Toh che sorpresa: il babbo di Andrea Sempio è indagato nell’inchiesta per corruzione avviata ormai mesi fa dalla Procura della Repubblica di Brescia (che ora vorrebbe assorbire, non s’è capito sulla base di quale principio, anche quella per omicidio che contestualmente sta portando avanti la Procura di Pavia). E’ la notizia del giorno, ma il problema – sia perdonato il cinismo quasi becero - è che non è una notizia. Perché in quell’inchiesta per corruzione c’è già un indagato nel ruolo di corrotto, il magistrato Venditti, e era chiaro come il sole già dal giorno zero che sul registro sarebbero finiti i nomi anche dei presunti corruttori. Roba, insomma, a cui si arriva anche con il semplice buon senso.
 
        
    
    
Il famoso bigliettino con la dicitura “Venditti archivia per 20 o 30 Euro” è suo, sulle intercettazioni è sempre lui, il babbo di Sempio, che parla sommessamente di “soldi da dare a quei signori” e sta nella logica delle cose, anche per chi non mastica nulla di nulla della materia giuridica, che lui, come presto anche l’avvocato Massimo Lovati (che lo sa così bene da aver già nominato un avvocato) e, verosimilmente, anche la moglie (la mamma di Andrea Sempio) sarebbero prima o poi stati chiamati a presentare memorie e nominare un difensore in quanto indagati. Con lo stesso buon senso che molti giornali che oggi titolano a sei colonne sembrano fingere di dimenticare, diciamo sin da subito – ma poi non si dica che non ve l’avevamo detto – che la corruzione non è quasi mai qualcosa di facile da dimostrare processualmente, a meno che non ci sia un trasferimento di denaro perfettamente accertabile o una qualche intercettazione talmente palese nei suoi contenuti da sostenere fino a sentenza di condanna una accusa che processualmente è stata molto spesso facilmente smontabile.
 
    
            Nel caso specifico, inoltre, il presunto corruttore, Giuseppe Sempio, potrebbe essere tranquillamente un truffato, in un gioco di ruoli che non sarà corrispondente al vero, ma è compatibile con un “vero” processuale difficile da smontare. E non è un caso se l’avvocato Massimo Lovati – che viene dipinto come uno che parla a vanvera, ma in verità è diabolicamente lucido e consapevole di quanta paura possa fare un attore che decide di uscire dal copione, diventare Gerry La Rana e mettersi a improvvisare – in una recente intervista se ne è uscito, proprio parlando dei Sempio, con questa frase: “quelli sono ignoranti come le capre”. Come gente, insomma, a cui si può spillare soldi facendogli credere che servono a corrompere un magistrato affinchè archivi quando, dalle letture delle carte, era già chiaro a chi ignorante non è che si sarebbe comunque andati verso una archiviazione. Quella frase, da molti vista come una indelicata offesa, era forse un avvertimento a chi, oltre lui, sapeva che i Sempio erano “ignoranti come le capre”?
Quello che andrebbe assolutamente capito, piuttosto, è da dove arrivava, a quel tempo, la certezza che si sarebbe giunti a una archiviazione. E perché alcuni documenti, compresa una perizia che doveva essere secretata, siano finiti nelle mani di tutti gli altri legali coinvolti a vario titolo nell’indagine del 2017 e anche di Luciano Garofano - prima comandante dei RIS quando Chiara Poggi è stata ammazzata e poi consulente di parte nelle indagini successive - poi archiviata senza sorpresa da parte di nessuno (ad eccezione dei legali di Alberto Stasi) dall’oggi indagato Venditti. E’ la vera domanda, quella che varrebbe titoli a sei colonne, ma è anche la domanda che farebbe venire giù tutto. Tutto davvero. E non solo il “sistema Garlasco”, ma “il sistema tribunali”. E magari spiegherebbe anche perché in verità le Procure di Pavia e Brescia sono nel bel mezzo di un braccio di ferro per trasformare due indagini in una sola. Sì, Giuseppe Sempio oggi è indagato, ma è talmente una non notizia che a casa Sempio il mantra è lo stesso da mesi: “noi quei soldi li davamo agli avvocati”. Vale, per ora, più di un alibi (decisamente più credibile dello scontrino di un parcheggio) perché si presta all’eventuale narrazione difensiva del “al limite sono stati truffati”. E racconta che la difesa è già solidamente avviata da un pezzo, oltre a raccontare anche che non è ancora venuto fuori qualcosa di più “inchiodante” verso la corruzione, altrimenti si sarebbe già proceduto con la richiesta di una qualche misura cautelare (invece il Riesame ha addirittura annullato alcuni sequestri fatti a Venditti). Guardare a casa Sempio – per adesso e in seguito a un atto che è sì importante, ma è poco più che formale e scontato – è il modo per non guardare dove invece dovrebbero andare gli occhi di chi ha sete di verità. Non di verità e “Giustizia”. Ma, purtroppo, di verità e basta.
 
    
             
             
     
         
                             
                             
                             
                     
                     
                     
                     
                     
                    