Voli cancellati per sciopero, biglietti da rimborsare, ritardi mostruosi, coincidenze andate in fumo, attese bibliche al check-in. Farsi il segno della croce, se credenti, o affidarsi alla generica speranza, che è l’ultima a morire: questo è lo stato d’animo medio del viaggiatore che ha prenotato un aereo nell’estate 2022. Le previsioni sono da tregenda: a rischio 140 mila tratte a luglio e agosto in Europa, con una spada di damocle sulla testa di 1,8 milioni di passeggeri. È l’effetto immediato dell’overbooking che, dopo due anni di semi-deserto dovuto alla pandemia, ha travolto le compagnie, in particolare le low cost (Ryanair, Easyjet, Volotea, Wizzair). In Germania la Lufthansa ha annunciato la cancellazione di oltre 2 mila voli, in Svezia i dipendenti della Sas sono sul piede di guerra, in Spagna incroceranno le braccia in tre blocchi (dal 12 al 15, dal 18 al 21 e dal 25 al 28). In Italia domenica 17 luglio i piloti e gli assistenti di volo di Ryanair si fermeranno un’altra volta. Sempre il 17, nel nostro Paese la Cub ha indetto quattro ore di sciopero, dalle 14 alle 18, per tutto il personale aeroportuale. Senza contare lo stop generale agli straordinari per l’intero comparto fino al 29 luglio. Ma il caos di questi giorni è solo la punta dell’iceberg: il settore dei viaggi in aereo a basso prezzo sta subendo una crisi che va oltre le cause della fase in corso, preannunciando una trasformazione che adombra la fine stessa del mercato low cost così come lo abbiamo conosciuto negli ultimi vent’anni.
Effetto overbooking
L’attuale situazione critica è dovuta a tre fattori, secondo l’Ente Nazionale Aviazione Civile (Enac): gli scioperi per le condizioni salariali e i carichi di lavoro, i casi di Covid 19 nel personale per le varianti in circolazione, e l’effetto-collo di bottiglia generato da una domanda prepotentemente incrementatasi negli ultimi mesi, dopo i due anni di restrizioni anti-contagio. Compagnie e aeroporti hanno proceduto nello scorso biennio a tagli dei posti di lavoro che non sono stati ripristinati, trovandosi ora a fronteggiare un’impennata divenuta ingestibile. A mancare all’appello sono piloti, steward, hostess, controllori di voli, operatori aeroportuali. In Europa va anche peggio che in Italia, dove cassa integrazione e 800 milioni di aiuti con la legge di bilancio 2020 hanno tamponato l’emergenza. A Bruxelles, per esempio, lo scorso 20 giugno l’intero scalo ha dovuto chiudere per carenza di organico, mentre a Parigi l’insufficiente numero di addetti al ritiro bagagli ha fatto ammassare 7 mila valigie. L’accusa mossa alle aziende aeree è di aver fatto overbooking per fare cassa, non avendo proceduto a reclutare neo-occupati in tempo per una serie di motivazioni: la scure sui costi, con licenziamenti a raffica e pensionamenti anticipati; lo svuotamento delle scuole di formazione del personale viaggiante; e, non meno importanti, i non pochi casi di dipendenti delle low cost che hanno sfruttato la repentina richiesta di forza-lavoro per passare alla concorrenza, in modo da agguantare livelli retributivi maggiori in proporzione agli orari. In Inghilterra, dove il tracollo è stato più pesante, si inserisce anche la difficoltà di reperire professionisti non inglesi, dopo l’uscita dall’Unione Europa con la Brexit.
Cambiamenti strutturali
Non essendo fattibile colmare il gap fra domanda e offerta di lavoratori anche nel personale a terra, è evidente che la tempesta avrà strascichi oltre il periodo estivo. Tuttavia, su questo aspetto le associazioni di consumatori si sentono di rassicurare, almeno in parte, i viaggiatori: con il normale ritorno al lavoro e la riapertura delle scuole, in autunno la pressione dovrebbe allentarsi. Non però sul fronte dei prezzi: già oggi, il biglietto medio è aumentato anche del 120%. Ed è qui che si affaccia la novità di medio-lungo periodo: come ha detto in una recente intervista al Financial Times l’amministratore delegato dell’irlandese Ryanair, Micheal O’ Leary, la clientela dovrà abituarsi a pagare di più a parità di servizio (non sempre eccellente), stimando in un forse troppo prudente 20% il segno più sull’acquisto medio di un volo. Le cause, in questo caso non contingenti ma strutturali, sarebbero il rialzo del costo del carburante, a quanto pare non destinato a tornare a soglie molto più basse di oggi, e le nuove regolamentazioni, già avviate o previste, in materia di tutela ambientale contro il climate change. A cui va aggiunto, per soprammercato, l’andamento dell’inflazione. A ogni buon conto, è intanto caduta una testa ai vertici del business che sarà pure low nei costi, ma non nei profitti: Peter Bellow, chief operating officer di Easyjet, ha rassegnato le dimissioni in data 4 luglio, dopo il crollo delle quotazioni in Borsa nei giorni precedenti.
Ritorno (parziale) al passato
Cosa deve fare il malcapitato passeggero che si vede cancellare all’ultimo momento la partenza? Secondo il Codacons, in ambito europeo si applicano le norme del Regolamento UE 261, che prevede il diritto di essere riaccomodati in un altro volo (con spese di trasferimento, vitto e alloggio a carico della compagnia se il nuovo imbarco è in un aeroporto diverso da quello prenotato) o in alternativa di richiedere il rimborso pieno, nonché il risarcimento del danno da 250 a 600 euro, a seconda della lunghezza della tratta, se l’avviso di annullamento sia avvenuto meno di 2 settimane prima del decollo, oppure in caso di ritardo superiore a 3 ore. In Italia può essere utile consultare il sito dell’Enac, che fornisce informazioni a tutto campo. Nel frattempo, onde evitare di passare giornate intere in balia dell’incertezza, gli italiani si stanno già orientando sul turismo di prossimità, praticato in auto o in treno, tornando perfino ad avvalersi della consulenza delle agenzie di viaggio, decadute nell’ultimo ventennio di tragitti fai-da-te. Un inequivocabile segnale che l’era low cost, se non proprio al termine, potrebbe subire nel prossimo futuro una significativa battuta d’arresto.