Intervistato l’avvocato Laura Sgrò che non ci sta: “L’omicidio era tutto studiato”. E noi, con lei, ci chiediamo: davvero era solo il bambino il bersaglio?
Alessandro Impagnatiello ha avvelenato Giulia Tramontano con il topicida per mesi. Un po’ alla volta, senza fretta. Poi, una sera di maggio, l’ha uccisa. Era al settimo mese di gravidanza. Ma secondo i giudici d’Appello non c’è stata premeditazione. Per loro, l’idea di ammazzarla gli è venuta solo qualche ora prima, mentre si rendeva conto che stava per essere smascherato. Giulia stava tornando da un incontro con la sua amante, le bugie non reggevano più. E allora, secondo i magistrati, è lì che è scattato tutto. Una ricostruzione che l’avvocato Laura Sgrò, che noi di MOW abbiamo intervistato, fatica ad accettare: “Impagnatiello l’omicidio l’ha preparato. L’ha pensato. Ma la Corte d’Appello ha visto altro”. L’aggravante della premeditazione è caduta. È rimasta invece quella della crudeltà, che ha permesso di mantenere la condanna all’ergastolo. Ma com’è possibile parlare di delitto non premeditato quando l’accusa stessa ha dimostrato che Impagnatiello ha cercato di avvelenare la compagna per almeno sei mesi? “La premeditazione presuppone un lasso di tempo ragionato tra decisione e azione. I giudici d’Appello, evidentemente, hanno ritenuto che quella freddezza sia comparsa solo nelle ore immediatamente precedenti al delitto. Troppo poco, secondo loro, per parlare di vera premeditazione. Ma è un’impostazione che io non condivido”.

Perché di elementi contro questa tesi, ce ne sono diversi. Ed elencarli fa male: "Impagnatiello rimuove il tappeto, copre il divano con un telo, cerca su Google come eliminare tracce dalla vasca da bagno, poi scrive a Giulia: ‘Fammi sapere quando torni’. Quando lei entra in casa, lui l’aggredisce subito. Non c’è discussione, non c’è una lite che degenera. È un attacco studiato. E dopo simula la fuga volontaria di Giulia. È tutto parte di un piano”. Ma allora perché, giuridicamente, la premeditazione è saltata?“Non è stato rinnovato il dibattimento, quindi i giudici hanno valutato solo gli atti di primo grado. Se hanno escluso l’avvelenamento come strumentale alla morte di Giulia, allora è qui che non hanno riconosciuto la premeditazione. Ma è un ragionamento quasi forzato. Se si considera l’avvelenamento parte del piano, allora non c’è alcun dubbio che si tratti di un delitto pensato in anticipo”. E anche se in appello non sono emersi nuovi elementi, resta una certezza: “C’è giurisprudenza che dice che bastano anche poche ore per premeditare un omicidio, se c’è lucidità e distacco. E qui c’erano. La freddezza c’era. La preparazione c’era. L’eliminazione delle tracce, pure. E l’avvelenamento era iniziato da mesi, in modo subdolo, quasi invisibile”. Se non è premeditazione questa, allora cos’è? Un punto, però, resta: l’ergastolo è stato confermato. “È quella che si chiama una vittoria di Pirro la difesa ha fatto cadere un’aggravante, ma non è servito a salvare il condannato dall’ergastolo. Il punto sarà capire come i giudici giustificheranno questa esclusione nelle motivazioni. Ma se escludi il lungo avvelenamento, escludi anche tutto il resto”. E allora sì, Giulia muore per caso, senza premeditazione. Ma troppe circostanze ci fanno pensare che non sia andata così.

