Lollobrigida ha parlato del rischio di “sostituzione etnica” per via del fenomeno delle migrazioni dall’Africa? Per Mario Natangelo (Nat) il modo migliore di criticarlo è scherzare sul rischio di “sostituzione etnica” nel letto della moglie, Arianna Meloni, sorella dell’amata Premier (amata davvero, persino da alcuni giornali oltreoceano). Neanche a dirlo, pioggia di critiche. Matteo Renzi, Carlo Calenda, Augusta Montaruli, la stessa Giorgia Meloni. Una vignetta volgare, offensiva, misogina, contro le donne, che prende di mira un’innocente (la moglie). A difenderla un altro autore storico di vignette satiriche, Vauro, che ormai nei giudizi sul tema sembra essere più isolato. Oggi il Fatto esce con uno speciale di 4 pagine, Je suis Nat, a favore del vignettista di cui hanno ospitato il disegno incriminato. Ma chi è Mario Natangelo che sta facendo impazzire il governo Meloni?
Chi è Mario Natangelo?
Classe 1985 per un soffio (nasce a dicembre), di Napoli. Qualche anno di carriera ce l’ha. Inizia a lavorare come giornalista professionista nel 2007 per L’Unità, ma tempo due anni e cambierà casacca a favore della neonata testata di Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano (che lo ospiterà fin dal primo numero uscito in edicola). Sempre nel 2009 inizierà a collaborare con Smemoranda, e per molto tempo lo avreste potuto trovare tra le pagine di Linus. Deve laurearsi in Giurisprudenza (“mi mancano tre esami alla Federico II di Napoli”) ma nel frattempo di riconoscimenti ne ha ottenuti un bel po’. Tra i tanti, il 40° Premio per la satira politica di Forte dei Marmi. Ha collaborato con tantissime riviste, tra cui Tempi, con cui i rapporti saranno sfortunati (inizierà nel 2017 e dopo soli due mesi chiuderà i rapporti per via delle divergenze con l’editore e per la mancata pubblicazione di una sua vignetta). Credete non faccia ridere? Leggetevi il suo Pensavo fosse amore invece era Matteo Renzi. Comunque di problemi come quello che sta vivendo ora ne ha avuti un bel po’. Tanto da avere abbastanza materiale per chiudere, nel 2021, un libro: I peggio stronzi - La mia guerra quotidiana tra satira, giornalismo e politica (Piemme).
Lo stile
Per il direttore di Charlie Hebdo Gérard Biard ha detto che loro la vignetta l’avrebbero disegnata persino senza lenzuola, ma di certo non si può dire che anche Natangelo ci sia andato leggero. Dopo le polemiche è intervenuto ad Accordi e disaccordi ed è stato molto chiaro: “La polemica serve a coprire la vergogna di un ministro che parla di sostituzione etnica” ma, per “mettere a tacere” (ovviamente no, il fine è opposto) altre critiche ha comunque scelto di pubblicare una “vignetta riparatoria” in cui la moglie dice: “Mah! Preferisco la vignetta di prima”. Lo stile corrosivo e al vetriolo di Natangelo è ben noto e in più di un’occasione si è posizionato sulla stessa lunghezza d’onda di Charlie Hebdo, di cui “tradusse” una vignetta su Amatrice all’indomani del terremoto del 2016. A ricordarlo è Il Giornale, che mette in fila alcuni presunti sfondoni del vignettista. Come nel caso in cui, dopo la frana a Casamicciola Terme, Nato disegnò una scenetta in cui la morte diceva di essere andata a Ischia “per i fanghi come sempre”. Al netto dei giudizi di valore (e del Giornale), lo stile e il black humor hanno sempre fatto storcere il naso ai più. Si tratta di un tipo di satira dai toni forti, che non fa sconti a nessuno e che spesso sembra non arrivare al cuore della questione. Ma dove sta scritto che la satira debba sempre toccare dei temi alti e non possa semplicemente mettere a nudo la debolezza del pensiero (o della persona) che si attacca? Che poi, alla fine, il discorso non è solo questo. A parlare della sua storia di vignettista è proprio Natangelo: “Io vengo da Scampia, papà impiegato e mamma casalinga, botte per strada, degrado urbano e sociale. E da lì ho imparato – come scrivo nel libro – che se guardi bene trovi sempre qualcosa di divertente. Disegnavo vignette già al liceo sul giornalino d'istituto e venivo convocato in presidenza, dove mi facevano il culo. Poi dopo qualche anno di pausa in cui – mi vergogno a dirlo – ho pubblicato degli orribili racconti su varie antologie, ho ripreso la matita per un inserto satirico de L'Unità. Fino a quel momento disegnare era una roba che facevo nel tempo libero. Il gioco si è fatto serio quando nel 2009 è nato Il Fatto Quotidiano e ho capito che a 23 anni avrei potuto mantenermi disegnando. Una roba che ancora oggi non mi pare possibile”.
Chiunque critichi rischia di perdersi un punto fondamentale. Nelle parole di Natangelo, rilasciate per Lo Spazio Bianco durante un’intervista: “Non ci sono limiti, non siamo in dittatura”. Per vedere se una satira ha successo, delle volte, bisogna vedere chi la critica. Nel caso della vignetta di Natangelo gli improperi sono arrivati da destra, centro a sinistra, a dimostrare del buon lavoro del vignettista: “Questa non-adesione ideologica mi consente di criticare a 360°, senza guardare in faccia a nessuno”. Ad averlo “promosso” è un autore apparentemente lontanissimo da lui, Pietrangelo Buttafuoco: “Questa non è risata, è letteratura. A forza di lamentarci dell’assenza di un nuovo Ennio Flaiano dimentichiamo che, al tempo, nessuno poteva accorgersene di averlo un Flaiano”.