Il caso della morte di Liliana Resinovich continua a essere un intricato enigma che, nonostante le nuove perizie, non riesce ad arrivare a una soluzione definitiva. La 63enne, scomparsa da Trieste il 14 dicembre 2021 e ritrovata cadavere tre settimane più tardi in un boschetto vicino all'ex ospedale psichiatrico, avvolta in sacchi di plastica, è stata vittima di un omicidio, come confermato dalla nuova perizia dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo. La scoperta ha scosso ancora di più l’opinione pubblica, spingendo i familiari, in particolare il fratello di Liliana, Sergio Resinovich, a chiedere a gran voce che vengano indagati tutti, parenti e amici, compreso il vedovo Sebastiano Visintin, mai realmente interrogato dalle forze dell’ordine. Le nuove indagini, infatti, hanno messo in discussione la ricostruzione iniziale, secondo la quale il corpo della donna sarebbe rimasto nel boschetto solo per pochi giorni, quando in realtà, le evidenze scientifiche sembrano suggerire che fosse stato lì per l’intero periodo di tre settimane. La Cattaneo, dopo aver eseguito una serie di esperimenti nell'orto botanico dell’Ufficio Medicina Legale di Milano, ha confermato che il corpo di Liliana potrebbe essere rimasto intatto nel bosco per tutto quel tempo. Per l'esperimento, è stata posizionata una busta di plastica contenente 13 chili di terra su un tappeto di edera identico a quello presente nella zona del ritrovamento. L’assenza di alterazioni, anche dopo 21 giorni, ha fatto pensare che, effettivamente, il corpo della Resinovich sia rimasto conservato grazie alle particolari condizioni climatiche del boschetto, dove la temperatura durante la notte può scendere fino a -3°C, evitando la dispersione delle molecole e ostacolando l'azione di animali selvatici. Il mistero si arricchisce ulteriormente con l’emergere di nuovi reperti. Fra questi, un fazzoletto bianco trovato nella tasca del giubbotto di Liliana e formazioni pilifere, i cui collegamenti con il caso sono ancora da chiarire, considerando il rischio di contaminazione durante il ritrovamento del corpo.


Ma il vero colpo di scena arriva con la comparsa di una piuma, un dettaglio che potrebbe rivelarsi decisivo, anche se al momento non è stato associato a nessuna prova concreta. Inoltre, un altro indizio inquietante emerge dall’orologio rosa di Liliana, che si è fermato alle 9.17. Questo dettaglio, che ricorda le atmosfere da giallo classico alla Agatha Christie, alimenta il sospetto che l’assassinio possa essere avvenuto proprio in quel momento. Nonostante questi nuovi sviluppi, il caso è ben lontano dalla soluzione. A complicare ulteriormente la situazione è la difficoltà di ottenere prove tangibili sull’assassino. Le analisi dei campioni prelevati dal corpo di Liliana e dai sacchi di plastica in cui è stata trovata potrebbero portare a tracce decisive. Tuttavia, come sottolineato dall'ex commissario di Polizia Celeste Bruno, la ricerca del Dna è solo un passo: “Il Dna è fondamentale, è vero, ma va contestualizzato”. In particolare, i campioni piliferi prelevati dal corpo di Liliana e dal guanto da giardinaggio trovato nei pressi del cadavere potrebbero non essere sufficienti per identificare l’assassino, ma potrebbero comunque rivelare dettagli importanti se interpretati correttamente. L’ex commissario ha messo in evidenza l’importanza di contestualizzare i reperti, visto che non sempre le tracce biologiche sono direttamente collegate all’autore del crimine. “La strada per conoscere l’assassino di Lilly passa dai suoi segreti”, ha dichiarato Bruno, sottolineando che solo comprendendo a fondo la vita della vittima si potrà arrivare a decifrare le prove con maggiore precisione. Nel frattempo, il caso continua a restare irrisolto, con i familiari e gli amici di Liliana che non intendono fermarsi nella ricerca della verità. La richiesta di indagare su tutti, anche sui legami della vittima con Sebastiano Visintin, resta un punto cruciale per gli inquirenti, ma la verità sembra ancora lontana. Quello che è certo è che ogni nuova pista non fa che rendere il mistero ancora più profondo e sfumato, come se ogni nuova risposta ne evocasse altre, sempre più inquietanti.

