Se in Italia c’è qualcosa che funziona davvero alla grande è questa: la capacità dei servizi sociali di far rimanere un paese intero senza parole. Motivo? Un operato, il loro, che sembra brancolare nel buio, a ripetizione. L’ultimo, e solo in ordine di tempo, è il caso della famiglia che ha deciso di vivere nel bosco nella provincia di Chieti. Una scelta di vita indubbiamente estrema, ma del tutto consapevole. Ma cos’è che ha fatto storcere tanto il naso? Che la loro casa fosse spartana, l’assenza dei comfort moderni o l’educazione alternativa? Ve lo diciamo noi: il tutto messo insieme. Perché chi sceglie di vivere la propria vita in maniera diversa fa sempre paura. Viene considerato un reietto e per questo allontanato. Messo ai margini della società. L’intervento dei servizi sociali è stato drastico: i figli della coppia sono stati portati via. Ne esce fuori una famiglia smontata, sradicata dalle proprie radici. Ma perché tutto questo accanimento? Non siamo davanti a un caso di maltrattamenti su minore, di violenza o di abbandono. Ma solo di uno stile di vita che non rientra nei dettami della normalità contemporanea. E quindi di conseguenza per lo Stato diventi un problema da debellare con urgenza. Come? Allontanando i bambini, una di otto e due gemelli di sei, dalla propria casa e quotidianità. Per loro si è aperta la porta di una casa famiglia, dove sono andati a stare insieme alla mamma. Lontano dai pericoli e dagli abusi insistenti che si sono lasciati alle spalle. Poi c’è l’altra faccia della medaglia, fatta di quelle storie che solo a sentirle in tv lo stomaco si contorce per l’orrore e l’incredulità, che ti spinge a chiederti come sia possibile arrivare a tanto.
E in queste ultime settimane è accaduto più di una volta. Sono le storie di madri instabili che hanno ucciso i propri figli. Madri seguite e attenzionate dai servizi sociali. Madri, donne, con evidenti problemi psichici. Madri a cui comunque è stata data la possibilità di trascorrere del tempo sole con dei bambini innocenti, a cui è stato tolto tutto. Nel modo più brutale possibile: per mano di chi gli ha dato la vita. E questo è accaduto nonostante tutto. Nonostante i segnali, enormi, di pericolo ci fossero tutti. Una dinamica che restituisce l’esatta fotografia di un sistema che si accanisce dove è fin troppo facile, e si inceppa dove servirebbe davvero la lucidità di agire in modo concreto. Da una parte si decide di intervenire perché no, “la vita nel bosto è inadeguata”, dall’altra si lascia andare pensando che nulla di male potrebbe mai accadere realmente. E la domanda che ci facciamo è una sola: ma che sistema vogliamo? Uno che i bambini li protegga davvero, o uno che si gira dall’altra parte fingendo di non vedere e o capire? Perché nel frattempo Elia è stato strangolato, mentre a Giovanni è stata tagliata la gola. Bambini rispettivamente di otto e nove anni. Ma come si può continuare a vivere in un paese che permette che certe cose accadano?