Sangue e sabbia a Riyad, in Arabia Saudita. È il Ring of Fire, il ring di fuoco, su cui salgono Tyson Fury e Oleksandr Usyk, l’incontro più atteso degli ultimi tempi. Il primo, dopo venticinque anni, in cui in gioco ci sono tutte le cinture, dove il vincitore si prende tutto e diventa il migliore, il campione indiscusso. Fury e Usyk, due stili diversi, opposti, che si escludono vicendevolmente. Vince Usyk ai punti, Fury protesta in conferenza e dice che è stato derubato, ma poco dopo i due si ritroveranno nel rematch, sempre in Arabia Saudita. Vince ancora l’ucraino e The Gipsy King annuncia il ritiro. Non è da escludersi il comeback, ovviamente al giusto prezzo. Ingolfato: come l’Arabia Saudita ha comprato lo sport e il mondo (66thand2nd) di James Montague evoca anche questa immagine, quella dei due più grandi campioni degli ultimi dieci anni di boxe che si incontrano faccia a faccia, due volte, per giocarsi tutto. È l’immagine di un ring che comprende anche e soprattutto colui che siede poco distante dal quadrato. Montague vuole parlare di Turki Alalshik, capo dell’Autorità generale per l’intrattenimento saudita, fedelissimo di Mohammed bin Salman, principe ereditario e di fatto la mente che controlla il Pif, il fondo sovrano di Riyad, nonché gli investimenti in praticamente ogni ambito. Bin Salman è l’uomo dietro al grande salto in avanti dell’Arabia, il progetto Vision 2030, colui che si è posto l’obiettivo di differenziare i business della penisola, rendendoli meno dipendenti dal petrolio. Di fatto, però, è sempre l’oro nero che finanzia ogni sua mossa. Almeno per ora. La sua è una figura complessa: politico lungimirante e spietato, mosso da ambizione e senso di rivalsa. Montague, giornalista e scrittore britannico, già autore di Fra gli ultras. Viaggio nel tifo estremo – tradotto in Italia sempre da 66thand2nd -, restituisce anche il quadro della scalata del principe, che si concluderà, una volta che suo padre morirà, con lui a capo del regno. Lo sport, in questa storia, è solo una delle diramazioni del potere. E lo sport, nel 2025, specie in Arabia, è quasi sinonimo di calcio.

La boxe è uno sport strano. Chi lo pratica è convinto nei valori che la disciplina incarna. Ma è anche uno sport facile da comprare. Segue i soldi, da sempre, da quando a organizzare gli incontri c’era Don King e sul ring si incontravano Mohammed Alì e Joe Frazer nel Rumble in the jungle. Anche oggi la boxe segue il denaro. Ed ecco l’approdo in Arabia e verso i fondi sconfinati derivanti dal petrolio. Ma per il calcio è diverso. Il pif è arrivato in Europa per comprarsi il Newcastle, squadra inglese derelitta, costantemente nella colonna destra della classifica, poco sopra la zona retrocessione. Montague parla con alcuni tifosi dei Magpies, tra cui anche Alex Hurst, creatore del podcast Ture Faith, dedicato appunto al Newcastle. Nel 2023 il terreno è fertile: l’ambiente è scontento della presidenza di Mike Ashley, in città la gente si sente abbandonata da Londra e lasciata indietro su molti temi, su tutti il lavoro. È così dai tempi di Margaret Thatcher. Ma i fan del Newcastle sono tanti, la storia del club è lunga. Insomma, l’effetto fionda può essere potente, il calcio il terreno del riscatto. Anche perché l’esperienza del Manchester City dopo l’acquisto dello sceicco qatariota Mansour è vincente. Perché una cosa del genere non può accadere anche nel nord-est dell’Inghilterra? C’è però un problema. All’entusiasmo per il potenziale acquisto del club da parte del fondo arabo fa da contraltare l’ambiguità dello stesso Mohammad bin Salman. L’accusa nei suoi confronti è di essere il mandante dell’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi (Ingolfato contiene anche le parole della moglie di Khashoggi, Hatice Cengiz); grossi dubbi, poi, riguardano il rispetto dei diritti umani, la tutela delle minoranze, la repressione del dissenso e l’idea di giustizia che vige a Riyad. Nel 2024 è stata toccata la cifra record per le esecuzioni: 345. Montague raccoglie testimonianze di come, prima dell’acquisto della squadra, la stragrande maggioranza dei tifosi si fosse schierata a favore dell’operazione, quasi indispettita dalle critiche. Della serie: i soldi sono sporchi, sempre. Tutti facciamo benzina: anche noi siamo complici? E dei precedenti come il Manchester City nessuno dice più nulla? Pure in Qatar succedono certe cose. L’acqua diventa torbida e scura, non si vede più il fondo. Montague racconta di questa conversione quasi totale dei supporter, specie dopo i primi successi del Newcastle sul campo. Anche perché “gli investimenti nello sport, negli affari e nel settore tecnologico non sono una questione di scambio pluralistico di idee.”

Non è sportwashing, dice James Montague. La gente è ben consapevole di ciò che accade in Arabia Saudita. Non c’è nemmeno più bisogno di negare: lo sport e le vittorie aiutano nel processo di accettazione. E l’accettazione a sua volta porta nuovi affari, investimenti maggiori. È soft power: “Non hai bisogno dello sport come diversivo. È un bel beneficio secondario, ma le persone si avvicineranno al tuo modo di pensare, condivideranno la tua visione del mondo, volontariamente, a prescindere dai loro principi morali. Aziende, sostenitori, politici locali, tutti reclameranno un investimento. Non avranno bisogno di essere convinti a guardare dall’altra parte. Gli investimenti nello sport riguardano la legge dell’attrazione, non della distrazione”. Bin Salman è riuscito a reclutare (indirettamente) Cristiano Ronaldo nell’Al Nassr, a prendersi il Mondiale Fifa del 2032 con grande soddisfazione di Gianni Infantino, a ospitare i “Six Kings” del tennis sul suolo saudita grazie a un montepremi milionario, vinto nel 2024 da Jannik Sinner. L’altoatesino disse che non era andato solo per i soldi (l’assegno finale fu di 6 milioni di dollari), ma per confrontarsi con i migliori. Nell’edizione 2025 appena iniziata Sinner ha battuto in 75 minuti Stefanos Tsitsipas: 6-2, 6-3 per l’azzurro. Tsitsipas torna a casa con 1,5 milioni di dollari in tasca. Per dare un’idea delle cifre di cui stiamo parlando, un finalista di Wimbledon incassa circa 1,8 milioni di euro. Tutto questo lasciando nell’ombra un omicidio e coprendo con soldi e petrolio le altre contraddizioni del governo di bin Salman. Perché lo sport serve a qualcos’altro. È uno dei pilastri del potere.

