Circolano indiscrezioni sul menù servito alla Casa Bianca: una zuppa di zucca bella calda, rifinita con relish di mirtilli, nocciole speziate e crema al burro nocciola. A seguire carré d’agnello in crosta, accompagnato da purè di patate dolci e riduzione di melograno e limone. Per dessert pera con mousse al cioccolato e gelato alla vaniglia. A chiudere caffè e amari, magari rum con un buon cubano. Chissà se Cristiano Ronaldo ha mangiato tutto o se per lui il presidente Donald Trump aveva lasciato da parte del petto di pollo con riso, con schiscette predisposte a portar via. Perché oltre al menù eccellente c’era una ricca compagnia al cospetto del Potus: Cr7, il presidente Fifa Gianni Infantino, il ceo di Apple Tim Cook, il presidente della Paramount David Ellison, Elon Musk e il principe saudita Mohammed bin Salman. Ci sono tutti, quindi. Un summit più che una serata elegante, a cui ha partecipato la crema del mondo. L’evento è stato organizzato in segno di accoglienza nei confronti di bin Salman, per la prima volta tornato su suolo statunitense dall’omicidio di Jamal Khashoggi, giornalista del Washington Post, ucciso in circostanze poco chiare. Secondo alcuni il mandante sarebbe stato proprio il futuro sovrano saudita, l’uomo che sta rivoluzionando il Paese e investendo pesantemente nel mondo dello sport: solo nel calcio, secondo il Guardian, sono stati spesi 6 miliardi di dollari tra il 2021 e il 2023. Dagli incontri leggendari tra Oleksandr Usyk e Tyson Fury al grande balzo in avanti della Saudi Pro League. Di questa è ambasciatore proprio Ronaldo, il simbolo del nuovo corso calcistico dell’Arabia Saudita. Il primo di tanti campioni volati a Riyadh. Cristiano, fresco di nuovo contratto con l’Al Nassr a 200 milioni all’anno fino al 2027, svolgerà una funzione fondamentale di promozione del Mondiale del 2034, fortemente voluto da Infantino, politico capace di prendere la cittadinanza qatariota e allo stesso tempo coltivare relazioni ottime con i sauditi. Il calcio unisce, del resto. A chi importa dei report di Human Rights Watch sugli abusi subiti dai lavoratori impiegati mega progetti di Riyadh, o delle denunce rispetto alla tutela della libertà di espressioni più volte segnalate da Amnesty International (è ancora permessa, tra le altre cose, la fustigazione e l’amputazione delle mani per chi si macchia di crimini come furto o adulterio). Ciò che conta è che due mondi si parlino, al di là delle differenze a quanto pare (e quando conviene) trascurabili.
Trump ha parlato così nel suo discorso, rivolgendosi direttamente a Cr7: “Mio figlio Baron è un tuo grande fan. Credo che ora rispetterà un po’ di più suo padre, solo per il fatto che gliel’ho presentato”. Nientemeno che l’endorsement dell’uomo più potente del mondo. Ronaldo finirà presto la sua carriera, ma un posto nei salotti che contano è da tempo prenotato. Le ultime settimane sono state meno lineari del solito per il fuoriclasse portoghese: prima le critiche ricevute per l’intervista rilasciata a Piers Morgan, in cui ha detto che gli uomini non possono occuparsi della casa (della sua, infatti, si prende cura Georgina); poi il rosso diretto ricevuto in Irlanda del Nord-Portogallo e che potrebbe costargli due giornate di squalifica in quello che sarà il suo last dance. Lo scorso settembre aveva donato a Trump una maglia autografata con su scritto: “Al presidente Donald J. Trump, giocando per la pace”. L’inquilino della Casa Bianca ha ricambiato. Sempre a Trump pare sia dedicato - ma sono solo ipotesi – il Fifa Peace Prize, anche questo nato da un’idea di Infantino. Elon Musk, c’era pure lui, ce lo immaginiamo un po’ in disparte mentre gli altri si divertono, in castigo per le scaramucce con Donald Trump. Chissà se a un certo punto The Donald non l’abbia preso sottobraccio per presentargli altra bella gente e pace fatta. Tim Cook, l’erede di Steve Jobs, pare lascerà Apple nel 2026, ma ha promesso investimenti di 100 miliardi in Usa. In quell’occasione aveva regalato a Trump una targa placcata in oro da 24 carati. Cook aveva pure donato un milione di dollari di tasca propria al comitato che organizza la cerimonia di insediamento del presidente Usa. Uno scambio di doni che fa già pensare al Natale. Della bontà del salotto a Washington ormai siamo persuasi: quelle amicizie sono sincere, valgono anche a fine giornata, dopo il lavoro. Solo bella gente, alla Casa Bianca.