Filippo Turetta, in primo grado, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, commesso l’11 novembre del 2023, a stabilirlo la Corte d’Assise di Venezia. Turetta era accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione e crudeltà, sequestro di persona, occultamento di cadavere e stalking. I giudici, pur riconoscendo la premeditazione del delitto, hanno escluso dalla sentenza le aggravanti di crudeltà e atti persecutori, suscitando molto sgomento e disapprovazione nell’opinione pubblica, considerando il grado di efferatezza del reato: più di 70 coltellate. È stato disposto poi un risarcimento alla famiglia di Giulia: 500mila euro al padre Gino Cecchettin, 100mila ciascuno ai fratelli Elena e Davide, 30mila ciascuno alla nonna e allo zio. Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 90 giorni. Noi di MOW abbiamo intervistato l’avvocato Laura Sgrò, che ci ha spiegato come mai, giuridicamente parlando, sia caduto l’aggravante delle persecuzione e se Turetta realmente trascorrerà trent’anni in carcere: “Potrà accedere ai “benefici penitenziari”, cioè permessi premio, semi libertà e liberazione anticipata. Turetta ha appena ventidue anni. Quando avrà poco più di quaranta anni, starà finendo di scontare la sua pena". E sulla possibilità che sia davvero in grado di risarcire la famiglia di Giulia: “Con quali risorse Filippo dovrebbe fare fronte a questo esborso? Reputo assai improbabile che le parti civili ricevano realmente un ristoro economico”.
Come mai, secondo lei, il giudice ha ritenuto di dover far decadere le aggravanti della crudeltà e dello stalking?
Intanto bisognerà attendere le motivazioni della sentenza per capire meglio il contenuto delle scelte della Corte d’Assise. Io mi sono fatta un’idea per quanto riguarda l’aggravante degli atti persecutori, faccio fatica a comprendere l’esclusione dell’aggravante della crudeltà. Gli atti persecutori si concretizzano quando chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La norma, pertanto, prevede che la persona che subisce atti persecutori – in questo caso la povera Giulia - debba vivere in un perdurante stato di ansia, di paura o avere un fondato timore per quanto attiene la propria incolumità a causa della condotta molesta o minacciosa altrui, oppure tale comportamenti debbono costringere la vittima a modificare le proprie abitudini di vita. Credo che la Corte d’Assise abbia considerato, nell’escludere l’aggravante, il fatto che ci sia stata comunque una continuità di rapporto tra Giulia Cecchettin e Filippo Turetta, che dimostrerebbe che Giulia non aveva paura di lui, elemento su cui si è soffermato a lungo il difensore del Turetta. Anche il giorno che è stata uccisa, Giulia era uscita volontariamente con Filippo, per andare a fare shopping e mangiare insieme. Certo, Turetta era molesto, ci sono agli atti un numero impressionante di messaggi e di vocali suoi che sono chiaramente indicativi del comportamento del giovane, ma tali comportamenti, probabilmente ad avviso dei giudici, non avevano né ingenerato timore in Giulia né le aveva fatto cambiare abitudini di vita. La Corte d'Assise dovrà spiegare perché non ha dato peso ai messaggi in cui Giulia scrive al suo assassino che ha paura di lui.
Invece l’aggravante della crudeltà?
Per quanto riguarda la crudeltà io reputo che Turetta abbia agito con crudeltà e non concordo con la Corte d'Assise. L’aggravante della crudeltà prevede che alla vittima siano inflitte sofferenze ulteriori e, purtroppo, nell’omicidio di Giulia questo è avvenuto. L’omicidio non è stato immediato, Turetta ha continuato a infierire sulla vittima anche quando non era più cosciente. Le coltellate sono state moltissime. Non so spiegare come tutto questo non possa essere considerato crudeltà. Quando Giulia è stata riposta nella bara aveva le mani fasciate, evidentemente aveva tutta una serie di lesioni sulle mani da difesa. Quindi Filippo ha continuato a infierire su di lei mentre Giulia con le mani alzate provava a proteggersi. Il suo corpo è stato offeso oltre quello che era necessario per ucciderla. Il numero stesso delle coltellate costituisce, a mio avviso, quella sofferenza ulteriore che determina l’aggravante. Non comprendo, perciò, come possa avere ragionato la Corte d'Assise.
