Premessa doverosa: non c'è nulla di ufficiale, soltanto indiscrezioni e ufficiosità in attesa di ulteriori segnali di fumo, indizi, dichiarazioni. Da giorni sappiamo che Gedi, uno dei gruppi editoriali più importanti d'Italia, lo stesso che comprende il quotidiano La Repubblica e il trittico di emittenti radiofoniche Radio Capital, Radio Deejay e m2o, è finito nel mirino di tale Theodore Kyriakou. Perché mai un ricchissimo imprenditore greco, proprietario di Antenna Group, altro marchio editoriale con interessi che spaziano in vari media e con filiali negli Usa e nel Regno Unito, sarebbe interessato a mettere le mani su un prestigioso giornale italiano? Ma i giornali di carta non erano in crisi e aziende ormai da buttare? Fermi tutti. La situazione è un po' diversa perché Mr. Kyriakou sarebbe (il condizionale è d'obbligo) il cavallo di Troia – tanto per restare in clima ellenico – di un personaggio ben più influente: Mohammad bin Salman. Cosa vuol dire? Semplice: che tra i soci dell'armatore greco troverebbe spazio Mbs, il principe ereditario dell'Arabia Saudita. Secondo alcuni il vero deus ex machina della delicata operazione...
Sembra, insomma, che il vero beneficiario dell'eventuale vendita di Gedi risponda al nome di bin Salman. E pensare che poche settimane fa La Repubblica vergava un articolo per ricordare come “l'Arabia Saudita del principe Bin Salman” fosse “in vetta alla classifica delle esecuzioni”, e cioè delle pene di morte. Nel pezzo trovavano spazio le dichiarazioni di Kristine Beckerie, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord, secondo la quale l'Arabia Saudita mostrerebbe “un'agghiacciante disprezzo per la vita umana oltre che una clamorosa e impunita violazione delle norme e degli standard internazionali”. Non un bel biglietto da visita per chi potrebbe presto influenzare la linea della testata, a patto che il deal tra Agnelli-Elkann e Mr. Kyriakou partorisca una fumata bianca. Le parti prendono tempo, ragionano sulle cifre (120-140 milioni, o chissà quanti, per l'intero gruppo) e immaginano nuovi assetti societari. Nel frattempo in pochi si sono interrogati, appunto, sulle intenzioni dell'armatore greco e dei suoi partner. Appare plausibile, o almeno è lecito supporre, che l'intera trattativa rappresenti una porta girevole per catapultare Mbs, amicone di Donald Trump e sempre più influente negli equilibri globali, al centro dell'Europa, e prima ancora dell'Italia.
Vanno bene il soft power, il calcio, la Formula 1, la Supercoppa italiana (che tra poco prenderà il via a Riad), e vanno pure benissimo gli affari, gli investimenti miliardari, la transizione energetica, il piano Vision 2030 e via dicendo. L'Arabia Saudita sente però di essere matura e vuole maneggiare questioni globali, rilevanti per modificare gli equilibri internazionali preferibilmente a proprio favore. L'Italia offre a Mbs due o tre affari ghiottissimi. Intanto c'è il discorso Stellantis, con la possibile costruzione di un impianto per auto in terra saudita eventualmente benedetta sia dalla Casa Bianca che da Elkann e Mbs in persona. Poi c'è l'affaire Leonardo, con il fondo Pif interessato a investire nella divisione Aerostrutture dell'azienda: lavori in corso. Infine c'è il tema immobiliare: l'Italia presenta svariati fondi, siti, unità che i petrodollari di Riad potrebbero trasformare in proprietà di lusso. Ah, last but not least, c'è anche la questione mediatica: per Mbs “controllare” un media come La Repubblica vorrebbe dire avere la possibilità di influenzare la narrazione sul Medio Oriente, su Gaza, su Israele in linea con gli obiettivi geopolitici del proprio Paese. Nel momento in cui scriviamo, in Italia l'Arabia Saudita controlla poco meno del 50% di Rocco Forte Hotels, il 33% di Azimut-Benetti e il 6& di Technogym. La lista potrebbe presto allungarsi.