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Omicidio Meredith Kercher, parla Giuliano Mignini: “Errori giudiziari? A favore di Amanda Knox e Raffaele Sollecito”. L’ex magistrato smonta l’intervista da Fedez e Marra a Pulp podcast. “Macchia di sperma? L’ha voluto lui”. E su rito abbreviato e ultras…

  • di Jacopo Tona Jacopo Tona

  • Foto: Ansa

3 giugno 2025

Omicidio Meredith Kercher, parla Giuliano Mignini: “Errori giudiziari? A favore di Amanda Knox e Raffaele Sollecito”. L’ex magistrato smonta l’intervista da Fedez e Marra a Pulp podcast. “Macchia di sperma? L’ha voluto lui”. E su rito abbreviato e ultras…
Giuliano Mignini, il pm che ha indagato sull’omicidio di Merdith Kercher, smonta punto per punto le dichiarazioni di Raffaele Sollecito a Pulp: davvero fu la scelta del rito abbreviato di Guede a “salvare” gli altri due imputati? E la famosa “medium” esisteva davvero? Cosa accadde davvero con gli ultras fuori dal tribunale? L’ex pm di Perugia non ci sta: “Accuse infondate, errori giudiziari ci sono stati, ma a favore degli imputati”. E su un probabile effetto-Garlasco

Foto: Ansa

di Jacopo Tona Jacopo Tona

Giuliano Mignini è un magistrato di Perugia, ormai in pensione. Pubblico ministero e capo della Direzione Distrettuale Antimafia in Umbria dal 2004 al 2012. Ma è anche un personaggio famoso nei tribunali per aver condotto diverse indagini di alto profilo, tra cui quella sul troncone perugino del Mostro di Firenze e quella sull'omicidio della studentessa britannica Meredith Kercher, avvenuto nel 2007 nella sua città. In questo caso, ha guidato le indagini e rappresentato l'accusa nei processi contro Rudy Guede, Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Le condanne di Knox e Sollecito sono state successivamente annullate dalla Corte di Cassazione nel 2015. Lo abbiamo contattato in seguito alle dichiarazioni di Sollecito al podcast Pulp, ospite di Fedez e Marra. La puntata intera no, perchè “un'ora con Sollecito mi spiace, ma non me la sento”, ma quasi ogni dichiarazione rilasciata dal ragazzo pugliese la sente “doverosamente da contestare”: le tracce di sperma, i cori degli ultras del Perugia, il rito abbreviato chiesto da Rudy Guedè e l’assoluzione. Dopo il pensionamento, nel 2020, Giuliano Mignini ha continuato a contribuire al dibattito pubblico, pubblicando nel 2023 il libro “Caso Meredith Kercher. Una vicenda giudiziaria tra due continenti”, in cui offre la sua prospettiva sull'intera vicenda. Perché Sollecito è “sicuro di aver stravinto”, ma la verità è forse un’altra. Ce l'ha spiegata. 

Giuliano Mignini nel suo studio (foto Andrea Vogt)
Giuliano Mignini nel suo studio (foto Andrea Vogt)

Mignini, il primo punto da contestare è quello delle tracce seminali. Sollecito ha detto che se le avessero analizzate subito, probabilmente non avrebbe fatto un giorno in prigione.

Sono passati quindici anni, perché ho trattato questa vicenda anche quando ero al Dipartimento, fino all’ottobre del 2011. Dopo quella data non me ne sono più occupato, ci sono stati altri Pm, ma ho un ricordo preciso a riguardo. C’era il consulente di Sollecito, un certo Vinci: ricordo che ci chiese della polizia scientifica. La dottoressa Stefanoni, che ne faceva parte, mi parlò di questa traccia di liquido seminale, ma fu proprio Vinci, il consulente di Sollecito, a ritenere che non fosse rilevante. Credo ci fosse anche un problema legato al rischio di contaminazione con un altro reperto. Comunque, quella traccia non fu analizzata per scelta dello stesso consulente di Sollecito, Vinci. Poi, se non sbaglio, si trattava di un accertamento ex articolo 360 del codice di procedura penale, quindi senza la presenza del giudice: erano coinvolte solo le parti, cioè il Pm e le difese.

Ma perché Vinci ha preferito che non venisse esaminata?

