A pochi giorni da Ferragosto, uno squinternato mentale decide di rovinarsi la vita, imbrattando di rosa Peppa Pig il murale dedicato alla pallavolista nazionale e icona olimpica Paola Egonu. È uno di quelli che condividono i meme dei politici più divisivi, cinici narcisisti che tirano su consenso, elencando nemici del popolo e che poi si fanno le seghe guardandosi sulle loro affissioni, nella consapevolezza di uno stipendio mensile sui ventimila con pensione da parlamentare e che ovviamente ora sono già in vacanza, con scorta e tutto il resto. E invece questo Signor Nessuno le vacanze non se le può permettere da anni. Ma nonostante le ristrettezze, ha deciso di investire almeno trentasette euro – ho appena verificato online – per una scaletta con bomboletta di colore, entrambi made in Cina. Non avendo soldi sulla ricaricabile, ha optato per il megastore del bricolage che almeno c’è l’aria condizionata e sembra di essere un po’ in vacanza. Ci sono anche delle commesse giovani. Manca solo la piscina piena di vernice rosa Peppa Pig. Per la prima volta in vita sua si sente in auge, anche se sta già realizzando di averla fatta grossa e di non avere l’avvocato: tutti stanno parlando male di lui – giustamente e prevedibilmente indignati – anche i suoi mandanti e mentori ideologici che ovviamente si dissociano da quel suo gesto del tutto idiota.
In questo libro Cuore del terzo millennio, lui è un Franti che è diventato razzista, per rabbia, ignoranza, meme, fake news dei russi, invidia e altri sgaruppamenti psicosocialpolitici: per anestetizzare il fallimento, la percezione di eterno perdente, ha trovato un colpevole nel talento ultravincente di una super atleta di un metro e novantatré: considerando l’altezza media del bianco nostrano, è facile che lui le arrivi all’ombelico, che di per sé è l’unica nota divertente in questa tristezza prefestiva. Parlo al maschile, perché sono un maschio e so che solo un maschio può fare una caz*ata del genere: sappi che quando finirai sui giornali, non avrai neanche il piacere onanistico del tuo nome e cognome scritti per esteso; solo le iniziali, con aggettivi dispregiativi che ti collocheranno nei sottoscala delle gerarchie sociali: disperato o balordo, tra le righe di una notizietta ciclostile. In questo crudele gioco di ruoli, si inserisce l’artista di strada che nel suo sito si posiziona come colei che punta allo spazio: Laika. E ci sta riuscendo, perché ora il suo nick sta girando – come tutti coloro che sguazzano nei social in cerca di fama si augurano: non solo, grazie allo sciagurato atto vandalico della testa di caz*o, aka Signor Nessuno, si ritrova a figurare dalla parte di quegli artisti dai messaggi etici e ciò produce fama, ospitate e lavori. E sottile invidia per lo stuolo di anonimi artistoidi che nel recondito sognano una botta di culo che li renda famosi e nobili artisti strapagati.
Un pensiero comunque alla cagnetta trovatella, sua omonima, che i sovietici sacrificarono nel lancio di un modulo orbitale: quando prese fuoco al centro spaziale si sentivano le urla della poverina, cavia a sua insaputa. Qualcuno pianse, lacrime su chili di medaglie appuntate ai petti che si sono arrugginite, come vacue medaglie olimpiche. Al Signor Nessuno sono rimasti tredici euro, avanzati dal budget settimanale dei suoi cinquanta. Se le guardie non vengono a prenderlo, a Ferragosto potrà recarsi al centro commerciale e comprarsi una confezione di tramezzini doppi al tonno e crema di formaggio, con una birra a ottanta centesimi e godersi il fresco dell’angolo bar. Mentre i grandi di quell’immondo e prevedibile wrestling che è la nostra politica, di destra e di sinistra, in questo culmine agostano, sono dalla stessa parte: a fotte*e in qualche villa o sui loro yacht, pippando dal cu*o di qualche sotto-modella futura parlamentare. Insomma, se la godono; i più sinceri sputacchiano le croste dei gamberi in mare, pensando a noi come unità percentuali utili alla loro ascesa. Non c’è una morale purtroppo, se non l’ennesima constatazione che chi si fregia del ruolo di Onorevole dovrebbe dare a tutti noi dei messaggi che – per quanto finti come loro – fossero morali, per far sì che la parte peggiore di noi resti solo un’ipotesi e non si trasformi in un futile sfregio, per di più del colore di Peppa Pig.