Se il museo degli orrori cinematografici è una terrificante landa che non avete il coraggio di percorrere in lungo e in largo, tendete una mano ad Andrea Guaia, ché tutti i film di cui scrive in “Cinema degli eccessi. I 100 film più estremi della storia del cinema” (Eris) se li è visti e rivisti (ne siamo certi) e goduti (qui vacilliamo un po’), e ora li ha analizzati per erudirvi, mettervi a disagio e, episodicamente, farvi sentire dei fo**uti conigli. È uno serio, Guaia. Non si è preso la bellezza di 486 pagine per la sola gioia di esibire uno stomaco forte. E neppure per affondare in un monocromatico abisso dove abita un unico genere. No, si è preso il suo (tanto) tempo per immaginare una storia del cinema diversa, per unire punti lontanissimi che, via via – di connessione in connessione – sono andati a formare l’immagine dell’orrore in senso lato. Dello choc. Per questo, fra le pagine di “Cinema degli eccessi” troverete Joe D’Amato e Lars Von Trier, il cinema cannibalico e la Troma, “L’esorcista” e “A Serbian movie”, Pier Paolo Pasolini e “Tokyo gore police”, i classici (“Arancia meccanica”) e i reietti (“Mamilos em chamas” di Gurcius Gewdner).
“Non è importante che un’opera cinematografica sia eccessivamente violenta, drammatica, immorale. L’aspetto fondamentale è che sia eccessivamente”, scrive Guaia in apertura per chiarire subito una questione: qui si parla anche di Stanley Kubrick e del Michael Haneke del doppio “Funny games”, di due esteti, ma l’intera questione degli eccessi, per Guaia, non è quasi mai un mero fatto formale. Ergo, eccessivo è chi prova a versare secchiate di sangue su un pubblico troppo abituato all’anestesia dei blockbuster delle multisala? Anche. Tuttavia, “quando siamo di fronte a un film estremo, esattamente come negli altri film, accogliamo l’espressione di un’altra percezione nel nostro esistere, ma va da sé come il contenuto, data la sua natura, irrompa di forza nel nostro essere, più che essere accolto, Questo, ontologicamente, è il brivido del Cinema degli Eccessi, farsi distruggere dall’espressione di un’altra percezione”. Non si tratta quindi solo di entrare nella narrazione filmica con la dolcezza di un Leatherface, bensì di pensare al pubblico come a un organo vivente da stimolare ben oltre la norma. Anche qui, è solo una questione di occhi? Certo che gli occhi c’entrano – dopo tutto siamo in poltrona davanti a un grande schermo o davanti a un piccolo schermo a cui stiamo chiedendo di farsi grande e inghiottirci –, ma qui si torna a vecchi e frusti dibattiti: guardiamo prima con gli occhi o con la mente? Con gli occhi o con la nostra esperienza?
Un tomo che è cosparso di sangue, liquidi di ogni tipo, marciume assortito, insopportabile maleducazione. Ma anche di lame, violenza (tanta: gratuita o a pagamento che sia). Delirio ed estasi. Un tomo di cui andrebbero fieri i Cannibal Corpse, per dire, o chiunque abbia creduto che l’eccesso trattenga nel suo sporco ventre un’aurea verità. Per ogni film, una scheda. Le scene clou evidenziate. Poi ci sono gli approfondimenti tematici (“Mockumentary e found footage”, tra i tanti) e le interviste (Kim Ki-duk e John Waters, fra le tante). Una festa vietata, insomma, in cui a Srdjan Spasojevic, che praticamente apre il libro con “A Serbian film”, viene dedicato un altissimo tributo: “Grazie Srdjan per averci distrutto con questo film, probabilmente se sto scrivendo questo libro è proprio grazie a te”. Probabilmente anche noi che lo stiamo leggendo dobbiamo qualcosa a Spasojevic. Uno degli ultimi, in ordine cronologico, ad averci proposto le domande più scomode: perché fissi e ammiri l’orrore? Perché non distogli lo sguardo? Vuoi sentirti meno solo, forse? Perché ti piace farti destabilizzare? Per vedere agito ciò che talvolta hai immaginato di agire? O vuoi forse sentirti meglio? Pensando che chi si insozza di sangue una canotta bianca non ha nulla a che fare con te e il genere umano? Vuoi illuderti o lasciarti percorrere da un godimento colpevole, insomma? Vuoi imparare qualcosa che ti sfugge? O partecipare a un incubo prima che un incubo non annunciato ti faccia cucù in una notte interrotta e disperata? Insomma, che diavolo vuoi dall’orrore?