Sì sì, lo so, è da boomer. Nel brutto mezzo dell'infuocata polemica sui sold out falsati, sulle vendite gonfiate e sugli artisti che forse perfino s'indebitano per dimostrarsi, almeno in apparenza, all'altezza di 'sti numeroni impossibili, per me è inevitabile pensare a quando mi facevo almeno un paio di concerti ogni weekend, senza contare quelli durante la settimana - che, tanto, andavo all'Università, mica al lavoro. Ero milionaria? No. Semplicemente, la musica era ben diversa. E pure il suo costo. I ventenni ascoltavano grossomodo coetanei che s'erano fatti il disco in cameretta, la stessa dove c'era il posto letto da fuorisede che si potevano permettere a forse e chissà ogni mese. Proprio come chi li andava ad ascoltare. C'era questa esatta rappresentazione, questa corrispondenza generazionale, magari senza grossi ideali se non quello di arrivare 'già vomitati'. Non vedevamo alcun futuro possibile, ma ci pogavamo sopra al grido di "Cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazz0 di anni Zero?". L'ingresso veniva 10 euro (con tessera Arci), ma pure meno se la band era al primo EP - di prossima uscita, eh? Dopo la mezzanotte, si entrava gratis ma, occhio, senza free drink. Al Magnolia di Segrate come in tutti gli altri circoli, più o meno fatiscenti, dislocati tra Milano e la Brianza oscura. O almeno questo era il mio raggio d'azione. In dieci sottopalco? Voleva dire che ne valeva davvero la pena. Siamo (stati) così indie e forse li ricordiamo tutti come gli anni più folli, indecorosi e incredibili delle nostre vite. Poi, come probabilmente era inevitabile, si sono tutti imborghesiti, pure le band, ora quel pubblico inquieto e fuori di melone ha trovato pace: pensa ai contratti quadri, ha messo su famiglia, sono diventati bimbi grandi. Ovverosia tutto ciò che rifiutavano di diventare. Tranne me che resto qui, fedele alla linea, e quindi(e) forse in grado di testimoniare un'epoca non lontana ma che non esiste più, nemmeno nei ricordi di chi c'era e che ora ha altro da fare. Un pensiero ai caduti e andiamo a cominciare.
A 10 euro (ma forse pure meno) ho visto live artisti e band che poi avrebbero ottenuto una certa fama, medio-grande, nel mainstream: Dente, Lo Stato Sociale - e chi cazzo se li sarebbe immaginati mai i regaz a Sanremo??, Brunori (idem!), I Cani, Le Luci della Centrale Elettrica - ovverosia Vasco Brondi che, qualche anno più tardi, avrebbe annunciato lo scioglimento delle Luci, anche se le 'Luci' erano sempre state lui. Pazzesco. Come anche gruppi che poi sono spariti dai radar. Per esempio l'Officina della Camomilla, gli Amor Fou, il Management del Dolore Post Operatorio. Questi ultimi se ne erano usciti, chissà come, con un disco perfetto, tutto urlatissimo e da urlare. 'Pornobisogno', 'Nei Palazzi' e soprattutto l'inno d'esordio, 'Auff!'. Loro si sono tagliati ogni chance di carriera con una partecipazione al concertone del Primo Maggio. Oltre ad aver lanciato preservativi dal palco - e fin qui, nulla di nuovo - il cantante si levò pantaloni e mutande in diretta pomeridiana su Rai 3, restando col bigolo al vento - per sua fortuna, al tempo non esistevano ancora i meme. Poteva essere un gesto che sarebbe rimasto nella storia o qualcosa di disastroso. È stato qualcosa di disastroso. Ma tra i modi più incredibili di tagliarsi i coglioni, al secondo disco. Eroe.
Sapevano cantare? No. Suonare? A volte, con un po' di fortuna. I concerti si valutavano in cocktail: questi si possono reggere dal secondo rhum e coca, prima è anche inutile entrare. Questi altri altri dal terzo, prima sarebbe una roba suicida, dai. Intanto, si limonava durissimo. O si passava il tempo a chiacchierare di cosa avremmo fatto nel weekend, senza venire a capo di nulla. Una volta, abbiamo preso la macchina e cominciato a guidare. Finendo all'alba alle Cinque Terre, senza una motivazione precisa se non quella di andarcene fuori dai coglioni perché la Brianza stava così stretta a tutti quanti. Non si contano le volte in cui siamo tornati a piedi dal Magnolia fino a casa, Milano, perché quello o quella con la macchina aveva rimediato da scopare, lasciandoci a piedi. Giusto così. Ci mancherebbe.
Le 'venue' - parola sempre orrenda! - dei concerti erano circoli Arci pressoché fatiscenti, molto spesso scantinati in cui l'ASL grazie a Mefisto non aveva mai messo piede. Sembrava sempre di entrare in posti dove le persone 'per bene', che ne so tipo i bocconiani, non si sarebbero mai fatte vedere. Anzi, un mio ex fidanzato bocconiano me lo aveva proprio detto, ancora prima che io scoprissi questo mondo. Passando in macchina davanti al Magnolia mi fece: "Vedi? Lì ci vanno i drogati". Mi nacque una curiosità istantanea, non per la droga - manco le canne mi fumavo, figuriamoci - ma perché avrei tanto voluto scoprire cosa mai si facesse là, dove 'non era il caso di andare', 'dove c'erano i drogati'.
