Dopo anni di silenzio, Selvaggia Lucarelli ha deciso di tornare sulla vicenda del video hard di Belen Rodríguez con un lungo articolo nella sua newsletter Vale Tutto. “No, non ho messo io in rete il video di Belen e non era minorenne”, esordisce, con l’obiettivo dichiarato di “ricostruire una volta per tutte” la vicenda che, a suo dire, viene ancora oggi strumentalizzata per delegittimarla.
Ma se l’intento era chiudere la questione, il risultato potrebbe essere l’opposto: nella migliore delle ipotesi, rinfrescare la memoria su una storia di cui forse pochi oggi parlerebbero, e nella peggiore, riaccendere una vecchia curiosità morbosa. E qui emerge una contraddizione. Lucarelli stessa scrive: “Un altro motivo per cui non replico mai, non ne parlo, è che non mi sembra che ‘il video hot’ di Belen possa essere più un tema di dibattito: oggi i figli di Belen stanno crescendo. Non penso che tirare in ballo questa storia pubblicamente sia qualcosa che in futuro possa fare bene alla loro serenità”.
Ma allora perché dedicare un intero articolo a parlarne di nuovo?

Il contesto: quando il revenge p*rn non esisteva (e il giornalismo si comportava di conseguenza)
Lucarelli insiste molto sul contesto storico in cui il caso scoppiò, il 2011: “Nel 2011, l’espressione ‘revenge p*rn’ in Italia era sconosciuta e ovviamente non esisteva neppure il reato di revenge p*rn”. Ai tempi, i video privati di personaggi famosi erano spesso trattati con leggerezza dai media: “Nel 1998 vi fu la diffusione del video di Pamela Anderson e del marito, quello di una ragazza perugina che divenne una sorta di fenomeno di costume, nel 2004 qualcuno divulgò il video di Paris Hilton, ma nel caso dei personaggi pubblici era diffusa l’idea che forse quei video l’avessero messi in rete loro. O che comunque a loro non dispiacesse perché alla fine era ‘tutta pubblicità’”.
E così andò anche con Belen. “Qualcuno mi avvisò via mail della diffusione del video, della cui possibile esistenza si parlava da settimane, anche sui giornali”, racconta Lucarelli. Dopo aver verificato che fosse effettivamente disponibile su alcune piattaforme, lo segnalò in un articolo, “linkando un blog che a sua volta linkava un sito che aveva pubblicato il video”.
Poi, però, aggiunge: “In realtà lasciai la notizia e rimossi quel link dopo poco (e pure quel blog lo rimosse), ma il video era ovunque”. Quindi, secondo Lucarelli, la sua colpa sarebbe stata solo quella di dare notizia di un fatto ormai inarrestabile, che non sarebbe certo scomparso se lei non ne avesse parlato.

L’accusa ai media: “Tutti ci lucrarono, ma oggi la colpa è solo mia”
Lucarelli si scaglia contro quella che definisce un’ipocrisia collettiva: mentre oggi molti la accusano di aver amplificato il caso, all’epoca furono proprio i giornali e le televisioni a cavalcare lo scandalo. “Fu tutto così lunare eppure normale che il mio dare la notizia non fu interpretato da nessuno come un’intrusione, un qualcosa di ingiusto o violento”.
E qui snocciola un elenco impressionante di titoli dei giornali dell’epoca, che dimostrano come il video di Belen fosse diventato materiale per articoli di cronaca e persino di costume:
- “Il video hot di Belen in vendita sulle bancarelle” (La Stampa)
- “Sulle bancarelle il dvd ‘fuorilegge’ con la performance tra le lenzuola della showgirl” (Corriere del Mezzogiorno)
- “Il video hard di Belen? Esiste e sta mandando in tilt la rete” (Blitz Quotidiano)
- “Milano, a ruba il video hard di Belen: costa 10 euro” (Quotidiano Nazionale)
E non fu solo la stampa a sfruttare il caso: “Giletti e vari conduttori dedicarono la puntata dei loro programmi al caso, ci furono battute goliardiche e infiniti dibattiti. Fu riportato perfino il parere di Rocco Siffredi, che diede un voto alla performance”.
Tuttavia, secondo Selvaggia, l’unica che oggi viene accusata è lei: “Per giunta, chi in questi anni ha puntato il dito su di me per cercare argomenti che mi delegittimassero in qualche battaglia, aveva visto e probabilmente girato QUEL video a qualcun altro”.
“Ho sbagliato, ma fui l’unica ad ammetterlo”
Lucarelli ammette di aver commesso un errore, ma sottolinea che fu l’unica a fare un passo indietro: “L’unica che si è assunta la responsabilità di non aver capito subito, ai tempi, la gravità dell’accaduto, fui io”.
E ricorda che nel 2016, ospite di Michele Santoro, le venne chiesto se non fosse incoerente il suo impegno contro il revenge p*rn rispetto alla sua gestione del caso Belen. “Dissi che avevo fatto violenza a Belen, perché in quel momento ero stupida. Senza molti giri di parole”.
Dopo quell’episodio, Selvaggia racconta di essersi allontanata dal gossip e di aver dedicato anni alla lotta contro il revenge p*rn, collaborando con la Polizia Postale per chiudere gruppi Facebook che diffondevano video privati senza consenso. “Molti andarono a processo e furono condannati”.

La contraddizione: dire di non voler parlarne, ma parlarne comunque
Lucarelli conclude spiegando, come già accennato all’inizio, di non aver più voluto commentare la vicenda per anni: “Un altro motivo per cui non replico mai, non ne parlo, è che non mi sembra che ‘il video hot’ di Belen possa essere più un tema di dibattito: oggi i figli di Belen stanno crescendo. Non penso che tirare in ballo questa storia pubblicamente sia qualcosa che in futuro possa fare bene alla loro serenità”.
Un ragionamento condivisibile. Ma allora perché scrivere oggi un lungo articolo, riportando tutti i dettagli della vicenda, ripostando tramite gli screenshot dei siti dell'epoca foto e frame della clip, citando nomi, titoli di giornali, dibattiti televisivi, persino il gatto del video?
Lucarelli sembra voler chiarire la sua posizione, ma nel farlo finisce per rinfrescare la memoria su un caso che, se davvero non fosse più un tema di dibattito, avrebbe potuto semplicemente lasciar perdere. O no?
