Trentotto anni oggi, da quasi 20 il totem assoluto della Nba. Lebron James, assieme a Tom Brady (44 anni) è ancora la figura barometro dello sport americano. Amato, odiato, discusso, quattro titoli Nba vinti in carriera, è a poche centinaia di punti dall’incredibile record di punti (oltre 38 mila) nella storia della lega che resiste da ben oltre 30 anni, siglato da Kareem Abdul Jabbar, che ha giocato fino a 43 anni. I suoi Los Angeles Lakers in realtà perdono partite in serie, ma Lebron resta una specie di cyborg, con una capacità di confermarsi sera dopo sera ai livelli più alti, un qualcosa di impensabile alla sua età. James è anche imprenditore di successo: oltre 530 milioni di dollari guadagnati sul parquet in quasi 20 anni. Il conto, addizionando sponsorizzazioni e partnership in aziende lanciate dal nulla che ora sono dominanti sul mercato, porta il totale a oltre un miliardo di dollari incassati. Il suo primo obiettivo, una volta chiuso con il basket giocato, è acquistare una franchigia Nba, possibilmente a Las Vegas, dove la lega arriverà entro qualche anno. Ma gli affari vanno assai forte nella ristorazione, nel campo delle produzioni discografiche e televisive. Nel 2011 ha investito nel Fenway Sports Group, fondo di private equity con diversi interessi nello sport: così James è diventato azionista di minoranza (il 2%) del Liverpool, dei Boston Red Sox. Una delle ultime puntate è sul ciclismo: LRMR Ventures, l’agenzia di marketing lanciata assieme al partner in affari Maverick Carter, ha investito 30 milioni di dollari per l’espansione negli Stati Uniti del brand Canyon Bicycles, azienda tedesca che vale sul mercato circa 750 milioni di dollari e che sponsorizza un paio di squadre ciclistiche professionistiche. Poi, ci ha provato con il cinema, con l’entertainment, è anche un produttore di tequila di pregio, come il suo idolo, Michael Jordan. Sui due, è aperta da anni la discussione su chi sia il più grande di sempre.
Lebron così si ritrova nel ristretto club dei miliardari dello sport, che comprende tra gli altri Roger Federer, Leo Messi, Tiger Woods, Floyd Mayweather jr, Cristiano Ronaldo. E a proposito del portoghese, che ha solo è più giovane solo di qualche mese rispetto all’asso dei Lakers: colpisce come due fenomeni di questo spessore, con una legacy, un’eredità così marcata regalata alle rispettive discipline, stiano percorrendo la fase finale della loro carriera su binari assai diversi. James è ancora una figura di riferimento della Nba. I nuovi assi lo guardano con rispetto e devozione. Se andasse via dai Lakers - ma nella Nba non c’è la campagna acquisti, come nel calcio europeo, il salary cap non lo consente -, ci sarebbe con ogni probabilità ancora la fila per assicurarselo, anche a 38 anni e con un chilometraggio di 20 anni sul parquet. Per Cristiano, invece, la retromarcia sembra essere innestata, senza un paracadute di salvataggio. In sostanza, è stato proposto dal super-procuratore Jorge Mendes - senza risultati - a tutte le squadre ancora impegnate in Champions League. I Mondiali in Qatar non hanno aiutato, un rigore segnato, poi tanta panchina e un rapporto complicato con il ct, Fernando Santos, e con i compagni. Al Manchester United ha creato più problemi che reti (comunque tanti, 24 nella passata stagione), per tornare in Inghilterra ha lasciato la Juventus a un soffio dalla fine del mercato estivo del 2021. Ronaldo con ogni probabilità finirà in Arabia Saudita, 200 milioni di euro per un paio di stagioni. Ma non è il finale degno di uno dei più grandi degli ultimi 30 anni. Forse, a differenza di James, l’ego infinito del portoghese non è andato di pari passo con il corpo, la sfida con Padre Tempo - che non perdona nessuno - è persa a 37 anni. Forse, la ricerca ossessiva dei numeri, dei gol, dei titoli, per sostenere la causa dell’azienda Ronaldo ha pagato dazio. Magari, il riscatto glielo regalerà il figlio, Cristianinho, la copia in scala del padre, che ha lasciato le giovanili del Manchester United, tornando nella cantera del Real Madrid. Anche Lebron punta molto sui figli, sogna di giocare nella Nba con il più grande dei due, Bronny, che in attesa di farsi conoscere e reggere la pressione di essere l’erede di una leggenda, ha già fatto domanda all’ufficio brevetti negli Stati Uniti per lanciare tre marchi - Bronaldo, Bronny e BJ JR. - di videogiochi, abbigliamento e Nft.