La flora e la fauna erano oggettivamente variegate, in genere pochissima gente e meno ce n'era, come anticipato, più ci si sentiva nel posto giusto: abbiamo scovato una band che non conosce ancora nessuno, spilletta al petto appuntata, grande ma distaccato giubilo. 'Distaccato' perché mostrarsi fomentati contava come sorta di debolezza. Si andava, sì, ma solo per ascoltare e valutare con perizia. Da sbronzi marci, ma chissenefrega. Era musica, mica un trattato di geopolitica internazionale. Altra caratteristica fondamentale che è andata totalmente persa in tempi in cui i 'fan' tengono il conto degli stream come fossero grani del rosario e sono pronti a scannarsi sui social per un primato in classifica che qualcun altro sostiene non totalmente raggiunto: la leggerezza. Cazzo, i ventenni oggi sono tutti ragionieri, pure quando si tratta di robe divertenti. Si dessero pace.
Nove volte su dieci, a fine concerto la band o l'artista scendeva dal palco e si metteva a chiacchierare col pubblico presente, birretta in mano. Un 'Meet & Greet' che oggi verrebbe a costare oltre cento euro, ma che all'epoca, saranno stati 10-12 anni fa, era la cosa più naturale e gratis del mondo - come, tra l'altro, dovrebbe essere. Si parlava di tutto e niente, alcune speravano di limonarsi il bassista (e viceversa), per altri contava soltanto bersi una roba insieme, senza foto. Eravamo tutti pressoché coetanei, cantanti e pubblico poco pagante, ce la raccontavamo. Immaginate, oggi, una roba così al primo disco del tizio uscito da 'Amici' o di un qualsiasi altro emergente molto ascoltato tra i ventenni. Impossibile. C'è un distacco imposto, un'allure da Beyoncé - o da Justin Bieber, pure se in 'carriera' hai tirato fuori mezzo singolo, classificato così così. Perché la comunicazione, faraonica a ogni costo, lo esige.
Vasco Brondi, Le Luci della Centrale Elettrica, al primo album fu scelto da De Gregori, non proprio l'ultimo degli stronzi, per aprirgli le date del tour teatrale. Lo fece e poi tornò a esibirsi, come nulla fosse, nei circoletti lerci di prima. Nel 2025, una roba del genere, gli varrebbe l'annuncio di un tour nei palazzetti, 80 euro a cranio. Forse anche un posto fisso al tavolo di Fabio Fazio a 'Che Tempo Che Fa'. Non che la televisione non si interesasse a questi 'fenomeni che piacciono ai giovani'. Ogni tanto, Brondi è spuntato a 'Le Invasioni Barbariche', ma solo per cantare un brano a fine puntata, molto addomesticato. La deflagrazione di 'Piromani' e delle sue 'madonne anoressiche' non si è mai vista sui piccoli schermi. Meglio così, è rimasta tutta 'per noi'. Mentre, come cantavano 'I Cani', 'nichilisti coi cocktail in mano sognano di essere famosi come Vasco Brondi che appoggiato sul muro parla con la ragazza di qualcuno'.
Era tutta gente senza faccia, Niccolò Contessa de 'I Cani' per l'intero tour del primo incredibile disco, saliva sul palco con un sacchetto del pane sul volto perché non voleva farsi vedere/essere riconosciuto. I videoclip erano rari e comunque, prima di un qualche successo effettivo, privi dei primi piani di questa gente che cantava/urlava come gli facesse schifo tutto quanto. "Andiamo a dare fuoco ai tramonti e alle macchine parcheggiate male". Poi, d'estate, c'era il Mi Ami - per cortesia, non la roba fighetto/chic che purtroppo è diventato oggidì - e le leggende. Ve ne voglio riportare una anche se ancora non so quanto sia avvenuta realmente e quanto si perda nel mito.
Durante un 'Mi Ami Festival', pare che un tizio - ovviamente, lo conoscevo - a un orario mannaro della notte, praticamente al mattino, fosse salito sul palco durante il dj set di qualcuno, avesse preso il microfono e gridato un improperio grevissimo contro l'organizzatore della kermesse. Non si può ripetere, se non in versione light: "- Nome e Cognome - str*nzo di m*rda!". Ma non aveva detto 'str*nzo'. Acciuffato dalla security, in Brianza nelle settimane successive non si parlò d'altro: chi era quel tizio? Perché lo aveva fatto? Ma è successo veramente? Comunque, che figo. La quantità di gnocca rimediata da questo qui mettendo in giro la voce di cotanta impresa, o avendola fatta davvero non importa, è a oggi incontabile. Proprio jackpot. Per qualche tempo, è stato più 'famoso' degli stessi cantanti che si esibivano al Magnolia e che si sentivano già pronti a tornare a fare i benzinai, l'estate successiva. Lui, a quanto mi è dato sapere, l'eroe, ora fa il commercialista, come suo papà e suo nonno prima di lui. Rancido, ma solo all'apparenza, in realtà aveva sempre avuto bei danè. Anche se nessuno lo avrebbe detto, vedendolo in giro con quella lercissima maglia rossa dei CCCP. Col senno di poi, non una grossa sorpresa.
Magari un giorno vi racconto quale fine abbia fatto questo meraviglioso multiverso musicale e umanoide. Un ecosistema instabile per sua natura e inevitabilmente condannato all'oblio, forse pure mezzo consapevole di esserlo. Ma prima degli Stadi al primo disco, prima dei completamente sold out e dei biglietti svenduti, questo ve lo posso assicurare, c'era gente che si divertiva con robe che con 80 euro a cranio non vi potreste immaginare mai. Si stava meglio? Chiamatemi boomer, ma cazzo se si stava meglio. Altro che 'violento decrescendo'.