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Non sarebbe il caso che ai medici insegnassero anche umanità ed empatia? Cronache horror dal pronto soccorso

  • di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

12 maggio 2023

Non sarebbe il caso che ai medici insegnassero anche umanità ed empatia? Cronache horror dal pronto soccorso
Cronaca di un'esperienza horror vissuta in pronto soccorso da un futuro medico: "Salvo il chirurgo, che ha mostrato comprensione per quello che stavo passando, mi hanno trattata come nemmeno una bestia che deve andare al macello. Fare il medico non è come fare un altro lavoro qualunque, ci dovrebbe essere quella vocazione, quella voglia di spaccarsi in due pur di aiutare il prossimo in difficoltà. Una caratteristica fondamentale e imprescindibile è l’empatia. Non sarebbe il caso di introdurre un certo tipo di formazione verso la futura classe medica? Non sarebbe il caso di far leva non solo sulla preparazione, ma anche sull’etica, sulla gentilezza, sulla capacità di immedesimarsi nel prossimo?"

di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

Il Sistema Sanitario Nazionale non versa nelle migliori condizioni, da anni oramai, e il Governo ora si trova a dover affrontare anche questa pesante eredità. Sono un futuro medico e parto dalla tragica esperienza che in prima persona ho vissuto qualche notte fa, quando purtroppo mi sono dovuta recare in pronto soccorso perché non respiravo più: purtroppo una compressa enorme (non una delle classiche, questa purtroppo era a scioglimento lento) si era messa per traverso ed era rimasta immobile all’imboccatura dell’esofago, che sia per manovre che mi sono state fatte che per la pastiglia stessa, è stato lesionato e infiammato, tanto da ricevere una prognosi di 7 giorni. Facevo fatica a parlare, non scendeva nemmeno l’acqua, che continuavano a dirmi di bere, insistendo, ma puntualmente non andava giù e la rigettavo, provocandomi ancora di più il senso di soffocamento.

Quella del medico è una professione stressante, ma...
Quella del medico è una professione stressante, ma...

Parto dal mio episodio non perché sia importante ciò che è successo a me, ma perché è rappresentativo della scarsa umanità dei medici e infermieri che mi sono trovata davanti. Salvo il chirurgo, che ha mostrato comprensione per quello che stavo passando, mi hanno trattata come nemmeno una bestia che deve andare al macello merita. Mi soffermo sul concetto di umanità che i medici, tutti, nessuno escluso, dovrebbero avere. Fare il medico non è come fare un altro lavoro qualunque, ci dovrebbe, e sottolineo dovrebbe, essere quella vocazione, quella voglia di spaccarsi in due pur di aiutare il prossimo in difficoltà, di qualunque ceto sociale si parli, di qualunque fascia di reddito, famosi o non famosi. La cronaca purtroppo ci racconta anche un altro aspetto, molto sottolineato dal professor Matteo Bassetti, che denuncia sempre quanto i medici vengano vessati, le aggressioni che devono subire e che in alcuni casi portano anche, come successo di recente, alla morte di un medico che stava solo facendo il suo lavoro. Non bisogna mai generalizzare, in nessun caso, ma credo risulti oramai evidente che c’è un “fuggi fuggi” dagli ospedali italiani, per i turni massacranti, per la retribuzione ridicola che percepiscono i medici ospedalieri rispetto alla fatica e al percorso che hanno fatto, per i rischi che corrono non solo da un punto di vista fisico ma anche legale. Vorrei che finalmente si puntasse il faro, enorme, senza sosta su questi temi, ricordando però una caratteristica fondamentale, imprescindibile per un medico: l’empatia, qualcosa che non impari sui libri, con cui forse nasci, ma che, vuoi o non vuoi, se desideri fare questo lavoro devi avere.

The Good Doctor... ma non sempre è così
The Good Doctor... ma non sempre è così

Quello che è capitato a me poteva capitare a chiunque, anzi, capita a tantissime persone, e ho ricevuto una marea di testimonianze dopo che ho raccontato brevemente l’esperienza che ho avuto. Messaggi che raccontano una sofferenza indicibile, in casi molto ma molto seri e gravi. Fare il medico non è un obbligo, non lo prescrive nessuno, ma dovrebbe essere un pilastro fondante di questa professione la capacità di interfacciarsi in modo comprensivo verso chi si ha di fronte. Ho incontrato nel mio lungo percorso terapeutico medici straordinari, che hanno saputo comprendere anche tutte le mie paure, ma altre volte, come quest’ultima, non ho trovato il minimo barlume di vicinanza, di empatia. Allora mi chiedo, non sarebbe forse il caso di introdurre un certo tipo di formazione verso la futura classe medica? Non sarebbe il caso di far leva non solo sulla preparazione ma anche sull’etica, sulla gentilezza, sulla capacità di immedesimarsi (mantenendo comunque il proprio ruolo) nel prossimo? Ciò di cui i pazienti spesso hanno bisogno è di qualche risposta, quando si ritrovano ad avere sintomi che non sanno cosa siano, quando si trovano in balia della solitudine di un’astanteria, quando sono buttati su una barella senza poter parlare nemmeno con un familiare. I medici, quelli veri, anche solo con uno sguardo, con una piccola parola di conforto, sanno come e cosa devono fare. L’aspetto umano non deve e non dovrà mai essere meno importante di quello medico, chirurgico, clinico. Riflettiamo tutti, uniamoci, non facciamo una battaglia generalizzata sulla classe medica perché sarebbe sbagliato, ma raccontiamo le nostre esperienze, affinché, se qualcuno di noi ci è passato, non ricapiti al prossimo. I medici vanno tutelati, sotto tanti punti di vista, ma di tutela hanno bisogno anche i pazienti.

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