Sarebbe riduttivo definire Lawrence Osborne soltanto come “scrittore e giornalista”. Certo, Osborne è autore di nove romanzi di successo - in Italia tutti editi da Adelphi – e ha realizzato articoli e reportage per testate prestigiose come il New York Times e il New Yorker. Ma Osborne è molto altro. È un viaggiatore, un conoscitore del mondo e, soprattutto, un attento osservatore della realtà. La stessa realtà che ripropone nei suoi libri, dove intreccia le complesse vicende dei protagonisti ai luoghi in cui sono ambientate le trame. Abbiamo parlato con Osborne del suo ultimo libro, Java Road, dei suoi riferimenti culturali, di Oriente e Occidente e pure di Italia e di Giorgia Meloni: "È facile parlare di fascismo quando si ha un leader eletto. È ovviamente una contraddizione in termini". Anche perché, ci ha fatto notare: "Vivo vicino a Paesi che hanno un uomo solo al comando e campi di lavoro per schiavi. Voi non siete a questo punto". E ci ha spiegato perché, nell'epoca delle "orde di voyeurs di Tik Tok" non ha più senso viaggiare: "A meno che non si scrivano libri come Sylvain Tesson..."
Partiamo dal suo ultimo libro, Java Road, pubblicato in Italia da Adelphi. Cosa intende comunicare ai lettori con questo libro?
Per puro caso mi trovavo a Hong Kong durante le proteste del 2019. Mi è sembrato di vivere qualcosa di importante ma al tempo stesso difficile da descrivere o spiegare. La folla era immensa, l'atmosfera era davvero "cruda" e inquietante. Vedevo che i giornalisti non riuscivano completamente a cogliere il momento o a scrivere qualcosa di forte. Mi resi conto che solo un romanzo avrebbe potuto farlo, e che probabilmente ce ne sarebbero stati pochi.
Gli eventi presentati nel racconto si svolgono a Hong Kong, una città che lei ha visitato più volte e in diverse epoche storiche. Quanto è cambiata rispetto a circa 20 anni fa?
In qualche modo rimane sempre la stessa, ma negli ultimi 5 anni è cambiato molto di più che nei 20 precedenti. È diventata meno artistica, meno aperta, meno libera. Era una città portuale molto libera, di quelle che si vedono in tutto il mondo. Ora non è più così.
Per molti anni, e a causa della sua storia, Hong Kong - così come altre città asiatiche - ha rappresentato una sorta di trait d’union tra Oriente e Occidente. Secondo lei, questi due mondi sono davvero agli antipodi e quindi inconciliabili, o è possibile creare tra loro una fusione efficace?
Sono sempre stati fusi e sempre lo saranno, come due poli di una calamita. Inoltre, il mondo attuale è molto piccolo, quasi claustrofobico. Sempre più intercambiabile. I ristoranti sono gli stessi, le persone, internet, le ansie dei social media, i film sono gli stessi. Solo le letterature rimangono reciprocamente sconosciute!
Come vengono visti gli italiani e l'Italia da Hong Kong? Sono considerati solo come turisti o gli hongkonghesi parlano anche di politica italiana?
Non credo che sappiano nulla della politica italiana. Ecco un'altra cosa che non è intercambiabile: la politica locale. Ma conoscono il cibo e la moda italiana. Sono ossessionati da entrambi.
Molti dei suoi romanzi si svolgono in Asia. Cosa rappresenta per lei il continente asiatico e come è maturata questa decisione?
Vivo ancora a Bangkok e la amo ancora. Ormai mi sembra una vita normale. Non credo che esista un continente asiatico. È troppo grande, ci sono troppe culture. Posso parlare del Sud-Est asiatico, che è una regione per molti versi. Ma il significato che ha per me è complicato. Torno comunque spesso in Europa, e la maggior parte del mio lavoro si svolge negli Stati Uniti e in Giappone. Quindi non mi sento come un expat di vecchia data tagliato fuori dalla cultura d'origine. Mi sento legato a entrambe.
