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Ma a che caz*o servono le leggi e le fiaccolate se le donne continuano ad essere uccise da chi hanno denunciato? Gli slogan restano un alibi collettivo per sentirci migliori davanti l’ennesimo femminicidio, anche se non è stato fatto niente per evitarlo

  • di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

  • Foto di: ANSA

18 agosto 2025

Ma a che caz*o servono le leggi e le fiaccolate se le donne continuano ad essere uccise da chi hanno denunciato? Gli slogan restano un alibi collettivo per sentirci migliori davanti l’ennesimo femminicidio, anche se non è stato fatto niente per evitarlo
Possiamo anche continuare a manifestare, ma se chi deve proteggere non muove un dito, è solo scena. Le donne denunciano, parlano, urlano, ma vengono ascoltate solo dopo essere morte. I segnali ci sono sempre, ma chi dovrebbe intervenire preferisce aspettare che sia troppo tardi. Le leggi servono solo se le fai rispettare. E invece restano carta. Se il sistema non si sveglia prima, allora ogni fiore, ogni slogan, ogni “mai più” è solo ipocrisia. E le vittime ormai lo sanno benissimo…

Foto di: ANSA

di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

Ogni volta la stessa scena: donna uccisa, quartiere sconvolto, fiori, fiaccolate, hashtag. Poi i dettagli: lui era già stato denunciato. Lei aveva già chiamato la polizia. C’erano già stati segnali, scenate, minacce, precedenti. Tutto scritto nero su bianco. Tutto ignorato. Così la domanda non è più “come è potuto succedere”, ma “a cosa serve tutto quello che facciamo se poi non cambia nulla?”. Gli ultimi femminicidi, o presunti tali, hanno un tratto in comune che fa più paura dell’omicidio stesso: erano prevedibili. Non perché siamo veggenti, ma perché erano stati annunciati. Le vittime non erano sparite all’improvviso, non erano fuori radar. Avevano parlato, chiesto aiuto, denunciato, raccontato l’incubo. Qualcuna aveva avuto il coraggio di andare in commissariato, qualcun’altra aveva amici che avevano lanciato allarmi. Ma tutto è rimasto lì, sospeso, come se la richiesta di protezione fosse un modulo da archiviare e non una sirena d’emergenza. E allora che senso hanno le leggi, i piani antiviolenza, i numeri verdi? Perché chi deve proteggere ha una lentezza che diventa colpa quando il corpo della donna è già per terra?

Filippo Turetta, l’assassino dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin
Filippo Turetta, l’assassino dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin Ansa

Abbiamo casi che gridano vendetta. Donne massacrate da uomini che erano già stati segnalati. Alcuni avevano precedenti, altri erano già stati denunciati per stalking, altri ancora avevano avuto l’accesso a casa delle vittime bloccato per ordine del giudice. Ma nella pratica, erano liberi di muoversi, di avvicinarsi, di uccidere. Come se nessuno credesse davvero che potesse succedere. Come se le donne dovessero morire per essere credute. La verità è che quando arriva il femminicidio, il sistema si sveglia. Ma fino al momento esatto in cui la donna è viva, anche se spaventata, ferita, minacciata, non viene presa sul serio. È come se il pericolo non contasse, se non c’è già il sangue. E questo è il punto. I femminicidi non sono frutto del nulla. Sono il risultato finale di un percorso che spesso era già tracciato, segnalato, denunciato. Quindi se continuiamo a parlare, a legiferare, a manifestare, ma poi chi deve intervenire sul serio non lo fa, tutto il resto è fumo. Tutto il resto è presa in giro. È comodo per chi guarda da fuori, ma letale per chi chiede aiuto e non lo riceve. Possiamo anche piangere ogni volta, appendere striscioni e marciare in silenzio. Ma finché le istituzioni continueranno a fallire sul campo, ogni legge sarà solo propaganda. Ogni fiaccolata, un alibi collettivo per sentirci migliori, anche se non abbiamo fatto un cazzo per evitarlo.

Alessandro Impagnatiello, ha ucciso la fidanzata Giulia Tramontano
Alessandro Impagnatiello, ha ucciso la fidanzata Giulia Tramontano
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