Con la caduta di queste due aggravanti c'è per Turetta la possibilità di avere degli sconti durante il processo in appello?
No, perché è stata comunque riconosciuta la premeditazione, in ogni caso credo che la Procura chiederà in appello il riconoscimento delle aggravanti. Difficilmente ci saranno modifiche di pena, è più plausibile che in appello vengano riconosciute le aggravanti adesso non riconosciute. Va tenuto conto che è stato un delitto efferatissimo nei confronti di una giovane che ha scosso le coscienze di tantissime persone. Distaccarsi dalla sentenza dell'ergastolo credo che sia assai difficile.
Però per Turetta ci saranno comunque possibilità di ottenere sconti di pena?
Certo, l’ergastolo non è il carcere a vita. Quindi tra dieci anni potrebbe già cominciare, in caso di buona condotta, a godere dei benefici di legge. Diciamoci la verità, questo ragazzo, subito dopo i 40 anni potrà riprendersi la sua vita integralmente, mentre Giulia è morta. Quindi è chiaro che questo lascia un forte malanimo nelle persone che si sono immedesimate in qualche modo in questa storia terribile. Perché la vita di Giulia se ne è andata, invece se questo ragazzo vorrà impegnarsi in un futuro, avrà ancora la possibilità di un'altra vita. Perché quando sarà libero, avrà ancora metà della sua vita davanti. Potrà ricostruirsi un futuro, pensare di farsi una famiglia, lavorare e impegnarsi nel sociale. Potrà fare quello che gli pare, perché sarà un uomo libero che ha scontato la sua pena. Giulia invece non c'è e non ci sarà più.
È certo che Filippo Turetta non trascorrerà 30 anni in carcere?
Assolutamente. Perché già dopo dieci anni si può iniziare ad avere dei benefici di legge. Potrà accedere ai c.d. “benefici penitenziari”, cioè permessi premio, semi libertà e liberazione anticipata. Turetta ha appena ventidue anni. Quando avrà poco più di quaranta anni, starà finendo di scontare la sua pena.
Invece, per quanto riguarda il risarcimento, sono poche le possibilità che la famiglia di Giulia Cecchettin riceva le somme disposte come rimborso dal giudice?
La responsabilità penale è personale, quindi anche il risarcimento che ne consegue è di natura personale. Parliamo di circa 700 mila euro (500mila al padre di Giulia, 100mila sia al fratello che la sorella e 30mila ciascuno alla nonna e lo zio), poi c'è tutto il pagamento delle spese processuali che sono a carico suo. Ma con quali risorse Turetta dovrebbe fare fronte a questo esborso? Reputo assai improbabile che le parti civili ricevano realmente un ristoro economico.
E sui difensori di Filippo Turetta?
Vorrei spezzare una lancia in loro favore, perché sono stati male apostrofati e ingiustamente. La difesa è un diritto costituzionalmente garantito. Appartiene al diritto naturale il fatto di potere scegliere un difensore di fiducia. I colleghi hanno fatto esattamente il loro lavoro e lo hanno fatto con massimo rispetto, perché hanno consentito che questo dibattimento si svolgesse nel modo più rapido possibile. Non hanno chiesto perizie e non hanno perso tempo. Teniamo conto di una cosa, che Giulia è morta da un anno e già abbiamo una sentenza di primo grado, e questo non sarebbe mai avvenuto senza la collaborazione dei difensori di Turetta. Hanno consentito che confluissero nel dibattimento gli atti acquisiti durante le indagini preliminari. Ma che dovevano fare? Turetta è un assassino, ma come tutte le persone di questo mondo ha diritto a essere difeso. Appartiene, poi, al foro interno di ciascun professionista decidere se difendere una persona oppure no. Gli avvocati di Turetta andavano incontro non solo ad un caso molto difficile da trattare per loro, in cui si discuteva sull'applicazione delle aggravanti oppure no, perché Turetta era già reo confesso, ma con un'opinione di pubblica che era fortissimamente schierata contro. Le condizioni in cui hanno lavorato i colleghi sono state molto difficili. L’ergastolo, a mio avviso, è una pena giusta, ma una cosa sono le aule di tribunale e le leggi che ivi si applicano, altra è il sentimento che accompagna delitti così efferati.