unica figa sono io!
Anche nel mondo del porno ci sono stati casi di attori accusati di andare troppo oltre, magari con pratiche violente, poi denunciati dalle attrici.
In realtà non è così. Tutto quello che viene fatto su un set è stato concordato precedentemente. Se qualcuno si è permesso di dire questo è perché aveva bisogno di notorietà. Mi fa incazzare questa cosa... Nel nostro settore ci sono accordi contrattuali su ogni singolo aspetto.
Quindi è solo un modo per mettersi in mostra?
Ma sì, legato sempre ai movimenti come il Metoo. Dopo 30 anni c’è gente che si è ricordata che quello schiaffo era violenza. Ma noi sul set abbiamo tutta una serie di segnali per far capire al partner che qualcosa non ci va bene. È un ambiente perfetto, per questo si chiama cinema. Se qualcuno si lamenta è anche perché quel set probabilmente non è professionale. La vera violenza è quella che le donne subiscono quotidianamente, non confondiamola con questa fasulla. Ogni donna ha la consapevolezza di cos’è una violenza, che è sempre qualcosa contro la nostra volontà.
Hai mai avuto uno stalker?
Mi è capitato con un ragazzo che è stato molto pesante. Sono riuscita a gestire la situazione con il mio agente, ma non nego che siano momenti che ti generano molta paura. Le mie amiche dicono che sono fissata, invece no. Facendo questo lavoro, a contatto anche con le debolezze delle persone, mi accorgo di tanti aspetti. Per questo sono diffidente, perché a volte ci sono gesti che sono inspiegabili, non possiamo capire tutto della mente umana. Come quando il cane morde il padrone, ci sono cose che non si possono prevenire. Se una ragazza è esposta, io lo sono centomila volte di più. Quindi devo stare più attenta.
La cosa più strana che ti hanno chiesto su Onlyfans?
Per me non c’è niente di strano. È solo un modo diverso di vivere la sessualità. Proprio perché il mondo è bello perché è vario non c’è niente di cui stupirsi. È ignoranza ridere di una persona che ha un modo diverso di fare sesso. Quello è il suo modo di essere unico. La diversità è ricchezza.
Vedo che hai un tatuaggio molto bello sulla spalla, se non sbaglio è dedicato a Santa Filomena, la santa da cui deriva il tuo nome all’anagrafe.
Quando ero bambina non mi piaceva il mio nome, però in qualche modo devo sempre dare un senso a tutto. Così, senza entrare nell’aspetto religioso di cui ho troppo rispetto, mi sono informata sulla sua storia e ho scoperto che è bellissima. È stata una santa bambina. Il tatuaggio è colorato perché rappresenta i modi in cui provarono a ucciderla dopo che si rifiutò di sposarsi con l’Imperatore. Non ci riuscirono diverse volte.
Aveva sette vite come i gatti, come te.
È anche il nome di mia nonna, ma siccome non lo amavo, per farmelo piacere, dovevo capirne di più. Dopo che gli ho dato un senso ho trovato pace. Sono una persona che ama dare un senso a tutto quello che fa. Non è calcolare tutto, ma dare un’anima a ciò che mi circonda. Me lo sono tatuato poco prima di diventare Malena, mi ha portato fortuna.
Visto che l’hai già frequentata, la politica è un mondo che ti attira?
Per fare politica bisogna dare, più che ricevere. E quindi avere il tempo per farlo.
Non hai ricevuto offerte per ritornare in politica?
Per ora no. Sono io stessa che non mi vado a mettere in comunella. Se fosse un modo per avvicinare i giovani alla conoscenza della nostra cultura, anche legislativa, potrei pensarci. Ma oggi non avrei tempo.
Se ti proponessero come Ministra delle Pari opportunità?
Dovrei studiare, poi potrei farlo.
Al contrario di tanti, che prima cercano di entrare in politica e poi eventualmente studiano.
Io devo capirci delle cose che faccio. Deve avere un senso, ricordi? Se la mia figura servisse ad avvicinare dei ragazzi che non vanno più a votare, allora sentirei già di avere un senso. Ma solo per finire su un giornale non mi interessa, non ne ho bisogno.
Prendi le cose troppo sul serio, così non ti chiameranno mai…
La politica si fa per gli altri. Io voglio sempre dormire serena, non mi piace avere debiti, che siano fiscali, umani o d’amore. Nella mia vita deve accadere tutto naturalmente, non a caso il mio libro si intitola “Pura”. E per me la purezza è l’assenza di compromessi.
Qual è il tuo rapporto con il denaro?
Ho le mani bucate.
E come li spendi?
In borsette o vestiti spendo molto. Ma mai tanto da mandare tutto in malora quello che ho costruito. Non vado oltre ciò che posso permettermi. Però non sono una formichina. Ultimamente ho comprato una casa.
Dove?
A Gioia del Colle, e dove sennò? In pieno centro, naturalmente. Per alcuni è una follia comprare una casa, per me no. La sto arredando benissimo, con materiali di pregio, opere di design e altri dettagli a cui tengo molto. Per me è la soddisfazione di potermela comprare da sola, senza averla da altri. Non amo i regali. I miei me li facevano solo a Natale e per i 18 anni.
