Tra cinque settimane sapremo come andrà a finire la storia di Repubblica e La Stampa. Il quotidiano fondato da Scalfari, purtroppo finirà tra le grinfie del socio greco di Bin Salman, il signor Kyryakou. Per un quotidiano che per anni ha sposato la battaglia dell'inclusione, ora, ironia della sorte verrà incluso in un gruppo appartenente all'ormita del mandante dell'omicidio Kashoggi. Per quanto riguarda il quotidiano torinese La Stampa, invece, il suo destino potrebbe essere un po' più clemente, anche se l'epilogo potrebbe rivelarsi vagamente leghista, dato che la società di Enrico Marchi, già a capo di Banca Finint, la Nem, sembrerebbe essere entrata in contatto con la famiglia Dogliani e allora staremo a vedere quante altre incursioni di Askatasuna lo storico quotidiano con sede in San Salvario, dovrà subire. Dietro questo cognome piemontese, infatti, si nasconde un universo industriale che va dalle Langhe fino alle grandi opere del paese come il Ponte sullo Stretto, passando per le concessioni autostradali, i viadotti, fino ai cantieri ospedalieri e, da qualche settimana, l' acquisizione de La Stampa. I Dogliani sono una famiglia di costruttori edili radicata a Narzole, piccolo centro del cuneese, ma con una proiezione nazionale e internazionale.
Il patriarca, Matterino Dogliani, 85 anni, geometra di paese diventato grande imprenditore, ha costruito un impero nel campo dell’edilizia e delle infrastrutture con una logica che ricorda le grandi famiglie venete o lombarde, radicamento territoriale, capacità di mobilitare capitali e relazioni, pragmatismo gestionale e soprattutto, basso profilo. Infatti, se cercate un po’ su internet si legge poco o niente di loro. Quel che si dice in provincia è che siano i principali antagonisti di un’altra grande famiglia nel settore edile e infrastrutturale, quella dei Gavio. Al fianco di papà Matterino, ad ogni modo, c’è Claudio, il figlio, l’amministratore delegato del gruppo, giovane, ambizioso, si muove con un jet privato. Il cuore del loro impero è Fininc, la holding di famiglia divisa in quattro macrosettori, dalle infrastrutture alle concessioni, dall’ingegneria alla finanza e alla produzione di vini. Sotto l’ombrello delle infrastrutture ci sono controllate come Sis, che a sua volta guida un consorzio di società concessionarie (Spv, Itp, Pst, Sfn, Vlm, Bhr) operanti su grandi opere stradali e autostradali. In ingegneria, Fininc detiene oltre il 95% di partecipazioni strategiche, mentre in finanza controlla quote in Finsa e Circuitus. E non manca il lusso, tra vigneti, cantine e alberghi come Boscareto e le tenute Batasiolo. Inoltre i Dogliani non sono solo costruttori. Sono attori di peso nella realizzazione di grandi opere, la superstrada Pedemontana Veneta, la Salerno-Reggio Calabria, le autostrade A21 e A5, ospedali in Piemonte tra cui la vituperata Città della Salute a Torino e grandi commesse nel settore siderurgico e industriale. Inoltre, scelti da Webuild e Matteo Salvini, partecipano al consorzio incaricato della costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. In passato hanno lavorato con Anas, strappato concessioni agli odiatissimi Gavio e valutato persino l’acquisizione di Autostrade per l’Italia. Ma chi sono davvero i Dogliani?
Non sono dei semplici industriali, ma dei personaggi la cui influenza si misura nella loro capacità di presidiare settori chiave e di trasformare progetti complessi in asset di lungo periodo. Dietro il possibile ingresso nella testata, infatti c’è il modello operativo della famiglia, equilibrio tra capitale industriale e investimenti, e soprattutto radicamento territoriale. Nem e Dogliani potrebbero creare un veicolo societario che unisca competenze editoriali e capacità industriale, mettendo insieme Piemonte e Nord Est, Langhe e Veneto. Il silenzio attorno alla trattativa, però, non deve ingannare, La Stampa resta un’azienda pesante, tipografia fuori mercato, oltre 170 giornalisti, perdite annuali stimate intorno ai 12 milioni per la quale Elkann ha chiesto una cifra un po’ alta, tra i 50 e i 60 milioni. Eppure, la famiglia Dogliani ha già dimostrato come affrontare queste sfide, dalla gestione delle concessioni autostradali alla costruzione di ospedali, il filo conduttore è sempre lo stesso, pragmatismo, pianificazione e capacità di incidere sul lungo periodo. Chi sono i Dogliani, dunque? Sono quella famiglia di “palazzinari” piemontesi che, in pochi decenni, hanno imparato a dialogare con la politica e la finanza senza perdere il loro radicamento sul territorio, infatti, come riporta Lo Spiffero sarebbe stata proprio la potente presidentessa di Confindustria Cuneo, e sorella del governatore piemontese, Giulia Cirio ad organizzare il contatto tra Nem e Dogliani i quali sono anche in ottimi rapporti con Matteo Salvini, figurando tra i finanziatori del partito accanto ad altri attori nel campo dell’edilizia e delle infrastrutture. Insomma, niente male, chissà se dunque, per davvero, ci ritroveremo a leggere un quotidiano che sposa battaglie quali quella della remigrazione, dell’autonomia differenziata e il trumpismo della Lega. Chissà. Staremo a vedere.