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Omicidio Chiara Poggi, BASTA CAZ*ATE IL RITO ABBREVIATO NON LO SCELGONO I COLPEVOLI: salvò Stasi dal clamore mediatico, ma se le udienze fossero state pubbliche forse sapremmo davvero cos’è successo nella villetta di Garlasco…

  • di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

  • Foto di: ANSA

14 agosto 2025

Omicidio Chiara Poggi, BASTA CAZ*ATE IL RITO ABBREVIATO NON LO SCELGONO I COLPEVOLI: salvò Stasi dal clamore mediatico, ma se le udienze fossero state pubbliche forse sapremmo davvero cos’è successo nella villetta di Garlasco…
Sul settimanale Giallo, la YouTuber Bugalalla smonta uno dei luoghi comuni più duri a morire: “chi sceglie il rito abbreviato è colpevole”. Falso. Il caso di Alberto Stasi lo dimostra: la difesa lo scelse convinta che le prove dell'accusa fossero deboli. Lo stesso giudice Vitelli, infatti, dispose un'integrazione probatoria con quattro nuove perizie, fatto raro che segnalava gravi lacune investigative. Il rito abbreviato, oltre che strategico, servì anche a proteggere Stasi dal clamore mediatico. Ma forse, se le udienze fossero state pubbliche, oggi il Paese saprebbe davvero com’è andata...

Foto di: ANSA

di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

“Se scegli il rito abbreviato, allora sei colpevole”. Una delle fake news più resistenti nel tempo, soprattutto quando si parla di cronaca nera. A smontarla è la YouTuber Bugalalla in un approfondimento pubblicato dal settimanale Giallo, diretto da Albina Perri. E lo fa con un caso che ha spaccato l’opinione pubblica: quello di Alberto Stasi. Stasi scelse il rito abbreviato e fu assolto in due gradi di giudizio. Solo dopo, con l’Appello bis e la Cassazione, arrivò nel 2015 la condanna a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Ma facciamo un passo indietro: che cos’è davvero il rito abbreviato? È una forma di giudizio alternativo, più rapido e meno costoso, che si basa solo sugli atti dell’indagine preliminare. Niente testimoni, niente consulenti, niente aula piena. Se arriva la condanna, c’è però uno sconto di pena pari a un terzo. Chi lo sceglie lo fa, in genere, per due motivi. O perché sa già che verrà condannato e cerca una riduzione di pena. Oppure, al contrario, perché ritiene che le prove raccolte dall’accusa non reggeranno in aula. È questo, secondo Bugalalla su Giallo, ciò che accadde nel caso di Stasi.

giallo
La copertina del settimanale Giallo Ansa

All’epoca, la difesa analizzò gli atti e decise per il rito abbreviato proprio perché convinta che l’impianto accusatorio fosse debole. A rafforzare quella convinzione ci fu anche una mossa piuttosto rara da parte del giudice Stefano Vitelli: una integrazione probatoria disposta d’ufficio, con ben quattro nuove perizie. Una cosa che non capita quasi mai, e che evidenziava tutte le lacune delle indagini condotte dalla Procura. C’è poi un’altra motivazione possibile, che ha poco a che fare con le strategie processuali: tenersi lontani dal circo mediatico. Il rito abbreviato si svolge a porte chiuse, senza pubblico, senza telecamere, lontano dal clamore. Nel caso di Stasi, fu anche una scelta di tutela, viste le dimensioni mediatiche del caso. Eppure, osserva oggi Bugalalla su Giallo, forse sarebbe stato meglio il contrario: con le telecamere accese, il Paese avrebbe potuto vedere con i propri occhi come si arrivò a quella condanna. Con quali prove. Con quali mancanze.

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Giada Bocellari, legale di Alberto Stasi
https://mowmag.com/?nl=1

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  • Cronaca nera
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