Da parte nostra valeva una regola: più accertamenti si facevano, meglio era. Al contrario, loro avevano il sospetto che ci fossero delle manovre da parte della polizia. Un atteggiamento di sfiducia che però entra in contrasto con l’esigenza di arrivare alla verità: se non ti fidi della polizia, come si fa a indagare? Il punto è che io mi aspettavo una mossa precisa da parte loro, che però non è mai arrivata. Durante gli accertamenti disposti dal pubblico ministero, tramite la polizia scientifica, avrebbero potuto chiedere di procedere con un incidente probatorio. Sarebbe bastato dire: “Fermiamoci, chiediamo l’incidente probatorio”. In quel caso, si sarebbe andati davanti al Gip e si sarebbe potuta ottenere una perizia affidata a un consulente nominato dal giudice, con il consenso di tutte le parti in causa, ma questa richiesta non è mai stata fatta. E nemmeno quando è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini, hanno fatto qualcosa. Io mi aspettavo che chiedessero di essere interrogati, di fornire elementi o altro. E invece nulla. Hanno lasciato correre tutto fino al processo e solo allora, in fase dibattimentale, hanno chiesto una perizia. A quel punto, però, era troppo tardi: era già stata raccolta una mole imponente di accertamenti tale per cui non c’era più bisogno di ulteriori analisi. Il giudice doveva semplicemente decidere sulla base del materiale disponibile. Questa cosa ogni tanto riemerge, anche perché questo ragazzo si è ormai convinto di aver stravinto. Ma, purtroppo per lui, non è così.

Parliamo di sentenze?

In questa vicenda c’è una sentenza della Cassazione che è stata completamente dimenticata: quella della Prima Sezione, che all’epoca rappresentava l’élite della Cassazione. La Prima Sezione è quella che ha annullato la sentenza di assoluzione, quella di Pratillo-Zanetti in forza della quale i due, Knox e Sollecito, erano stati scarcerati. Quella sentenza è stata annullata definitivamente. La Quinta Sezione non ha potuto modificare la decisione della Prima, semplicemente perché non può farlo. Eppure, di questa prima sentenza non si parla mai. Sembra essere stata cancellata, dimenticata. E invece è una sentenza molto importante, in cui la Prima Sezione se la prende con i periti e con i giudici, e non con gli inquirenti. Sulla sentenza della Quinta, preferirei non entrare nei dettagli.

La quinta che ha assolto Sollecito in via definitiva.

Senza fare il rinvio e sbagliando su diversi aspetti.

Errori procedurali o concettuali?

Il famoso clochard citato da Pratillo e Zanetti venne di fatto ignorato, bypassato. Non si capì bene il motivo: forse perché era un senzatetto. Ma in realtà quel testimone aveva visto tutto. Ricordo bene che a un certo punto si discuteva su cosa avesse effettivamente riferito, in particolare se avesse visto i due ragazzi, Amanda e Sollecito, la notte di Halloween o la sera del delitto, cioè la sera successiva. La difesa cercava con insistenza di smontare quel punto, ma c’è un aspetto preciso che va sottolineato. La Corte d’Assise d’Appello di Perugia, a un certo punto, stabilì che forse il clochard aveva visto Amanda e Sollecito la notte di Halloween. E questa fu un’interpretazione completamente sbagliata. Un errore madornale.

Perché?

È semplice: la notte di Halloween Amanda e Sollecito non erano insieme. Amanda si trovava al pub Le Chic, da cui si allontanò a notte fonda accompagnata da un ragazzo greco, Gafios Spiridon. Successivamente si recò in centro, dove Sollecito la raggiunse intorno all’una di notte. Sollecito, infatti, aveva trascorso la serata a una cena di laurea a Castel del Piano, nella periferia di Perugia. Quindi, quella sera i due erano separati. Il clochard poteva averli visti insieme solo la notte successiva, ovvero la notte del delitto. Questo errore venne evidenziato chiaramente dalla Prima Sezione della Cassazione, che disse alla Corte d’Appello di Perugia: “Guardate che avete sbagliato.” Tant’è che la sentenza venne annullata. Eppure, incredibilmente, la Quinta Sezione della Cassazione ha ripetuto parola per parola lo stesso errore della Corte di Pratillo.

