Amanda Knox, 37enne americana, è stata riconosciuta definitivamente colpevole per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, suo ex datore di lavoro che aveva collegato all’omicidio di Meredith Kercher. Omicidio avvenuto a Perugia il primo novembre del 2007. Nonostante la condanna definitiva emessa dalla Cassazione Amanda non andrà in carcere. Motivo? Sono anni, tre, che per il sistema giudiziario risultano già scontati con quelli che passò in prigione tra il suo arresto nel novembre 2007 e l’assoluzione in appello che nell’ottobre del 2011. L’assoluzione arrivò dopo la condanna in primo grado a 26 anni di reclusione per l'assassinio della coinquilina Meredith. Amanda ha commentato il verdetto della Suprema Corte nel podcast di J-Ax, “Non aprite quella Podcast”, a cui aveva preso parte anche lo scorso anno. Amanda ha ripercorso i terribili momenti dopo l’arresto e gli interrogatori: “Avevano iniziato a dirmi che avessi un’amnesia, ma che dovevo ricordare la verità. “Ricordati, ricordati”. Dicevano sempre a ripetizione. C’era una poliziotta che mi interrogava urlando, mi ha dato due schiaffi sulla testa”.
Dopo che Amanda aveva indicato Lumumba come persona collegata al delitto, l’uomo ha trascorso quattordici giorni in carcerazione preventiva. Ciò nonostante è stato poi riconosciuto estraneo ai fatti, infatti molte testimonianze lo hanno collocato nel suo bar al momento dell’omicidio. “Ovviamente sono molto delusa, non riesco a capire come possano interpretare una ritrattazione come una calunnia. Aspettavo meglio dalla Corte di Cassazione, ma avevo paura che questa sarebbe stata la decisione”. E, tra le lacrime: “Non ci posso credere che non c'è più niente che posso fare. Perché ho lottato per diciotto anni. Per 18 anni. Non posso credere che dovrò vivere per sempre con questa decisione che è una bugia. Sto provando a stabilire la verità da anni, ho raccontato fino alla nausea che cosa è successo”. Una sentenza che chiude l’arco processuale legato all’omicidio di Meredith, brutalmente uccisa a soli ventidue anni…