Chissà quanti regali ti fanno oggi gli uomini.
Altro che, ma non mi piacciono mai.
Il più brutto?
Li tengo tutti, anche quelli brutti. Ma il più brutto… forse qualcosa a cui sono allergica… Il regalo è brutto quando non è pensato. Può essere una rosa, ma del colore che piace a quella persona. Se sai che non mi piace il rosso è inutile regalarmela. E se vuoi essere il mio partner devi sapere i miei gusti. Quindi attenzione ai particolari.
E il più bello?
Sicuramente avere ancora mia madre, dopo la malattia che ha avuto.
Non c’è dubbio. Quello è un regalo che, mi sembra di capire, vi siete fatte a vicenda.
Assolutamente, perché è costato tanta fatica economica, fisica, sentimentale. Tanti sacrifici da tutti i punti di vista. Ma è stato anche un modo per completare il nostro rapporto d'amore. Ci siamo avvicinate di più dopo la malattia. Quando senti il pericolo di perdere qualcuno a cui tiene è allora che capisci … Non lo auguro a nessuno.
Stiamo parlando di un tumore.
Quando nella nostra vita è entrata questa parola, ancora peggio il cancro, è cambia totalmente la visione delle cose. Tutto il resto non contava nulla. Devo dire che, anche se purtroppo è brutto dirlo, la sanità italiana nel pubblico è carente, per cui se non hai i soldi ti senti discriminato.
C’è ancora una grossa differenza tra nord e sud?
Ma certo, e tra pubblico e privato. È inutile fare politica se non cambiano questi aspetti.
Quando si è ammalata tua madre?
Non ero ancora Malena, dopo cinque anni che ero agente immobiliare. Se non avessi avuto il mio lavoro, oltre al contributo di mio padre, non ci saremmo potuti permettere di fare le cure prima del previsto, quindi salvandola. È la cosa più brutta che ci possa essere. Ti senti impotente. Quando parliamo di denaro dobbiamo parlare di queste cose. Per avere una possibilità in più di salvarsi sono rimasti solo i soldi. Non è colpa della gente, ma di chi decide questi sistemi.
Ora la paura è passata?
Ha fatto le terapie e di recente, dopo le cure, non sentiamo più quella parola tra le mura di casa. È il regalo più bello che mi ha fatto mia madre. Anche perché ha avuto la grande forza di non abbattersi.
C’è una frase che vi siete dette in quel periodo e la porterterai sempre nel cuore?
Quando mi ha detto: “Voglio vivere”.
Prende un fazzoletto, dice di essere raffreddata a causa dell'aria condizionata dell'aereo con il quale è arrivata. Ma dopo essersi soffiata il naso le scendono le lacrime: "Scusa, ma la malattia di mia mamma mi ha molto segnata" ammette scoppiando a piangere... Qualche minuto, giustamente, per ricomporsi e torna a spiegarci della sua vita.
Sai, il Covid doveva insegnarci a essere impotenti. Di fronte alla natura lo siamo.
E invece?
La scienza e la medicina ci hanno permesso di allungare la vita, ma non possiamo decidere chi deve andarsene prima e chi dopo.
Non ne siamo usciti migliori?
Purtroppo no. Ecco perché c’è chi ne è uscito depresso e chi invece come se nulla fosse. Non per menefreghismo, ma perché non teme la sua fine. Invece “siamo tutti sotto lo stesso cielo”, come si dice dalle mie parti. Ci hanno abituati all’onnipotenza, ma dovremmo capire il contrario: di essere molto fragili. Io lo ricordo sempre: nella vita non può andare tutto bene e se non avessi passato anche questi momenti bui non sarei la donna che sono. Ora mi sento una bolla di sapone, che quando urta contro qualcosa, invece di esplodere, prende slancio per volare ancora più in alto.
A una donna come te, bella, di successo e libera, cosa manca per dirsi felice?
Un figlio!
Lo vorresti?
Ma sai, ho sempre ragionato per obiettivi. Infatti, non mi sono mai sentita soddisfatta da dire “oggi non faccio niente”. Adesso non è tra gli obiettivi per una questione di impegni, però non dico di no in assoluto. Moana ricordo che rispose assolutamente no, per non avere quella responsabilità. Ma io non nascondo di averci pensato e non l’ho ancora escluso dalla mia vita. Certo, per avere un figlio è necessario l’amore da parte di entrambi i genitori. E non avendo trovato l’amore è inutile pensare a un figlio.
Se trovassi l’amore?
Allora sì.
Ma se il partner ti chiedesse di lasciare il tuo lavoro per costruire una famiglia?
Assolutamente no! Ma non arriveremmo neanche a essere fidanzati. Perché sarebbe solo un modo per discriminare. E io sono contro ogni discriminazione.
E il giorno che avrai un figlio, come gli spiegherai del tuo lavoro?
Gli dirò che sono la regina dell’amore!