“Ci sono processi e indagini che vanno avanti perché la verità non si è mai trovata. A un certo punto bisognerebbe avere il coraggio di arrendersi, è difficilissimo dopo venti e trenta anni ricostruire una verità giudiziaria”. Sono parole del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante una ospitata al Salone della Giustizia di Roma. Il riferimento è al Delitto di Garlasco e alle indagini infinite sull’omicidio di Chiara Poggi. La prima reazione, leggendo il lancio d’agenzia che riportava il passaggio del Guardasigilli, è stata una sola: ma l’ha detto davvero? Poi sono bastati un paio di click in più per scoprire che sì, l’aveva detto davvero. E la reazione successiva, almeno per chi firma questo articolo, è stata quella di farsi assalire dal dubbio di non conoscere con esattezza la definizione del verbo “arrendersi”. Solo che, chiedendo al vocabolario, è venuto fuori che “arrendersi” significa esattamente “dichiararsi vinto, capitolare, desistere, consegnare nelle mani del nemico”. Sì, “consegnare nelle mani del nemico”, quindi la giustizia che si consegna alla non giustizia?
Non lo chiediamo a un amico del bar, ma a un Ministro della Giustizia che non può non sapere che “arrendersi” e “giustizia”, restando in tema di vocabolari, non saranno mai sinonimi e resteranno sempre e solo contrari. E fermi tutti: guai a tirare fuori il discorso delle strumentalizzazioni politiche perché chi firma questo articolo non ha problemi a ammettere di essere quanto di più distante dalla parte politica che si oppone a Nordio e al Governo di cui fa parte. Ma è, forse proprio per questo, in maniera ancora più sconvolgente - notando l’astuzia e le capacità comunicative di Giorgia Meloni - che si arriva a chiedersi come un ministro di quel Governo possa aver avuto una uscita così.
E, dispiace dirlo, finisce per farsi avanti un sospetto: non sarà che “bisognerebbe avere il coraggio di arrendersi” sul caso Garlasco proprio adesso che le indagini sull’omicidio di Chiara Poggi si stanno inevitabilmente trasformando in una inchiesta che scoperchia montagne di marciume a più livelli e anche tra i rappresentanti di quello Stato che è dentro il nostro Stato ma al di sopra di ogni Giustizia terrena? La storia di questo Paese insegna che un Ministro della Giustizia parla sempre e prima di tutti agli operatori della giustizia e quella affermazione su Garlasco, proprio adesso, fa paura. Paura davvero. Perché potrebbe essere quasi non una minaccia, ma un monito a chi ha ripreso in mano le carte e ricominciato a lavorare, scoprendo, contestualmente, un sistema su cui si deve necessariamente – e, caro ministro Nordio, anche patriotticamente – fare chiarezza.
Uno perché c’è una ragazza morta ammazzata e nessun omicidio, come dice la legge stessa, potrà mai prescriversi. Due perché c’è un ragazzo in carcere da dieci anni che forse non è l’omicida e deve ringraziare solo di avere un sacco di soldi (che non ha più) per potersi permettere la difesa che s’è permessa (questa è Giustizia o è già una resa?) in questi anni. E tre perché adesso, se anche non si sta arrivando a una concreta “verità giudiziaria”, stanno venendo fuori questioni che chiunque parla in nome della Giustizia, rappresentandola, vorrebbe assolutamente chiarite. Il caso Garlasco dovrebbe essere il simbolo di una giustizia voluta. Perseguita. Raggiunta. Con lo spirito di chi a arrendersi non ci pensa neanche per sogno. E nemmeno se lo chiede un ministro.
Si troveranno i veri assassini di Chiara Poggi? Probabilmente no. E probabilmente perché non c’è neanche la volontà fino in fondo di trovarlo, vista la fine che fanno le indagini ogni volta che portano da certe parti. Si troverà, invece, un assassino di Chiara Poggi? Forse si o forse no. Ma di sicuro si potrà capire in che misura centra la Chiesa, se c’è di mezzo un qualche potere che ha intralciato quella Giustizia che mai e poi mai dovrebbe “arrendersi”, se e come personaggi influenti – di Garlasco e non di Garlasco - possono aver messo bocca e mani sulle indagini, se e in che misura persino l’Arma dovrà verificare meglio la qualità degli uomini che sceglie e accoglie, se e quanto certe telefonate ai politici di qualche anno fa hanno avuto o no un peso nel lavoro degli inquirenti. Ecco perché il tempismo del ministro Nordio, se non è stata l’uscita infelice di un pomeriggio di distrazione, è agghiacciante.
A poco servono le parole successive dette quasi per correggere il tiro: “l'azione penale però è obbligatoria, i pubblici ministeri che stanno seguendo questa seconda inchiesta sono persone serissime, e se sorgono dubbi sulla colpevolezza del primo imputato è giusto indagare”. A un certo punto bisogna arrendersi, detto in questo momento, rischia di significare: smettete di indagare, altrimenti viene fuori tanto di quello schifo da travolgere tutti. E suona di vaticinio mentre si guarda anche al Vaticano. O di patteggiamento mentre si guarda anche alla magistratura. Di politichese mentre si guarda anche alla politica. O, ancora, di mattoni da mettere sopra mentre si guarda alla “corporazione dei muratori”. Sì, caro ministro Nordio, a un certo punto bisognerebbe avere il coraggio di arrendersi, ma per ammettere di aver detto una gran ca*zata! Oppure bisognerebbe avere il coraggio di spiegare perchè quelle parole proprio adesso.