Quando due colossi del pugilato come Oleksandr Usyk e Tyson Fury si scontrano il risultato è per forza di cose incerto. È stato così a maggio, quando a vincere è stato l’ucraino, ed è stato così anche sabato 21 dicembre, nel rematch a Riyadh. L’esito è stato lo stesso: vittoria ai punti per Usyk. Una vittoria senza giochetti, provocazioni o proclami; Oleksandr quando va sul ring non riesce proprio a perdere. Lo scrittore Marco Nicolini ha commentato l’incontro sui social: “Oleksandr Usyk è il Rocky Marciano del nostro secolo”, la sua reazione (in cui non risparmia una stoccata a Dazn per lo scarso segnale, che ha interrotto più volte un match leggendario). E analizza le ragioni della sconfitta di The Gipsy King: “Tyson Fury non ha perso per inferiori doti tecniche, perché ha nel proprio repertorio più colpi di Usyk”, ha scritto Nicolini, “Ovviamente, non ha perso per minori doti fisiche, dato il vantaggio enorme regalatogli da ventisei chili, da quindici centimetri, da un allungo da albatros. Nonostante queste misure, egli ha anche in dotazione grande velocità, non inferiore a quella di Usyk, al quale - date le dimensioni - soccombe in mobilità. Non potrebbe essere altrimenti”. I due campioni si equivalgono per esperienza, dati gli anni passati sul ring, seppur con alcune differenze: Fury è professionista da quando aveva diciannove anni, mentre Usyk ha fatto la trafila della boxe a tre riprese e culminata con l’oro olimpico a Londra 2012. Come ha fatto Tyson a perdere, quindi?
Fury ha perso “un match che, se avesse condotto alla stessa maniera di maggio, senza indurre nelle esagerazioni che avevano favorito il sinistro al naso che lo aveva annichilito, avrebbe dominato”. Colpevole di poco coraggio, condizionato dalla “paura di tornare a ballare con il ko com'era accaduto sette mesi fa su quello stesso ring, con l'arbitro che lo aveva salvato, ha bloccato ogni sua combinazione. Portare un colpetto ai guanti e legare è sintomo di paura. Tenere la testa lontana e seguitare a mettere colpi irregolari col dorso del guantone è sintomo di paura”. Usyk, invece, non conosce timori, a dire di Nicolini: l’ucraino “non minaccia nessuno, non si autodefinisce il più grande, non usa parole offensive nemmeno per il peggiore dei suoi nemici, ma che quando si tratta di raccogliere una sfida non ha paletti di sorta: combatterebbe anche con il diavolo in persona, in qualunque categoria di peso... e, probabilmente, vincerebbe anche con lui”. Cosa sarà della carriera di Tyson Fury sono in molti a chiederselo, con ormai 36 anni sulla schiena. Salvatore Cherchi nella nostra intervista aveva previsto un suo ritiro. Altri, invece, pensano che l’unico avversario possibile a questo punto sia Anthony Joshua. Staremo a vedere. Resta la sobria scalata di Oleksandr Usyk, il pugile moderato e invincibile.