Vi ricordate, La Stampa devastata dai PPL? Ecco, ora alla stampa tutta è stata inferta un'altra coltellata con la vendita di un mega quotidiano italiano, la Repubblica, al fondo greco che si rifà a Bin Salman, uno che i giornalisti è sospettato di ucciderli. E La Stampa a un editore minore e già molto criticato. Tutti a gridare: che vergogna. Ma la stampa è già stata uccisa da tempo in realtà. Guardiamo un attimo la situazione: a destra oramai i quotidiani sono tutti in mano agli amici di Giorgia Meloni. Tipo Antonio Angelucci, editore senatore il più assente di tutti (90 percento di assenze!), che ha il Tempo, il Giornale e Libero (oltretutto prendendosi i fondi dell'editoria perché risultano cooperative, mamma mia). Insomma, secondo voi questi giornali possono essere liberi? Gestiti da giornalisti bravissimi, nessuno li mette in dubbio, ma sono leccaculo del potere. Possono dissentire? No, non possono. Devono tenere la linea. A sinistra non c'è più niente. E anche chi dice di essere indipendente non lo è, hanno comunque dei conflitti. Editori puri in Italia non ne esistono più. (Uno dei pochissimi siamo noi). I giornali sono sempre stati strumenti politici e di potere, ma ora sono solo quelli. Poi giornalisti pagati di merda, diffide su diffide. Nessuna legge che ci tutela. Manco la bomba sotto casa di Ranucci ha cambiato qualcosa.
Vi racconto due cose. Teatro San Carlo, da sette mesi conduciamo un'inchiesta di cui non parla nessuno (uno dei pochi è stata proprio Repubblica che ha subito smesso, e sapete perché? Per motivi politici). Vabbè, da sette mesi conduciamo un’inchiesta impeccabile con tutti i documenti e le prove. E ora due dei citati ci hanno chiesto un milione di euro. Un milione di euro. Ci siamo sentiti intimiditi? Sì, ci siamo sentiti intimiditi c’è poco da scherzare. Ma qui c’è in ballo qualcosa di molto più grande. Altra storia che riguarda MOW. E mi riguarda personalmente. Mesi fa siamo stati gli unici a riprendere i post social di gente che si lamentava di essere stata licenziata da un editore. L'editore mi chiama e ci litigo al telefono togliendomi due o tre soddisfazioni, perché lui mi parlava che aveva subito dei danni e che il suo business si reggeva sulla pubblicità. No, dovete mettervi in testa che il business del giornalismo è il giornalismo. Dobbiamo tornare a essere coscienti di queste cose. Conclusione: è arrivata la diffida. A cui abbiamo risposto dicendo: belli, tornatevene a casa. E ho fatto aggiungere un postilla, firmata da me, dove scrivevo: “Un editore che intima a un altro editore di cancellare un articolo è una vergogna per chi fa questa richiesta. Per il giornalismo tutto”. Ma così siamo messi. Quindi, se vi scandalizzate del declino di Stampa e Repubblica, sappiate che chi ha causato danni inenarrabili sono stati gli editori e i giornalisti. Le cause non vanno cercate da altre parti. Perché sono stati i primi a vendersi. Per giunta per quattro spiccioli.