A oltre 18 anni dall'omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco sembra ancora lontano dalla verità. La vicenda che ha segnato il paese continua a suscitare interrogativi, alimentati da nuove indagini e indizi che non fanno chiarezza. Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima, è stato condannato definitivamente a 16 anni di reclusione per il delitto, ma si è sempre proclamato innocente. Tuttavia, la recente riapertura del caso ha gettato nuove ombre sulla verità. La Procura di Pavia ha deciso di riaprire il fascicolo, iscrivendo sul registro degli indagati Andrea Sempio, 39 anni, amico del fratello minore di Chiara, Marco. L'ipotesi che ha fatto emergere la riapertura è legata a un Dna trovato sotto le unghie della vittima. Il materiale genetico, infatti, risulterebbe compatibile con il Dna di Sempio, e proprio la sua comparazione con altri reperti potrebbe fare luce sulla dinamica del delitto. Il prelievo coatto da parte delle forze dell'ordine ha suscitato dubbi e aspettative, ma sono ancora in corso le verifiche sulla corrispondenza. Ad alimentare il dibattito è anche la perizia di Francesco De Stefano, professore ed ex perito, che undici anni fa scagionò Sempio. De Stefano, interpellato in un'intervista, ha ribadito che, secondo lui, le tracce di Dna rinvenute sotto le unghie di Chiara non sono sufficienti per attribuire l'identificazione a una persona. “I risultati sono quelli e quelli restano”, ha dichiarato con fermezza, chiarendo che la presenza di un cromosoma Y – che indica una persona di sesso maschile – non basta per fare un’identificazione definitiva. Secondo De Stefano, i marcatori genetici rinvenuti erano insufficienti per trarre una conclusione definitiva, e anzi, i risultati erano troppo incostanti per essere considerati univoci.


Anche la recente comparazione tra i Dna sotto le unghie di Chiara e quelli di Andrea Sempio ha sollevato nuovi interrogativi. Sembra che siano presenti tracce genetiche di almeno due uomini, ma nessuna certezza sulla loro identità. Il professore ha escluso che il materiale genetico fosse facilmente attribuibile, in quanto “il Dna non ha ali e non vola”. Le tracce potrebbero essere il risultato di un contatto con oggetti, senza che sia possibile ricondurle a una persona specifica. In un altro passaggio della sua intervista, De Stefano ha rivelato che i risultati delle perizie erano discordanti e che, nonostante i tentativi di ripetere gli esami, non si era giunti a una conclusione chiara. Sulle nuove piste investigative, una delle più intriganti riguarda la nicotina trovata nei capelli di Chiara Poggi. Né lei né Stasi erano fumatori, ma il Dna prelevato dai capelli della ragazza suggerisce un'esposizione prolungata al fumo. Un particolare che alimenta nuovi sospetti, considerando che il padre della vittima, Giuseppe Poggi, era un fumatore, ma si trovava in vacanza al momento dell'omicidio. A complicare ulteriormente la situazione, ci sono altri elementi misteriosi come un portacenere trovato nel luogo del crimine, segno di un possibile utilizzo senza però i mozziconi di sigaretta. Nel frattempo, le tracce biologiche e i reperti cruciali sembrano essere andati perduti: la tastiera del computer, il tappetino del mouse e il pigiama della vittima sono stati smaltiti. La difficile ricerca della verità potrebbe essere complicata ulteriormente dalla perdita di elementi così importanti per le indagini. Il mistero rimane intatto: chi è davvero responsabile della morte di Chiara Poggi? Gli sviluppi delle indagini, il Dna rinvenuto e le incongruenze nei risultati delle perizie non fanno che aumentare la confusione. Solo il tempo e l’approfondimento delle indagini potranno dirci se finalmente la verità sarà davvero alla luce.