Raffaele Sollecito ospite a Pulp podcast di Fedez e Marra
Raffaele Sollecito ospite a Pulp podcast di Fedez e Marra

Il clochard era stato dichiarato inattendibile dalla difesa.

Non è che uno può dichiarare una persona inattendibile. Se lo fa, deve spiegare perché.

Non aveva dato versioni contrastanti?

No, lui è stato assolutamente preciso. Ha ammesso di essersi sbagliato sulla data della notte di Halloween semplicemente perché non la conosceva. Essendo originario di Benevento, non aveva familiarità con quella ricorrenza e pensava, erroneamente, che la notte di Halloween coincidesse con la notte dei defunti, cioè quella tra l’1 e il 2 novembre. Ma non è così. E la notte in questione, quella realmente rilevante nel processo, è invece la notte del delitto. Non Halloween, ma la sera successiva. Il vero problema di questa corte, attacca il magistrato , è che sono riusciti a creare un mito. Ed è qui che si vede l’abilità della difesa. Una narrazione che, a noi magistrati, non ha mai convinto, ma che è riuscita a convincere i giudici. Hanno insinuato il dubbio che ci fosse stata non tanto una contaminazione, quanto il pericolo che questa si verificasse. Ma attenzione: quando tu parli di pericolo di contaminazione, stai già implicitamente dicendo che la contaminazione non c’è stata. Perché se ci fosse stata davvero, non parleresti di rischio, ma di fatto provato. E questa distinzione è fondamentale.

Poi Fedez ha anche generalizzato, insinuando che tutti i processi prima del 2009 sarebbero fondati su, cito, “dati fragili o procedure non garantite”.

I protocolli non c’entrano nulla. Il problema, in questo processo, è che si sono introdotti dei criteri di tipo processuale americano che non hanno alcun legame con il nostro ordinamento. È stata una forzatura evidente. Uno degli ostacoli più difficili da affrontare è stata proprio l’incapacità, da parte americana, di comprendere il nostro sistema giudiziario. Ma il processo era italiano, si svolgeva in Italia, e loro avrebbero dovuto prenderne atto. Invece, non sono riusciti a farlo. C’è poi un aspetto tecnico fondamentale: un documento, di cui parlo anche nel mio libro, sui cosiddetti controlli negativi. Questo documento era conservato nell’ufficio dei Gup e dichiarava esplicitamente che né il coltello - che riguardava più direttamente Amanda, anche se su quel punto la questione era più sfumata - né il gancetto del reggiseno, che era l’elemento chiave del processo contenendo l’aplotipo genetico di Sollecito, erano contaminati. Anzi: risultavano assolutamente esenti da contaminazione. Eppure, i periti nominati dalla Corte d’Appello presieduta da Pratillo e Zanetti si sono completamente dimenticati di esaminare quel documento. Non ne hanno fatto richiesta, non lo hanno considerato, hanno dato per scontato che non esistesse. Ricordo che mostrammo il documento alla dottoressa Vecchiotti, e lei disse di non averlo mai visto. A quel punto, io o la collega, non ricordo con precisione, ci rivolgemmo al presidente dicendo chiaramente: “Allora questa perizia non vale nulla, va rifatta.” Ci fu risposto: “Provvederemo.” Ma non provvidero affatto. E su quella perizia, lacunosa e viziata da un’omissione grave, venne costruita la sentenza assolutoria.

Sollecito, con Fedez, ha puntato molto sugli errori, scientici e giudizari.

Tante volte si parla di errore giudiziario. Ecco, io le dico: in questa vicenda gli errori giudiziari ci sono stati, eccome. Ma sono stati tutti a favore degli imputati. Questo è un piccolo particolare che spesso si preferisce ignorare. Sollecito, senza fare troppa ironia, dovrebbe ringraziare la Madonna per esserne uscito, anzichè insistere con queste dichiarazioni che non stanno nè in cielo nè in terra.

Il gancetto del reggiseno di Meredith inchioderebbe Sollecito?

