Il caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina vaticana di cui si sono perse le tracce il 22 giugno del 1983, negli anni è diventato un buco nero che inghiotte tutto: accuse, mezze verità, rivelazioni più o meno attendibili. Ma in mezzo al rumore di fondo, ogni tanto sembra spuntare una voce limpida, disturbante, che rimette tutto in discussione. O almeno sembra. È il caso di Teofilo Benotti, personaggio misterioso citato nei famigerati “cinque fogli” pubblicati nel 2017 nel libro "Gli impostori" del direttore di Domani Emiliano Fittipaldi. Cinque pagine di una presunta rendicontazione vaticana che parlano, nero su bianco, di spese sostenute per “l’allontanamento domiciliare” di Emanuela Orlandi. Da Roma a Londra. Possibile? Tra le voci: visite ginecologiche, alti prelati, e un nome che sembrava messo lì per caso: quello di Benotti, appunto. Nel terzo capitolo della sua inchiesta pubblicata sul blog Notte Criminale, il giornalista Alessandro Ambrosini prova a sciogliere uno dei nodi più ignorati della storia. La voce è quella del giornalista Antonio Parisi, che nel 1982 conobbe Benotti in un ufficio del Ministero del Tesoro. “Sembrava un sacerdote di alto rango. Parlava con tono basso, parole misurate. Un po’ mellifluo”. Ma più che un impiegato statale, Benotti sembrava muoversi come un uomo dei servizi. “Mi disse che in ogni direzione del Ministero c’erano impiegati pagati dai servizi segreti per riferire tutto. Lui li conosceva. Mi disse che poteva proteggermi”.

Nulla in questo modo si fa per nulla. In cambio una richiesta surreale: “Voleva che mi attivassi con Casa Savoia per farsi nominare conte. Diceva che era urgente perché re Umberto era molto malato”. L’incontro con Benotti avvenne all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, dove l’uomo diceva di avere un “incarico delicato”. La risposta di Falcone Lucifero, Ministro della Real Casa, fu glaciale: “Hai fatto bene a rifiutare. Era dentro la Basilica? Allora è territorio extra-territoriale”. Parole che oggi, alla luce di ciò che circola sul possibile occultamento dei resti di Emanuela proprio a Santa Maria Maggiore fanno tremare, proprio dove ora è sepolto Papa Francesco. Teofilo Benotti, nella versione ufficiale, era solo un giornalista pubblicista, collaboratore dell’Osservatore Romano, persona “ascoltata” da quattro papi e insignita dal Quirinale. Nella versione reale, probabilmente, era molto di più: un uomo di collegamento tra ambienti vaticani, apparati statali e forse anche zone grigie dell’intelligence. “Il suo secondo incarico non era alla luce del sole”, scrive Ambrosini. E la sua presenza nella rendicontazione del ’98 ora appare meno come un errore e più come una conferma: “Se la domanda era ‘perché c’era Benotti in quei fogli?’, oggi qualche risposta possiamo darla”. Questa è la terza parte di un’inchiesta che continua sul blog Notte Criminale. Le prime due sono già online. La quarta uscirà presto.

