Riforma o non riforma, politicizzazione o meno di una presa d’atto, la certezza è una: la Giustizia in Italia, soprattutto per quanto riguarda l’indagine e il processo penale, ha falle che fanno a cazzotti con il buon senso. Uno dei casi più clamorosi, di cui tra l’altro si sta tornando a parlare in questi giorni in seguito a alcune dichiarazioni di un magistrato che si occupò del caso, è la morte di Meredith Kercher a Perugia. Perché lo stato attuale di quel processo, a oggi, è paradossale: c’è un condannato, Rudy Guede, per l’omicidio della ragazza inglese che, secondo la stessa sentenza di condanna, avrebbe agito in concorso con due innocenti: Raffaele Sollecito e Amanda Knox.
No, non è uno scherzo e nemmeno un errore di scrittura e il motivo di questa follia – che però è tristemente reale – sta proprio in una delle falle del processo penale. Guede, ai tempi, scelse di sottoporsi a giudizio con il rito abbreviato, mentre gli altri due – forti anche di una forza economica e mediatica differente – scelsero di seguire l’iter del processo ordinario. In estrema sintesi: indagini congelate nel primo caso, con il giudizio che arriva (in cambio di una eventuale pena ridotta di un terzo) sulla base di quanto già raccolto, mentre indagini che possono in qualche modo andare avanti, anche con nuovi accertamenti e consulenze, nel secondo caso. Risultato? Guede condannato per omicidio in concorso. E Amanda Knox e Raffaele Sollecito, invece, assolti dall’accusa di omicidio in concorso. Roba, insomma, che fa ridere solo a dirla.
Il problema, però, è che adesso si sta seriamente rischiando di fare il bis. Tra l’altro nel più mediatico dei casi di cronaca nera degli ultimi venti anni: l’omicidio di Chiara Poggi. Nella confusione di una doppia indagine – quella portata avanti dalla Procura di Pavia per capire chi ha ucciso Chiara e quella portata avanti dalla Procura di Brescia per accertare la corruzione (qui raccontiamo tutto) – e, soprattutto, nel caos di continue trasmissioni tv e news buttate là con aggiornamenti quotidiani, ci si sta dimenticando di un punto di partenza: Andrea Sempio è attualmente indagato per l’omicidio di Chiara Poggi in concorso. Ma in concorso con chi, se l’intera indagine su Sempio è fondata su accertamenti e consulenze che scagionerebbero automaticamente Alberto Stasi, da dieci anni in carcere (con una condanna a sedici dopo due assoluzioni) proprio per quell’omicidio?
E’, al di là della morbosità con cui da anni si sta seguendo il caso, la domanda che bisognerebbe farsi sia su un piano generale, visto il buco del sistema giustizia, sia su un piano specifico, visto che Sempio e Stasi non hanno mai avuto rapporti o legami e l’orario della morte di Chiara che incastrerebbe uno scagionerebbe l’altro, sia sul piano dei sospetti, visto che comunque quel “in concorso” ha un peso che non può essere ignorato. A meno che, proprio come accaduto con l’omicidio Kercher, vogliamo sostenere sin dal principio (quindi in maniera ancora più grave rispetto all’omicidio Kercher) che può esistere un assassino che agisce in concorso con un innocente? Oppure, e fa quasi male, dopo tanto parlare, doverne prendere atto così, continua a esserci qualcosa di volutamente non detto o, peggio ancora, volutamente non indagato. E quel qualcosa potrebbe essere, purtroppo, qualcuno che proprio non si può toccare. Altrimenti sul registro di una indagine per un omicidio in concorso è decisamente strano che, dopo tanti mesi, compaia un nome solo.