Nel gancetto del reggiseno c'è l'aplotipo di Sollecito, e l'aplotipo è unico. Amanda e Sollecito sono stati collocati sulla scena del delitto anche nell'ultima sentenza. Amanda, soprattutto, con certezza conclamata. Sollecito idem, perché stava sempre con Amanda. Quindi, praticamente, i due erano presenti nel luogo del delitto. Rudy avrebbe ucciso in concorso con chi? E loro che facevano?

Eppure lui, da Fedez, ha dichiarato di avere la coscienza pulita, passando come vittima della giustizia. Vale la sentenza che lo ha assolto in via definitiva?

La Cassazione non può assolvere. Non è questo il suo ruolo. In questo caso, ci siamo trovati davanti a due sentenze definitive della Cassazione, entrambe in conflitto tra loro. Da una parte, la sentenza della Prima Sezione, che aveva annullato con espressioni molto critiche la pronuncia della Corte d’Appello presieduta da Pratillo. Dall’altra, quella della Quinta Sezione, che ha annullato la sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze. Il punto è che la Quinta Sezione avrebbe dovuto limitarsi a esaminare la sola sentenza di Firenze, e invece si è spinta oltre, intervenendo su aspetti che non erano di sua competenza. Un’estensione che trovo, francamente, molto discutibile. Sono rimasto sinceramente sconcertato da certi commenti, che sembrano alludere al fatto che noi volessimo condannare a tutti i costi quelle persone. Un’interpretazione che trovo profondamente ingiusta e lontana dalla realtà dei fatti. Sollecito dovrebbe fare attenzione a ciò che dice, perché se afferma pubblicamente certe cose, sta accusando me di un reato. Un reato che sa bene non ho commesso. E quindi, così facendo, rischia di commettere calunnia. Se poi lo affermasse davanti a un ufficiale di polizia giudiziaria, la questione si aggraverebbe ulteriormente. Ma, vede, non mi stupisco, con lui ci sono state anche cause civili. Al contrario, con Rudy abbiamo imparato a conoscerlo meglio negli ultimi tempi, e posso dire che forse è stato sottovalutato. Amanda, invece, l’ho conosciuta perché fu lei a chiedere di incontrarmi. E devo ammettere, al netto del fatto che ovviamente non condividiamo le conclusioni cui è giunto il processo, che tra i tre è quella che conosco meglio. Amanda è una ragazza intelligente, equilibrata. È sposata, ha due figli, si è costruita una vita. Diverso è il discorso con Sollecito: con lui c’è sempre stato conflitto. Sempre. Io l’ho citato più volte, e non si è mai presentato in aula. Convocato due volte per l’interrogatorio, ha rifiutato di rispondere. Amanda ha scelto di parlare, Rudy anche. L’unico a non aver mai risposto è stato lui.

Raffaele Sollecito e Amanda Knox
Raffaele Sollecito e Amanda Knox

Ancora Sollecito da Fedez: “Un errore del magistrato è stato quello di accettare la richiesta di Guedè di avere il rito abbreviato, perché io e Amanda volevamo dibattere le prove”.

Quello che molti non hanno capito è che il rito abbreviato scelto da Rudy Guede è ciò che ha salvato Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Sì, è proprio così. E le spiego subito perché. Il collegio giudicante che avrebbe dovuto occuparsi del processo per tutti e tre era, diciamo così, un collegio molto severo, presieduto dai giudici Borsini e Belardi. Se Amanda, Raffaele e Rudy fossero stati giudicati insieme da quel collegio, io ne sono certo: sarebbero stati tutti condannati. Non ho dubbi. Ma Rudy scelse il rito abbreviato, e andò da solo davanti a quel collegio. Di conseguenza, per un principio di incompatibilità, gli altri due non poterono essere giudicati dagli stessi magistrati. E qui accadde qualcosa di, a mio avviso, piuttosto discutibile. Il processo degli altri due fu assegnato a una corte diversa. Non alla sezione penale, com’era logico aspettarsi, ma a una corte piccola, quella presieduta da Pratillo Hellmann, affiancato da Zanetti. E va precisato che Pratillo proveniva dalla sezione fallimentare e previdenziale, non aveva competenze penali. È paradossale: per un processo di questa portata, non c’era nessun magistrato di formazione penale in quel collegio. Peraltro, c’era un presidente della sezione penale, il dottor Matteini Chiari, che aveva chiesto espressamente di poter trattare quel processo, ma la sua richiesta non fu accolta. Alla fine, si scelse un collegio che, a mio giudizio, non era adeguato.