Il governo italiano del premier Giorgia Meloni sta cercando di stabilire relazioni con diversi Paesi, tra cui alcuni asiatici, tra i quali India a Giappone. Ritiene che sia uno sforzo che sta avendo successo o è solo un'operazione di facciata?
Non posso commentare questo aspetto perché non ne ho sentito parlare. Abbiamo solo sentito parlare del suo sostegno all’Ucraina, ma questo vale per la maggior parte dei leader europei.
In Italia, Giorgia Meloni è una politica che - a causa del suo passato e di quello di molti esponenti del suo partito - è accusata dai suoi detrattori di incarnare ancora una sorta di “fascismo nostalgico”. Queste polemiche stanno raggiungendo l'Asia?
Non esistono polemiche del genere nella coscienza pubblica. Ricordiamoci che la Thailandia è una dittatura militare e che i dittatori asiatici fanno sembrare la Meloni come Greta Thunberg. È facile parlare di "fascismo" quando si ha un leader eletto. È ovviamente una contraddizione in termini. Vivo a novanta minuti di volo da molti Paesi che hanno un uomo solo al comando e campi di lavoro per schiavi, e forse anche peggio. Lì, le persone scompaiono alle 3 del mattino e non vengono mai più viste. Voi non siete a questo punto.
Pensa anche lei che questo sia il “secolo asiatico” e che l'Occidente stia attraversando un lento declino? L'Italia può giocare un ruolo in questo nuovo “secolo asiatico” o siamo destinati ad aggrapparci al declino americano?
Personalmente, non credo a nessuna di queste narrazioni. Non vedo gli Stati Uniti, che hanno un'economia robusta rispetto al resto del mondo, come un Paese in declino. Il divario del Pil tra gli Stati Uniti e la Cina, inoltre, si sta allargando, non riducendo. È semmai il declino della Cina che mi preoccupa. Sta affrontando una catastrofe economica che pochi in Occidente stanno seguendo. I cinesi stanno anche affrontando una catastrofe demografica, mentre la popolazione degli Stati Uniti è in rapida crescita. Qui a Bangkok tutti sanno che il denaro del mercato nero sta uscendo dalla Cina prima che sia troppo tardi. Il mercato immobiliare cinese è crollato. Quindi, per molti versi, queste ipotesi sul declino americano e di "ascesa" asiatica sono del tutto errate. Molte persone saranno spiacevolmente sorprese se stanno sperando in questo. Per quanto riguarda l'Europa, la questione è diversa...
Perché gli occidentali sono attratti dall'esotismo e dai paradisi artificiali? Penso a Robert, il protagonista di Cacciatori nel buio, o a Lord Doyle ne La ballata del piccolo giocatore. Robert e Lord Doyle sono due dei tanti espatriati occidentali che “cacciano nel buio” cercando la felicità in un mondo che forse non riusciranno mai a comprendere appieno e che li trascina alla deriva...
In realtà credo che sia qualcosa di universale. Al giorno d’oggi ci sono molti giapponesi e coreani che rientrano in questa stessa categoria. Ma forse non hanno torto? Società diverse offrono diversi pro e contro, diversi cieli e inferni. Si tratta piuttosto di società fortemente industrializzate che stanno diventando sempre più claustrofobiche e prive di aria. E alla base di tutto c'è l'amore romantico o la sua terribile mancanza.
Dall'esotismo puro del sud-est asiatico alle grandi città ultra-consumistiche come Tokyo, Seoul e Singapore. Ritiene che stiano cambiando le destinazioni dei nuovi occidentali che intendono “cacciare nel buio”?
Certamente. Bangkok è ormai una città costosa e i “cacciatori del buio” si sono spostati nelle Filippine o in Cambogia. Ma anche lì troveranno città più costose di prima. Tuttavia, c'è complessità in questa idea di "ultra consumismo" che ha citato. Prendiamo Tokyo e Seoul: hanno culture profonde e raffinate, e ospitano al loro interno forti correnti anti-consumiste, soprattutto tra i giovani. Trovo Tokyo piuttosto rilassante rispetto alle frenesie turistiche di Parigi o Londra, o anche di Bangkok.
