«Se avessero cremato mia sorella, non avremmo mai saputo la verità». Lo ripete come un mantra Sergio Resinovich, fratello di Liliana, la 63enne trovata morta nel gennaio 2022 in un boschetto alla periferia di Trieste. Era sparita da casa il 14 dicembre 2021, e ci sono voluti 22 giorni per trovarla. Chiusa in due sacchi neri, con addosso gli stessi vestiti del giorno della scomparsa, e zero risposte convincenti. Poi è arrivata la perizia della dottoressa Cristina Cattaneo, quella delle indagini su Yara Gambirasio, e le cose si sono fatte più chiare. Liliana non si è suicidata. È stata assassinata. L’inchiesta è ancora aperta e l’unico indagato resta il marito, Sebastiano Visintin, con cui Liliana conviveva nonostante una relazione parallela con un altro uomo, Claudio Sterpin. Il caso, e tutti i suoi buchi, sono stati ripresi in un’inchiesta pubblicata dal settimanale Giallo, diretto da Albina Perri. Chi ha ucciso Liliana? E, soprattutto, perché? Di certo, chi l’ha fatto è stato molto attento: nessuna impronta sui sacchi neri, solo una traccia compatibile con il tessuto dei pantaloni della vittima. La “firma” dell’assassino non c’è. O è stata cancellata molto bene. Ed è qui che tornano i riflettori su Visintin. Perché i suoi comportamenti, subito dopo la scomparsa, non hanno mai convinto del tutto. La lavatrice, per cominciare. Il 15 dicembre, solo un giorno dopo la scomparsa della moglie, lava dei vestiti, anche quelli di Liliana, usando (pare) la candeggina. Perché? “Disperazione”, dirà più avanti ai parenti. Ma l’effetto è un altro: potenziali prove cancellate. Nessuno, tra gli investigatori dell’epoca, pensò di controllare lo scarico o la lavatrice. Un’occasione persa.

Poi c’è il buco di tre ore, la mattina del 14: tra le 9 e mezzogiorno, il telefono di Sebastiano è irraggiungibile. Lui dice di essere stato chiuso nel magazzino, dove “non prende”. Ma chi lo conosce giura che non era mai successo prima. Sempre raggiungibile. Sempre al telefono. Subito dopo, esce in bici con una GoPro “nuova” per filmare tutto il tragitto. Ma le immagini non convincono: la numerazione dei file suggerisce che quella videocamera fosse già stata usata. E davvero uno si riprende tutto, minuto per minuto, proprio il giorno in cui la moglie scompare? Nel pomeriggio, torna a casa. Liliana è ancora “ufficialmente” scomparsa. L’amante la cerca. E Visintin risponde al telefono della moglie. Ma invece di preoccuparsi, chiude la chiamata convinto si tratti di uno stalker. Anzi, blocca il numero. Poi esce di nuovo. E lascia a casa i telefoni di Liliana. Alle 15 la richiama lui. Ma Liliana è già morta. La nuova perizia ribalta il castello: nessun suicidio, nessuna morte “naturale”. Liliana è stata uccisa, e il suo corpo messo in scena. Ma la scientifica dice altro. E ora anche l’anatomopatologa più famosa d’Italia lo dice chiaro. Restano i buchi. I silenzi. E un indagato. Forse innocente, forse no.