Ma è stato davvero un suo errore quindi, quello di accettare il rito abbreviato?

Un magistrato non può non accettare il rito abbreviato, questo è il punto. Sollecito è un tecnico informatico, non ha le competenze per intervenire su questa materia. Come non le avrei io se dovessi intervenire nella sua.

Poi c’è la questione della medium che avrebbe quasi costretto Amanda Knox a inventare le accuse contro Lumumba.

Ma quando parla, questo ragazzo, ci pensa a quello che dice? Scusi, ma lui c’era quando Amanda veniva sentita dalla polizia? No. E nemmeno io ero presente in quel momento: arrivai solo più tardi. Erano semplicemente persone informate sui fatti. In quel contesto non è previsto l’avvocato. La mattina del 6 novembre, infatti, fui io a iscriverli nel registro degli indagati. E in ogni caso, durante i primi verbali, c’era un’interprete. Non una “medium”, come lui dice: si trattava della dottoressa Anna Donnino, interprete civile accreditata presso la Questura di Perugia, non certo una veggente. In realtà, prima di lei c’era stata un’altra interprete. Quella che era presente quando Amanda fece per la prima volta il nome di Patrick Lumumba. Sollecito non sa nemmeno questo, eppure parla. Dice che sarebbe stata la Donnino a suggerirlo ad Amanda. Ma quando mai! Non era nemmeno presente in quel momento. Mi chiamarono nel cuore della notte. Ero a casa, sentii al telefono parlare in inglese, capii che era Amanda e mi precipitai. Quando arrivai, lei chiese di parlarmi. Le dissi: “Io non le faccio domande. Parli pure, dica quello che vuole”. E lei parlò, liberamente. E c’era anche la “famosa medium”, come la chiama Sollecito. Una donna che ha subito calunnie vergognose per quella storia. Si chiama Anna Donnino, ed è una persona perbene. Per carità.

E sui cori degli ultras del Perugia contro di lui?

Mi ricordo bene quella sera, era la lettura della sentenza Pratillo. Piazza Matteotti era piena, gremita di perugini. C’erano anche ultrà del Perugia? Può darsi. Ma mica erano lì per me o per lui. Quando uscimmo, la polizia e i carabinieri ci accompagnarono perché temevano proteste contro i magistrati. Invece protestavano contro gli avvocati di Sollecito. Urlavano “venduti!”, “vergogna!”, cose così. Lo ricordo bene. La dottoressa Bongiorno fu insultata dalla folla. Io mandai il mio carabiniere, Danilo Paciotti, in suo soccorso. Lui mi disse: “Dottore, io vado su, tanto con lei non c’è bisogno”. Erano scene quasi comiche, da tragicommedia italiana. Ricordo persino una giornalista americana scioccata, che chiuse il servizio in fretta a furia dopo aver capito che i cori erano indirizzati agli avvocati.

Sollecito ha raccontato che sarebbe stato messo, nudo, davanti a 20 uomini della squadra mobile per tagliargli i peli del pube.

Lo dice lui, ma io non ho mai avuto cognizione di questo fatto. Ma preferisco non addentrarmi su questo punto, perché a quanto ne sappia io non è andata così.

Cos’è rimasto, che non torna?

Tra gli elementi più controversi del caso Meredith Kercher, il gancetto del reggiseno è sempre stato l’elemento più importante. Sul coltello, invece, le cose sono molto meno nette: c’era una minima percentuale del Dna di Meredith, ma era estremamente limitata. E soprattutto, non era affatto certo che si trattasse di una traccia ematica. Se non era sangue, allora tutto il ragionamento sull’arma perde forza. Questa storia è molto più complicata di come appare. E non posso dire di più, anche per una questione di opportunità: vivo nella stessa città e, a distanza di quattordici anni, le notizie continuano ad arrivarmi. Alcune meritano attenzione, anche da parte degli inquirenti.

Potrebbe esserci un effetto Garlasco?

In questi casi la gente si sfoga, ti racconta. Alcune di queste testimonianze sono molto più interessanti di altre, e qui mi fermo.

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