“Le prassi esistono anche per essere cambiate”, dice Riccardo Villari. “La vera domanda è: cosa significa servizio pubblico radiotelevisivo oggi? Come tornare a far funzionare la commissione di vigilanza Rai?”. Ad aprire il dibattito è l’ex parlamentare di Pd e Forza Italia, che dal novembre 2008 al gennaio 2009 è stato presidente proprio della chiacchierata commissione bicamerale sulla tv di stato. Dal 4 aprile scorso il suo ultimo successore è Barbara Floridia. Che in seguito all’elezione ha dovuto lasciare l’incarico di capogruppo del M5S al Senato. E la vicenda ha scombussolato un po’ tutte le carte in tavola: per il principio dell’alternanza, di fatto una consuetudine, in questa legislatura la nomina sarebbe toccata a un deputato. Ma serviva convergere su un nome, soprattutto all’interno del Movimento. E quel nome, alla Camera, Giuseppe Conte non l’ha trovato: ha scelto Floridia perché è una sua fedelissima. Una che se il segretario le dice di attaccare Amadeus o chi per lui, spiegano fonti interne a Mow, quella attacca Amadeus. “Il problema è tutto qui”, avverte Villari. “Se si tratta la commissione come una paletta verde o rossa a seconda del momento, sarà anche la sua fine”.
Sulle dinamiche di palazzo, invece, poco da arrovellarsi: “La questione dell’alternanza non mi sembra significativa”, puntualizza l’ex presidente, che in effetti, a sua volta, nel 2008 era senatore ed è stato seguito da un senatore. “Più importante semmai è che le commissioni di garanzia continuino ad essere riconosciute alle opposizioni: mi sembra che questo ruolo sia stato assicurato. Poi ci si chiede se la vigilanza sulla Rai sia obsoleta, un vecchio arnese portatore di censura. Io ritengo che abbia tuttora una sua funzione, da esercitare liberamente e democraticamente: in pochi ricordano che la commissione fu istituita su sentenza della Corte costituzionale, sottraendo dal governo il controllo sulla tv di stato in quanto servizio pubblico. C’è un po’ di ipocrisia a mettere in discussione tutto ciò”.
E dunque torniamo al (dis)uso che se ne fa. Michele Anzaldi, già segretario dell’organo collegiale, ha scritto su MOW che “la commissione di vigilanza negli ultimi sei mesi ha dormito” e che “la Rai rischia di diventare una nuova Alitalia”. Ascoltando Villari, si sfonda una porta aperta. “Durante la mia breve esperienza”, continua, “eravamo alla vigilia di quel cambiamento che metteva in capo alla commissione l’elezione dei membri del cda Rai: fu allora che diventò un organo di controllo forte. Oggi invece siamo di fronte a una riflessione necessaria e non scontata. L’avvento dei social ha rivoluzionato le nuove frontiere della comunicazione, con ricadute importanti anche sul servizio pubblico: ormai la tv di stato sembra commerciale come tutte le altre. E allora perché si dovrebbe continuare a pagare il canone, che vale il 50 per cento del bilancio Rai?”.
A Floridia e colleghi l’ardua sentenza. “Il rimpasto per la presidenza dice soltanto che anche per i pentastellati sono altri tempi”, sottolinea Villari. “Ne è passata di acqua sotto i ponti, rispetto a quando annunciavano di aprire il Parlamento come una scatoletta: adesso il M5S presenta un profilo istituzionale, nel bene e nel male, pure per quel che riguarda i giochi di palazzo. Non stupisce dunque che prenda attivamente parte alle procedure e alle spartizioni”. Ma perché i vertici della commissione di vigilanza Rai sono toccati proprio al Movimento? “Esistono il Copasir, altre commissioni bicamerali: di solito le opposizioni si accordano, trovano un equilibrio e cercano di dividersi nomine e presenze. Evidentemente in questo caso la pallina è caduta sul M5S”. Logiche da manuale Cencelli, insomma. “Esatto. Ricordo che per essere eletti servono anche i voti della maggioranza, quindi un gradimento generico sul profilo di Floridia era necessario. Auguri a lei, per rimettere in moto la commissione”. Certo è che se la neopresidente siede lì in quanto mera estensione di Conte e del suo controllo mediatico, partiamo male. Altro che Alitalia.