Esistono ancora i viaggiatori o, tra una storia su Instagram e un post su Facebook, siamo diventati tutti turisti di massa senza nemmeno renderci conto? Insomma, ha ancora senso viaggiare?
Credo che abbia poco senso, a meno che non si scrivano libri come Sylvain Tesson. Ogni luogo è sommerso da orde di voyeurs di Tik Tok. Io stesso vado in Mongolia perché un mio caro amico ha un lodge nel Gobi dove possiamo andare a cavallo e campeggiare all'aperto senza nessuno. Finché non arriveranno gli hollywoodiani... continuerò ad andarci ogni anno. È l'unico posto con queste caratteristiche a parte le Svalbard e la Papua Nuova Guinea!
Da quanto tempo non torna in Europa?
La mia madrina era a Fiesole e ho trascorso la mia adolescenza a Firenze. Dopo l'università ho vissuto lì e da allora ci vado di solito due volte l'anno. Quando scrivevo di vino, in maniera piuttosto assurda e molti anni fa, ero in Italia ogni mese per visitare le cantine più importanti. Per molti versi è la mia seconda casa, e lo è stata fin da quando ero molto giovane. È molto inglese, vero? Ora le mie case spirituali sono l'Italia e il Giappone.
Secondo lei l'Italia è razzista, visto che questo tema è spesso dibattuto nel nostro Paese?
Tutti i Paesi sono razzisti, e tanti altri Paesi sono molto più razzisti di voi. Si fidi di me. Nessun Paese asiatico, ad esempio, permetterebbe mai un'immigrazione su larga scala: è impensabile. In Thailandia non puoi ottenere la cittadinanza thailandese a meno che tu non sia geneticamente Thai o che tu non sia nato qui. Ci sono solo poche altre eccezioni.
Quali sono i suoi riferimenti culturali? O meglio ancora: quali sono le sue fonti di ispirazione e chi sono le persone che l’hanno ispirata nel corso della sua carriera professionale?
Suppongo che si segua sempre l'influenza delle persone che lavorano nella propria lingua, quindi per me si tratta di Daphne Du Maurier, Paul Bowles, Graham Greene, Patricia Highsmith, Lawrence Durrell, Raymond Chandler, del quale ho avuto l'onore di essere invitato a scrivere una sorta di romanzo di Chandler dalla Raymond Chandler Estate. Ma al di fuori dell'inglese, seguo con attenzione il cinema coreano e giapponese e penso che quella forma di narrazione abbia avuto una profonda influenza sul mio modo di pensare alle storie.
Qual è lo stato della letteratura in Occidente oggi?
È difficile generalizzare. Penso che sia per lo più mediocre: infiniti romanzi storici, fantasy, memorie… Ma non sono un grande lettore di libri contemporanei. Come il vino, mi piacciono i libri vecchi.
Oggi uno scrittore può guadagnarsi da vivere soltanto scrivendo?
Solo entrando nel mondo della televisione e del cinema. A meno di non essere JK Rowling, ovviamente.
Ci sono scrittori italiani che apprezza e legge?
Amo Ennio Flaiano, ancora non tradotto in inglese, le sceneggiature di Michelangelo Antonioni, magnifiche, amo Curzio Malaparte, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, come lui si scrive la prosa romanzesca, rileggo ogni anno Cocaina di Pittigrilli e mi fa ridere ogni volta. Non posso dire che le mie letture in italiano siano molto sistematiche. Tuttavia, ho studiato italiano medievale a Cambridge con Robin Kirkpatrick, oggi considerato il più grande traduttore di Dante in inglese, e abbiamo avuto un rapporto stretto che ha plasmato i miei gusti. Conservo ancora la mia copia di Cavalcanti di quel periodo.
Cosa bolle in pentola, ha già in programma l'uscita di un nuovo libro?
Ho un nuovo romanzo in pentola e la sceneggiatura di un film ambientato in Mongolia che è in fase di casting. Tre dei miei precedenti sono stati adattati e sono in pre-produzione, tra cui Ballata del piccolo giocatore, che sarà girato quest'estate a Macao.