Odio i moralisti, chi lo è, chi lo fa e odio il moralismo in genere. Sul caso Leonardo Apache La Russa ho letto tutti gli articoli e le opinioni pubblicate in questi giorni ma al di là dell'inchiesta giudiziaria prima e mediatica poi, al di là dei finti veri presunti complotti al governo, al di là del fatto che Apache sia il suo vero secondo nome, tre cose mi sento di dire su questa vicenda, da cittadino, da padre. Da chi, appunto, odia il moralismo. Uno, le droghe vanno legalizzate. Dietro chi spaccia nel 99 percento dei casi c'è la mafia, la camorra, la ndrina, la Sacra Corona Unita, la merda insomma. Certo, uno Stato che non riesce a ricostruire un quartiere (non dico una città) dopo un terremoto a distanza di 30 anni non è il massimo dell'affidabilità per gestire e strutturare la regolamentazione delle droghe in larga scala. E infatti ci becchiamo la merda. Che, va da sé, fa girare l'economia: soldi in nero, immigrazione, evasione, riciclaggio. L'Italia è una Repubblica fondata sulla criminalità. Altroché. Due: la presunta vittima del presunto stupro, stando alle analisi tossicologiche realizzate il giorno dopo, è stata trovata positiva alla cannabis, alle benzodiazepine (nel suo caso Xanax), alla cocaina e ha ammesso di aver bevuto due drink. Al netto della legalizzazione bisogna almeno educare all'assunzione di droghe. Informare i ragazzi, le ragazze, su che droghe farsi a seconda degli effetti che vogliono ottenere, quali sono i rischi (soprattutto mischiandole), e in particolare QUANDO assumerle, in che contesti. Basta ipocrisie. Abbiamo fatto campagne sull'alcol? Parlare di sesso fino a pochi anni fa era un tabù? Ecco, la maturità raggiunta in questi due campi la dobbiamo utilizzare per educare all'uso delle droghe.
Farsi è come andare a puttane: è sempre successo. Dai tempi dei tempi. Quindi bisogna far capire a chi si droga che, per esempio, poi non può guidare o andare in discoteca perché la sua serata potrebbe finire male. L'educazione va fatta nelle scuole, nelle case, ovunque sia possibile. Ministero dell'istruzione, dirigenti scolastici, genitori, se non ci pensa lo Stato pensateci da soli, affidatevi ai singoli. La comunicazione, quindi, non deve essere: non drogatevi (le pubblicità progresso tipo l'ultima con Roberto Mancini sono talmente brutte e sbagliate che fanno solo venire voglia di andare dal primo spacciatore là fuori), ma deve essere: se lo vuoi fare fallo però sappi che il diritto ad alterarsi non dovrà mai superare il dovere che ognuno di noi ha a preservare la propria sicurezza e quella degli altri. Tre, e qui chiudo: la cocaina è da sfigati. Di cocaina si fanno tutti e infatti oramai, in questa iperrealtà in cui viviamo, tutti hanno bisogno di un rafforzino per sentirsi più presenti a sé stessi, più lucidi, più svegli. Ma la cocaina è una droga che veniva data agli schiavi per aumentare la loro resistenza al lavoro nei campi. Questo ci deve far rendere conto della condizione nella quale ci siamo infilati: siamo tutti degli schiavi, spesso con i soldi, dediti al dogma della performance, del consumismo, del niente. Chi si fa di coca a me, in fondo in fondo, fa cagare. Per un sistema valoriale. Ne faccio un discorso valoriale sì, preferisco l'ozio, il benessere spirituale, la lucidità sana. Questo ci porta dritti dritti a un discorso molto più ampio, molto più profondo, molto più scivoloso: è la nostra società a essere marcia, i nostri modelli, i nostri riferimenti e le nostre aspirazioni pure sono marce. Siamo marci noi. E vicende come quelle di Leonardo Apache, indipendentemente dai reati e dalla colpevolezza, sono solo lo specchio o meglio, la naturale conseguenza, di un modello che nutriamo tutti i giorni.