C’è chi ha vissuto una boxe diversa da quella di oggi, che non puntava all’engagement, in cui non importava solo il contesto ma la qualità dei pugili, in cui promoter come Don King dominavano la scena. Di quell’epoca ha fatto parte Salvatore Cherchi. Lo abbiamo intervistato per chiedergli un pronostico sul match tra Tyson Fury e Oleksandr Usyk: “Il favorito al momento è Usyk, ma bisogna capire come sta mentalmente Fury. Nella boxe è importante la testa, senza quella non arrivi da nessuna parte”. Se The Gipsy King è concentrato, però, “questo incontro lo vince”. E fa una previsione: “Quello di sabato potrebbe essere l'ultimo incontro di Tyson Fury”. E ovviamente è sempre meglio lasciare da campioni. Cherchi ama la boxe tecnica, di qualità, in cui magari in una ripresa “si danno otto cazzotti invece di ottanta”. In quei momenti si capisce l’intelligenza dei pugili: “Oggi vogliamo vedere quelli che si ammazzano di botte, che non sono proprio il mio genere”. Per questo, infatti, non ama le mma e Conor McGregor: “Mi spiego con un paragone: Luciano Pavarotti è la boxe, le mma sono Fedez”. Chiarissimo. E sull’incontro tra Mike Tyson e Jake Paul trasmesso da Netflix? “Non l'ho nemmeno guardato. Si capiva che era una farsa, che non ci sarebbe stato realmente un match”. Cherchi, lo ribadisce più volte, non cede al compromesso del “purché se ne parli”. E ci offre un nome per il futuro della boxe italiana dopo Daniele Scardina.
Salvatore Cherchi, sabato c’è l’incontro più atteso degli ultimi anni. Chi è più forte?
Il favorito al momento è Usyk, ma bisogna capire come sta mentalmente Fury. Se Tyson sta bene diventa lui il favorito, perché pugilisticamente è bravissimo, uno dei più completi. Nella boxe è importante la testa, senza quella non arrivi da nessuna parte.
Nell'intervista pre-match ha detto che non commetterà più l'errore di dare spettacolo come l'ultima volta.
Lo penso anch'io, però vediamo, le parole sono importanti, ma servono i fatti.
Quel suo essere così arrogante gli permette di guadagnare più soldi del suo avversario.
Sì, probabilmente è così. Però dico la mia su un’altra questione: quello di sabato potrebbe essere l'ultimo incontro di Tyson Fury.
Anche se vince?
Direi di sì. E se lui fa i sacrifici mentali e fisici che servono questo match lo vince.
Usyk contro Fury è il meglio che può dare la box mondiale in questo momento?
Ci sono altri grandi pugili e incontri importanti, questo è certo. È anche vero che quella dei pesi massimi è la categoria più importante, soprattutto per l’appeal che ha sul pubblico.
Cosa si aspetta sul ring?
Entrambi sono due pugili intelligenti. Per me il vero campione è quello che sa fare la boxe, non quello che fa a cazzotti. In certe riprese magari si danno otto pugni invece di ottanta, ma è lì che capisci la bravura di un atleta, la sua intelligenza. Oggi vogliamo vedere quelli che si ammazzano di botte, che non sono proprio il mio genere.
Allora le mma?
Mi spiego con un paragone: Luciano Pavarotti è la boxe, le mma sono Fedez. Poi sicuramente il secondo vende di più, ma se vuoi ascoltare uno che sa cantare scegli il primo.
Come disciplina secondo lei non c'è paragone?
Non esiste. Io non guardo le mma perché per me è drammatico vedere che non ci sono regole, si danno gomitate, non ci sono freni. Alla fine degli incontri sembrano dei mostri.
Il match che ha dato il via a questi eventi così popolari forse è Mayweather contro McGregor.
Sono americani, non c’è niente da fare. Io negli anni Ottanta portai il Wrestling in Italia. La gente credeva fossi pazzo, e anch’io avevo paura, perché era una cosa nuova. Al primo evento feci 12mila spettatori. Sia i ragazzini che gli adulti volevano vedere questi match, che ovviamente erano frutto di finzione. Eppure ebbero un successo incredibile. Sono quelle americanate che funzionano.
Del match tra Tyson e Jake Paul cosa pensa?
Tyson non ha mosso le mani. Si capiva che era una farsa, che non ci sarebbe stato realmente un match. Serviva solo a fare spettacolo, nient’altro.
Come si è sentito vedendo Mike di nuovo sul ring?
Dico la verità, non l'ho nemmeno guardato. Ho recuperato alcune immagini, ma non ho visto l’incontro in diretta. Quelle cose non le guardo, sono una presa in giro, non sono veri contesti di boxe.
Fausto Narducci vede questo tipo di eventi come una sorta di “male necessario”.
Magari sì, ma alla lunga diventano dannose. Io voglio sentire parlare di boxe vera. Per me questi show non aiutano il pugilato. Anzi, è proprio il contrario.
Che opinione ha di McGregor e della Ufc?
Ripeto, il mercato americano è quello. Per me che amo la boxe non ha senso nemmeno guardarle certe cose. Manny Pacquiao contro Mayweather, quello sì che è un incontro che ho visto fino alla fine. Mentre Tyson con Paul o McGregor contro Mayweather sono cose un po’ ridicole.
Nella boxe queste figure alla Fury servono, perché poi sono loro che trascinano le folle nei palazzetti, seppur con tutte le loro contraddizioni. È d’accordo?
È vero, però anche qui alla fine ci perdiamo. Ci sono dei pugili molto bravi che però non si chiamano né Fury né Mayweather. Voglio dire, Mayweather combatteva sempre a Las Vegas, dove aveva un appoggio da tutti i punti di vista, anche con arbitri e giudici. Se avesse combattuto a New York avrebbe perso quattro o cinque incontri, anche in maniera importante. Si era costruito un ambiente che lo sosteneva a prescindere.
In Italia il grande nome era Daniele Scardina. Oggi vede qualcuno capace di prendere il suo posto?
Ivan Zucco è un pugile che ha le qualità, e se mentalmente cresce come sta crescendo, piano piano potrebbe farcela a trovare quella dimensione.