Non è stato un suicidio, ma un omicidio. La morte di Liliana Resinovich, avvenuta il 14 dicembre 2021, è finalmente stata riconosciuta come un crimine. A stabilirlo è una nuova perizia, guidata dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo, che ha risollevato il caso e spinto per la riapertura delle indagini. Secondo questa perizia, il corpo di Liliana sarebbe stato abbandonato nel boschetto dell'ex ospedale psichiatrico di Trieste, ma sarebbe stata uccisa il giorno stesso della sua scomparsa, prima che terminasse la digestione della sua colazione. Le evidenti lesioni trovate sul corpo della 63enne non sono compatibili con un incidente o una caduta, ma con un’aggressione. Nicodemo Gentile, legale del fratello della vittima, Sergio Resinovich, ha commentato la perizia affermando che la consulenza della professoressa Cattaneo sostituisce e supera quella che in precedenza era stata ritenuta insufficiente. La consulenza della Cattaneo ha rilevato nuove lesioni, tra cui segni evidenti sulla testa e sul labbro di Liliana, compatibili con un'aggressione violenta. Per Gentile, queste scoperte pongono fine all’ipotesi di suicidio, che da sempre appariva poco convincente. “Lilly non era sola nel boschetto", ha dichiarato l’avvocato, "è stata picchiata e l’aggressione è avvenuta poco prima della morte".


Il caso si complica ulteriormente con la teoria che la morte di Liliana sia stata il risultato di un "delitto di prossimità", ossia un omicidio commesso da qualcuno che conosceva bene la vittima. Gentile ha ribadito che, sebbene non sia ancora stato identificato il colpevole, le nuove evidenze restringono la cerchia delle persone coinvolte. Secondo l'avvocato, la scena del crimine non suggerisce che si tratti di un caso di furto o di un'aggressione casuale: Liliana è stata probabilmente intercettata da qualcuno che conosceva, con cui ha avuto una colluttazione, prima di essere uccisa. Anche i dettagli che emergono dalla consulenza collegiale sono rilevanti. Le formazioni pilifere trovate sulla scena, il fazzoletto e la piuma potrebbero fornire indizi importanti sul possibile killer. Nonostante la cura con cui è stato tentato di nascondere il delitto, gli investigatori ritengono che l'autore del crimine abbia commesso degli errori evidenti. Un esempio è il cordino trovato intorno alla testa di Liliana: un particolare che, secondo la perizia, non ha alcun ruolo nell'omicidio, essendo stato usato per creare una messa in scena senza alcun reale significato. Per Gentile, ciò che emerge è chiaro: non si tratta di un omicidio premeditato, ma di un crimine impulsivo, probabilmente commesso da qualcuno inesperto e che ha lasciato tracce evidenti. “Non esistono delitti perfetti", ha aggiunto l’avvocato. "L’assassino ha commesso degli errori grossolani, ma ogni passo che compie viene sempre più chiarito". Il lavoro della professoressa Cattaneo e degli altri esperti coinvolti nelle indagini ha aperto nuove porte. Sebbene non si possa ancora parlare di colpevole, la perizia ha dato una spinta decisiva per proseguire con gli accertamenti, mentre la famiglia Resinovich spera di ottenere giustizia per Liliana.

