L’uscita nelle sale di C’è anche domani, film sulla vita di Ennio Doris, offre l’occasione per riflettere, a quasi due anni e mezzo dalla morte del fondatore di Banca Mediolanum, sul peso storico di un innovatore della finanza nazionale nel variegato mondo del capitalismo italiano della seconda metà del Novecento e dei primi Duemila. Dal trailer della pellicola di Giacomo Campiotti traspare l’immagine di un uomo di relazione. Un banchiere capace di mettere il rapporto umano a fondamento di quello di business. Una costante, nella vita del banchiere nato a Tombolo, in provincia di Padova, nel 1940 e morto nel 2021 a ottantuno anni. Doris ha avuto un ruolo pionieristico nel campo della gestione attiva del risparmio, introducendo nuovi strumenti finanziari per tutte le famiglie. La sua filosofia, incarnata nel concetto di una banca “costruita attorno a te”, ha sempre puntato a mantenere un forte rapporto fiduciario con i clienti, un principio che ha guidato la sua gestione sin dalla fondazione di Programma Italia, la società finanziaria di gestione del risparmio evolutasi poi nel 1997 in Banca Mediolanum. Un tema, al centro: la disintermediazione fiduciaria del rapporto banca-cliente, trasformata in rapporto personale. Una novità assoluta per l’Italia che Doris, che da giovane ha sempre sognato di seguire le orme del padre come mediatore di bestiame, sviluppò nel 1971 dopo 10 anni di lavoro Dival (Gruppo Ras), dove lavorando nel settore assicurativo ha gestito un team di oltre 700 professionisti e collaboratori.
Nel 1981, l’incontro a Portofino con Silvio Berlusconi: un anno dopo, Fininvest e Doris erano soci paritetici della Programma Italia, una società di promozione finanziaria che, come detto, disintermediava il rapporto d’investimento. I “consulenti globali” del gruppo, guidato da Doris, giravano l’Italia bussando porta a porta a promuovere piani d’investimento strutturali per far fruttare risparmi e pensioni in anni di ripresa dopo la fine del boom economico. Da Mediolanum Vita in giù, Programma Italia acquisirà una serie di altre realtà creando una struttura finanziaria che mise in rapporto diretto il risparmio privato e l’economia, eliminando il potere d’intermediazione del sistema bancocentrico e mettendo l’uomo, ovvero il risparmiatore, al centro del contesto finanziario. Un processo essenzialmente riservato a investitori capaci di potersi permettere visioni di lungo periodo, certamente, ma che ha permesso di sdoganare il crescente desiderio di sbocco sul mercato dei risparmi degli italiani. Doris, fino alla morte, è stato dunque un protagonista del capitalismo di relazione all’italiana. Il rapporto con Berlusconi ha plasmato la sua carriera, elevatasi definitivamente nel 1997 con il debutto di Banca Mediolanum come collettore delle attività finanziarie avviate quindici anni prima, così come lo ha plasmato il suo gioco di sponda con le dinamiche politiche ed economiche, a partire dalla decisione di entrare in Mediobanca. Doris è stato un uomo capace, indubbiamente in grado di cogliere il lato fiduciario della finanza che in Italia è fondamentale alimentare per prosperare. I venditori porta a porta sono diventati oggi i family banker di Mediolanum, in un continuum che prospera grazie al fatto che gli italiani continuano a voler vedere negli occhi chi gestisce i loro soldi.
Il nodo del vincolo fiduciario è continuato a lungo. Questo principio è stato dimostrato anche durante la Grande Recessione del 2007-2008, quando Mediolanum ha risposto alla crisi rimborsando gli 11mila clienti colpiti dal crac di Lehmann Brothers con 120 milioni di euro, senza causare danni al patrimonio complessivo della società. Doris ha provato a costruire quel vincolo fiduciario anche internamente all’azienda: dal 2008 il figlio Massimo è stato “associato al trono” come ad; in parallelo, il management è rimasto spesso legato a figure di lungo corso, conoscitrici dei meandri più profondi dell’azienda. Mediolanum è sempre stata poi attenta all’innovazione tanto da diventare, nel 2019, una delle prime banche a introdurre strumenti d’intelligenza artificiale nel gruppo. Se si vuole individuare una serie di limiti nell’azione di Ennio Doris si può sicuramente, col senno di poi, sottolineare come la sua figura, figlia del suo tempo, sia stata una perfetta manifestazione dell’ideologia dominante tra gli Anni Ottanta e i primi Duemila, legata al benevolo e trionfante processo della finanza come motrice della società e delle economie. Inoltre, il vincolo relazionale su cui si basava la sua visione lo ha sempre portato a vedere nelle scelte finanziarie e nelle loro declinazioni l’ottimistica base per risolvere ogni problematica. Non c’era spazio per intermediazione dello Stato, dinamiche non di mercato, sfere esterne al rapporto di fiducia dei consumatori con i prestatori di denaro nella visione di Doris. Il quale, ancora ai tempi del Covid-19, indicava nel risparmio, dopo la salute, il bene più importante da preservare. L’inguaribile ottimismo della volontà era figlio di una concezione del capitalismo principalmente relazionale che ha portato Mediolanum, fino a pochi anni fa, a partecipare all’ultimo tentativo di “salotto buono” del Paese, in Mediobanca. Ovvero all’apoteosi di quel rapporto diretto tra grandi famiglie, potere e finanza che, paradossalmente, era all’antitesi del rapporto disintermediato alla base della fortuna di Doris. Il quale da uomo di potere fu molto più conservatore di quanto seppe essere, da innovatore, in ambito operativo. Una parabola, la sua, che ricorda molto quella del suo amico e socio storico, Berlusconi. La cui “fiamma” innovativa ha prodotto risultati maggiormente nella cultura del “fare” dell’impresa, piuttosto che nella gestione di rapporti di potere e questioni politiche.