Neanche un Bocchino può salvare Daniela Santanchè, ci riferiamo all’ormai famoso dibattito sulla “figa” avvenuto durante la trasmissione Dimartedì. Chiamiamo Bocchino con il solo cognome perché non ci interessa lui in quando individuo, Italo, ma come modello di certe argomentazioni della Destra che non stanno né in cielo né in terra e che sembrano più delle boutade (quando non vere e proprie boutanade) che riflessioni politiche. Rispondendo ad Alessandro Di Battista, che chiedeva le dimissioni di Daniela Santanché per la chiusura delle indagini sulla truffa ai danni dell’Inps per la gestione della cassa integrazione Covid nella sua azienda Visibilia, Bocchino ha replicato: “La presunzione di innocenza non vale per la Santanchè perché donna, di destra e figa”. Ne è seguito il già citato dibattito sulla “figa”, cioè sulla Santanchè (lo ha detto Bocchino, mica noi). Elisabetta Piccolotti, di Sinistra italiana, ha chiesto agli uomini in studio di non riferirsi con termini del genere nei confronti di una ministra, che in quanto tale “non è né bella né brutta”. Bocchino ha tenuto a precisare che con “figa” non intendeva “figa”, ma “glamour”, per poi precisare ancora: “figa con la g”. Ergo Bocchino ha detto figa non per intendere figa e neanche fica, ma per intendere glamour. Perché non abbia detto direttamente glamour lo spiega lui stesso: “Voi di sinistra dite glamour noi diciamo figa”. Al che – anche giustamente, bisogna dire – la Piccolotti ha replicato: “Non ho mai usato questa parola in vita mia”. E in realtà sarebbe stato difficile pensare anche lontanamente a una "compagna" che dice “glamour” fino alla storia di Aboubakar Soumahoro, che ha rivendicato “il diritto alla moda e all’eleganza”, per dirla con le parole di Bocchino: “il diritto alla figa”. La mente un po’ vacilla, lo so.
Io immagino che, chiedendo direttamente alla Santanchè “scusi, ma lei si occupa di glamour o di figa?”, ed essendo Visibilia editrice, tra l’altro, di “VilleGiardini” e di “Novella 2000” la risposta sarebbe: “Di glamour, di fighe ma anche di fighi, e di turismo”. Questo per dire che sostenere che la “figa” (o il “glamour”) sia solo appannaggio della Sinistra sembra un’argomentazione che poggia su piedi di balsa. (Apriamo parentesi: lo so che sarebbe più esatto usare il termine “figaggine” e non semplicemente “figa”, ma è Bocchino che ha sostenuto l’equivalenza del lemma “glamour” al lemma “figa” e non al lemma “figaggine”, quindi pippa). Adesso, quello che proprio non si capisce è cosa c’entri la presunzione di innocenza con la “figa”. Quello che sostiene Bocchino è che la “figa” viene condannata a prescindere? A sinistra ce l’hanno con la “figa”? Non capisco. Per quanto riguarda essere “donna” e “figa” esistono donne non “fighe”? Bocchino ha fatto body shaming? O intendeva dire che tutte le donne di destra sono “fighe” mentre tutte le donne di sinistra sono “glamour”? Non ci risulta. Per quanto riguarda essere di Destra, invece, aveva ragione Di Battista quando ha detto: “Voi di Destra siete garantisti a fasi alterne”. Come racconta una “flash” di Dagospia, che citiamo per intero: “Cosa direbbe la “vecchia” Daniela Santanchè dell’attuale ministro del Turismo? La “pitonessa” negli scorsi anni ha chiesto le dimissioni di tutti: da Fini a Boschi, da Lucia Azzolina fino ai suoi bersagli preferiti, i grillini Di Maio, Conte e Bonafede. Bastava che venisse aperta un’indagine e la solerte (ex) proprietaria del Twiga partiva all’assalto. Ora che un’inchiesta tocca da vicino lei, però, niente, non mollerà perché “nessuno ha chiesto le mie dimissioni…”.
Le indagini che ruotano intorno alla Santanchè sono quattro. Due la riguardano ufficialmente e personalmente e sono la truffa ai danni dell’Inps e falso in bilancio. Ci sono altre due indagini aperte anche se ancora non sono noti i nomi degli indagati: una – con l’ipotesi di riciclaggio - riguarda la compravendita con la plusvalenza di un milione di euro di una villa in Toscana (di proprietà del sociologo Alberoni) fatta dal compagno della Santanché, Dimitri Kunz D’Asburgo e dalla moglie del presidente del Senato, Ignazio La Russa, Laura De Cicco. Altra indagine, sempre riguardante le aziende della Santanché con i conti in rosso in cui l’ipotesi di reato è concorso in bancarotta, ma al momento non si sa se la ministra sia direttamente coinvolta. Questo per dire che, al di là delle vicende giudiziarie, le attività imprenditoriali della Santanché sembrano un mezzo disastro. A questo bisogna aggiungere quella genialata di “Open to Meraviglia”, che voleva fare diventare la Venere di Botticelli una influencer ma che, con meno di 250.000 follower, nonostante i soldi investiti e un apparato come quello di un ministero a farle da spalla, non sembra propriamente riuscito. Insomma: noi non lo sappiamo se Daniela Santanché sia figa o glamour. Sappiamo che è donna. Sappiamo che è di Destra. Sappiamo che tutti sono innocenti fino a prova contraria e siamo ipergarantisti. È sul suo fiuto imprenditoriale che avanziamo dei dubbi. Farà anche una vita smeralda, ma com’è possibile che le sue aziende sembrano colare a picco? Al di là delle vicende giudiziarie: è capace di dirigere un ministero, come quello del Turismo, che sembra richiedere specifiche competenze manageriali? In ogni caso è stata calendarizzata la mozione di sfiducia nei suoi confronti, se ne dovrebbe discutere il 3 aprile, ma si parla già di slittamento.